Giornalisti: “Fuori dalla realtà”. Franco Siddi: “Contratto, massimo possibile”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Luglio 2014 - 20:13| Aggiornato il 5 Luglio 2014 OLTRE 6 MESI FA
Giornalisti: "Fuori dalla realtà". Franco Siddi: "Contratto, massimo possibile"

Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (foto Lapresse)

ROMA –  Franco Siddi, segretario della Fnsi, il sindacato unico dei giornalisti italiani, respinge ogni critica e attacca:

“L’obiettivo era salvaguardare il contratto collettivo nazionale

Ci siamo riusciti in un quadro complicassimo per il mondo editoriale”,

ha detto a Paolo Festuccia della Stampa che lo ha intervistato.

Dovrebbero ringraziarlo per un contratto che non pochi fra gli editori non volevano fare. Invece Franco Siddi è amareggiato, perché

“chi mi critica non ha ben chiaro non solo il sistema editoriale ma la realtà nella quale viviamo”.

Il settore dei giornali ha perduto il 50 per cento dei ricavi nominali tra vendite e pubblicità, ricorda la Stampa:

“I giornali chiudono, il 35% dei quotidiani è in stato di crisi con giornalisti in cassa integrazione e contratti di solidarietà: non si può far finta che tutto questo non esista. Il conto, sino ad oggi, lo hanno pagato i giornalisti, ma con questo nuovo accordo abbiamo iniziato ad invertire la rotta e sia gli editori sia lo Stato inizieranno a farsi carico della loro quota”.

Cinque anni fa, nel 2009, i giornalisti impiegati erano quasi 6mila 500, nel 2013 sono scesi a 5mila 682 con 8mila 150 pensionati. Cifre, nota Paolo Festuccia,

“che riassumono un mondo professionale che si evolve, cambia, si restringe e che forse non «può restar ancorato a se stesso”.
Avverte Franco Siddi:

“Non si può più misurare il contratto collettivo con le aspettative di un professionista che ha avuto la fortuna di lavorare in un momento nel quale qualunque attività imprenditoriale, qualunque professione era sempre in forte crescita e in espansione. La realtà è cambiata in Italia e all’estero: nessuno è disposto a pagare i giornalisti a prescindere dai risultati economici”.

Alla domanda se il contratto si potesse concludere su basi migliori, Franco Siddi replica:

“Se mi si chiede se questo è il miglior contratto possibile o l’accordo che avremmo voluto fare, dico no…Ma questo, però, è l’accordo massimo possibile. Soprattutto se teniamo conto che è il primo contratto che costringe la controparte ad assumere il modello contrattuale per tutta la professione. La legge sull’equo compenso ci ha aiutato in questa direzione. Ma siamo andati oltre definendo profili professionali diversi

“Per la prima volta c’è uno scambio tra prepensionati in uscita e reingressi e ciò significa andare sempre di più verso i giovani. In questo senso il decreto del governo (a firma Lotti) ha giocato un ruolo significativo favorendo l’apertura di canali con diritti a gradazione crescente per far ripartire l’occupazione; giovanile sì ma anche per il reinserimento di chi il lavoro lo ha perduto in questi anni”.

Una delle critiche più aspre al contratto, da parte dei “vecchi” della professione, è la fine della cosiddetta «ex fissa», grazie alla quale, probabilmente unici al mondo, i giornalisti italiani, quando vanno in pensione, prendono fino a un anno di stipendio in più, come se fossero stati licenziati, con l’onere, da più di 30 anni, a carico del loro istituto di previdenza (Inpgi). Replica Franco Siddi:

“Qui entriamo nel campo delle rivendicazioni personali. Ma la riforma di questo istituto era indispensabile per evitare che entro i prossimi due mesi fosse dichiarato il fallimento del fondo: solo nel mese di giugno sono arrivate ben 34 richieste, e se ne potranno liquidare appena nove. La riforma, invece, concorrerà a creare nuove condizioni di accesso alla professione…”.

Il tono si riscalda:

“C’è chi fa i contratti e chi sparlando dei contratti, che non conosce, fa campagne di propaganda. Noi abbiamo scelto la strada di cercare risposte agli interessi di una categoria, quella dei giornalisti, e di un settore, quello dell’editoria, colpiti in questi anni da durissima crisi. I giornalisti non sono l’ombelico del mondo né esenti dai processi che lo investono. Hanno il dovere di essere competenti, di conoscere prima le cose per mettere poi il contributo della oro attività professionale nelle disponibilità dei cittadini. A maggior ragione devono guardare i dati della loro condizione all’interno del contesto produttivo economico e sociale in cui lavorano”.