Nave di Teseo: Elisabetta Sgarbi fonda l’anti “Mondazzoli”

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 25 Novembre 2015 - 06:07 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – C’è una nuova casa editrice in Italia. Si chiama “La Nave di Teseo”. L’ha fondata Elisabetta Sgarbi, ex direttore editoriale di Bompiani, che non aveva gradito l’operazione “Mondazzoli”, con la quale Mondadori ha acquistato la Rizzoli inglobando nel più grosso gruppo editoriale italiano di sempre anche la Bompiani.

A partecipare all’avventura de “La Nave di Teseo” ci sono Umberto Eco, il finanziere Guido Maria Brera (che con la Rizzoli aveva pubblicato un romanzo, “I Diavoli”), gli editori Jean Claude e Nicky Fasquelle. Altri azionisti sono la stessa Sgarbi, Mario Andreose, Eugenio Lio, Anna Maria Lorusso, Edoardo Nesi, Sandro Veronesi, Furio Colombo e Sergio Claudio Perroni.

Mentre tra gli autori che “saliranno sulla Nave” ci sono Tahar Ben Jelloun, Pietrangelo Buttafuoco, Mauro Covacich, Michael Cunningham, Viola di Grado, Hanif Kureishi, Nuccio Ordine, Carmen Pellegrino, Lidia Ravera, Vittorio Sgarbi, Susanna Tamaro.

Il capitale iniziale sarà di 5-6 milioni di euro (di cui 2 messi sul piatto da Eco). Il programma è di sfornare 51 titoli all’anno, di cui – parole della Sgarbi riportate da Cristina Taglietti sul Corriere – “25 novità e 25 di catalogo perché alcuni autori, come Eco, hanno contratti che sono scaduti e non sono stati rinnovati”.

I primi titoli della Nave di Teseo dovrebbero arrivare in libreria entro fine aprile, in previsione del Salone del Libro di Torino (che si tiene nel secondo fine settimana di maggio). La sede sarà in via Jacini 6 a Milano, vicino al Castello Sforzesco (e Parco Sempione, la metro Cadorna, il teatro Piccolo) per tre anni “generosamente messa a disposizione” dal finanziere Francesco Micheli. Della distribuzione e dei servizi commerciali se ne occuperanno “Gruppo Feltrinelli e Messaggerie, grazie a Carlo Feltrinelli e a Stefano Mauri». Francesco Merlo su Repubblica spiega altri aspetti dell’avventura: l’incontro scontro con Marina Berlusconi, per esempio.

Dicono in coro Umberto Eco ed Elisabetta Sgarbi: «Non è contro Berlusconi che ce ne andiamo. Ed Elisabetta l’ha detto chiaro a Marina. Se il mega proprietario fosse Nichi Vendola o Fausto Bertinotti per noi non cambierebbe nulla».

Accanto a Eco, come sempre, c’è Furio Colombo, un altro vecchio con i calzoni corti: «È una vita che io e Umberto ci dimettiamo, sin dagli anni Cinquanta. Io per esempio quando arrivò Berlusconi al governo lasciai l’Istituto di cultura italiana di New York».

Il punto della massima chiarezza è stato anche quello della massima oscurità, quando, racconta Umberto Eco, «si sono incontrate per non capirsi Elisabetta Sgarbi e Marina Berlusconi», non donne incompatibili e incomunicabili per ideologia, ma per antropologia.

Marina Berlusconi ha tentato di trattenervi? «Non ha capito – racconta Elisabetta – perché ce ne andiamo. E soprattutto non ha accettato la possibilità di una nostra autonomia editoriale e gestionale. Neppure comprende a cosa possa servirci. Eppure le abbiamo offerto in cambio l’opera omnia di Eco, di cui Mondadori vorrebbe fare il Meridiano».

Cristina Taglietti sul Corriere:

Elisabetta Sgarbi: «Ma non sarei onesta se dicessi che questa mia uscita non dipende dalla cessione dei marchi Rcs alla Mondadori. Non ho nulla contro la Mondadori. Non serbo motivi di attrito con la proprietà e men che memo con il management. Credo però che questa acquisizione non sia un’iniziativa solo commerciale, ma qualcosa di molto più importante. Alcuni editori non hanno una posizione precisa sul fatto di entrare in un grande gruppo».

Il nome della casa editrice lo si deve a Umberto Eco. «È ispirato a un passo delle Vite parallele di Plutarco. Parlando del vascello di Teseo, dice che gli ateniesi asportavano i vecchi pezzi via via che si deterioravano, sostituendoli con quelli nuovi finché non rimase niente della nave originaria e non si poteva capire se si trattasse sempre dello stesso vascello o fosse un vascello differente. Insomma, la volontà è creare una realtà che possa assomigliare alla Bompiani, con lo stesso spirito, ma che sia anche un’altra cosa».

Lasciare Bompiani è stato difficile: «Sono fedele per natura. Se guardo a Bompiani vedo una storia, un catalogo, persone a cui sono molto legata, professionisti, autori, libri che non avrei voluto lasciare». Il catalogo rimane naturalmente a Bompiani mentre il ruolo di direttore editoriale verrà assunto ad interim da Massimo Turchetta, per gestire in continuità la transizione.

Sandro Veronesi dice che non aveva altra scelta: «Ero in una condizione in cui avrei dovuto muovermi, anche da solo. D’altronde 21 anni fa me ne andai da Mondadori per il conflitto di interessi e non potevo rientrare dalla finestra. Quando ho visto che c’erano Elisabetta Sgarbi e un gruppo di autori che la pensavano come me ho capito che c’era una soluzione. E contribuire, anche finanziariamente, a fondare una casa editrice, cosa che ho già fatto con Fandango, è una sfida bellissima, anche considerando l’energia e l’ottimismo di grandi vecchi come Umberto Eco o Furio Colombo». Per Veronesi è anche una questione di identità della casa editrice: «Credo che sia impossibile mantenerla in un gruppo così grosso dove, tra l’altro, c’è già Einaudi con un profilo simile».