Sfida all’algoritmo di Google: santa alleanza Usa-Europa?

Pubblicato il 19 Dicembre 2012 - 09:46 OLTRE 6 MESI FA
Guerra all’algoritmo Google: sul motore di ricerca Usa e Europa uniranno gli sforzi antitrust?

ROMA – Google e la trasparenza del suo motore di ricerca: un piccolo giallo (la questione invece è mondiale) avvolge le decisioni dell’antitrust americana. L’archiviazione dell’inchiesta, data per fatta entro fine anno, non è affatto sicura e la Ftc (antitrust) si riserva di completare gli accertamenti rinviando al 2013 il responso finale. L’accusa principale (e non parliamo della politica di pagare le tasse non dove fa profitti ma nei paesi a bassa imposizione fiscale) riguarda l’arbitrarietà del suo algoritmo segreto nell’assegnare (già, come funziona?) i “posti” nella vetrina telematica delle pagine web a seguito di una ricerca sul web. L’accusa di manipolazione suggerisce che Google privilegi suoi prodotti a scapito degli altri e a scapito di correttezza e neutralità del mezzo.

D’altra parte, occupando i due terzi di tutta la ricerca web Usa (in Europa si attesta al 90% e nel mobile Usa addirittura il 98%), Google presenta il classico profilo del monopolista che abusa della sua posizione dominante. E a ricordarglielo (nemesi digitale) è proprio Microsoft che guida il fronte più agguerrito dei nemici di Google. Sul sito di Microsoft campeggia un eloquente “Scrooled” (fottuti): Google confonderebbe pubblicità e informazione, con il sottinteso che pagando ci si assicura un posto al sole (cioè sulla prima pagina) della ricerca web. Altro che neutralità e democrazia del web (mentre i criteri per scalare il “ranking” dovrebbero essere rilevanza, qualità, contenuto).

Grandi operatori di shopping online  denunciano il caso di improvvisi declassamenti (da primi nelle pagine di ricerca si sono ritrovati in fondo alla graduatoria). Su questo giornale abbiamo già citato gli esempi di gruppi come Nextag, o gruppi no-profit di informazione politica di base come Vote-Usa.org: per loro il declassamento  significa meno contatti e quindi grosse perdite in un caso, meno contatti e grandi donazioni sfumate nell’altro, a causa, apparentemente, di un capriccio dell’algoritmo.

La novità, che emerge dalle indiscrezioni rilanciate dal sito di informazione politica economica Politico.com, è che Usa e Unione Europea potrebbero unire gli sforzi per favorire una trasparenza piena e allentare la morsa del colosso monopolista. Non basterebbero, insomma, gli aggiustamenti volontari promessi e in qualche caso effettuati da Google. Il precedente a cavallo del secolo, Usa contro Microsoft, costringe Google a cercare una forma di accordo extragiudiziale. Il ricorso al tribunale (dove l’Antitrust ancora minaccia di trascinare Google), però, è l’unica maniera, secondo i detrattori di Google, per poter accedere alle carte segrete, ai file riservati. Lo sostiene per esempio un avvocato antitrust della Silicon Valley, Gary Reback (intervistato dal Wall Street Journal)  che punta il dito anche contro le omissioni della Ftc: perché i tanti clienti danneggiati o frustrati dal comportamento  di Google (danni provati e certificati in documenti) non sono mai stati nemmeno ascoltati?