Repubblica: Inpgi in crisi, non è solo colpa della Crisi. Ma Camporese…

di Edoardo Greco
Pubblicato il 26 Gennaio 2016 - 13:31 OLTRE 6 MESI FA
Repubblica: Inpgi in crisi, non è solo colpa della Crisi. Ma Camporese...

Repubblica: Inpgi in crisi, non è solo colpa della Crisi. Ma Camporese…

ROMA – L’Istituto di previdenza dei giornalisti (Inpgi) risente della crisi del settore, ma dall’articolo di Vittoria Puledda su “Affari e Finanza” di Repubblica si evince come i problemi dell’Inpgi non siano dovuti solamente al calo degli iscritti attivi parallelo all’aumento delle pensioni da liquidare.

C’entrano anche alcune operazioni nella gestione dell’enorme patrimonio immobiliare dell’Ente, con grandi cessioni di immobili a Fondi controllati direttamente o indirettamente dall’Inpgi, e grazie alle quali negli ultimi anni l’Istituto guidato da Andrea Camporese è riuscito a presentare bilanci in attivo. Di queste operazioni si è interessata la Corte dei Conti e anche la magistratura ordinaria. Vi riportiamo l’articolo di Puledda, seguito dalla replica di Camporese:

La crisi dell’Inpgi? Per una volta tanto non è colpa della finanza derivata, come spesso è accaduto negli enti previdenziali. Il che non significa che non ci siano ombre, come affiorano nella vicenda Sopaf o nella gestione degli immobili girati al fondo Giovanni Amendola. Ma la prima risposta – per spiegare le forti difficoltà in cui versa l’istituto di previdenza dei giornalisti – e forse anche la più “vera”, è nei numeri sull’occupazione: solo nel 2009 il rapporto tra iscritti attivi e pensioni era di 2,88; nel 2014 lo stesso numero è sceso a 1,91 (in valore assoluto gli iscritti attivi sono passati da 18.687 a 15.734).

Di conseguenza peggiora anche il saldo della gestione previdenziale e assistenziale: meno 81,6 milioni nel bilancio 2014, in netto peggioramento rispetto ai 51,6 milioni nel 2013 e ai soli 7,4 milioni nel 2012. Un esercizio, quello 2014, che ha visto i ricavi complessivi diminuire del 6,19% (rispetto all’anno prima) mentre nello stesso periodo i costi complessivi sono cresciuti del 44,8%.

Numeri che hanno portato l’Inpgi a mettere mano ad una riforma pensionistica, attualmente al vaglio dei ministeri vigilanti (che a quanto pare non la stanno valutando troppo favorevolmente). E che hanno portato la Corte dei Conti, nella sua relazione sul bilancio 2014, a sottolineare come “i numeri dell’ultimo triennio sono comunque assai pesanti e segnano un progressivo peggioramento degli equilibri previdenziali”. Non basta, la magistratura contabile evidenzia che il rapporto tra le riserve tecniche specifiche (Ivs) e le pensioni corrisposte nel 2014 è pari a 4,03 annualità (la legge prescrive che siano 5, calcolate però sulle pensioni erogate nel 1994, e sotto questo profilo l’Inpgi è in regola).

Tuttavia, nonostante il deficit della parte pensionistica il bilancio complessivo dell’Ente è ancora in utile, per 17 milioni, sebbene in forte calo rispetto all’anno prima (41,2 milioni). Su questo risultato, però, ha avuto un ruolo fondamentale la plusvalenza per 102,6 milioni legata alla cessione al Fondo Inpgi Giovanni Amendola di immobili dell’istituto (con una rivalutazione rispetto al costo storico a bilancio). Del resto, sottolinea la Corte dei Conti, anche l‘utile del 2013 era “da ricondurre essenzialmente alle plusvalenze realizzate dalla cessione degli immobili” sempre al Fondo Amendola.

Non che queste operazioni si siano sempre rivelate un affare (ad esempio nel 2014 la vendita di tutte le quote detenute nel fondo Hines ha comportato una minusvalenza complessiva di 3,125 milioni) ma sopratutto le caratteristiche della costituzione e della gestione successiva del Fondo Amendola, con la costituzione della società di gestione InvestiRe sgr, controlata al 50,2% dal gruppo Banca Finnat Euramerica, hanno suscitato vari interrogativi.

Al punto che il giornalista Nicola Borzi ha presentato due esposti (il 27 ottobre e il 9 novembre scorsi) sollevando una lunga serie di domande in merito alle procedure di perizia degli immobili e chiedendo di conoscere “bilanci, documenti e atti relativi agli immobili apportati”. Quesiti che hanno trovato un primo riscontro da parte della Banca d’Italia e della Covip, che ognuna per la parte di propria spettanza “hanno provveduto a chiedere chiarimenti” sui quesiti sollevati (ritenendoli evidentemente meritevoli di essere approfonditi). Anche a prescindere da questi aspetti, resta comunque il dato “politico”: solo grazie alle plusvalenze realizzate con il conferimento degli immobili al fondo, che contribuiscono a realizzare una gestione patrimoniale positiva, si riesce a far fronte ad un saldo negativo della gestione previdenziale.

C’è poi il peso della struttura: la spesa globale per il personale pesa per 16,4 milioni (il 2,72% in più dell’anno prima) con il presidente, Andrea Camporese, che riceve un compenso annuo di 255 mila euro (più il gettone di presenza da 80 euro, più 52 mila euro per il “pregiudizio economico e previdenziale derivante dalla sospensione del rapporto di lavoro”). Nell’ottobre scorso la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio di Camporese (insieme a una decina di altre persone) con l’ipotesi di truffa ai danni dell’Inpgi e corruzione nell’ambito della vicenda Sopaf. Secondo l’accusa l’istituto ha acquistato quote Fip consentendo alla finanziaria dei Magnoni una plusvalenza di 7,6 milioni ai danni dell’Inpgi. Camporese, che ha sempre respinto ogni addebito, ha recentemente presentato istanza di trasferimento del procedimento a Roma, per competenza territoriale.

ERRATA CORRIGE: Nella versione cartacea dell’articolo, sul numero di Affari&Finanza in edicola oggi, la vicenda giudiziaria di Andrea Camporese è ricostruita in modo inesatto: il rinvio a giudizio è stato chiesto dalla procura della repubblica di Milano, ma sulla richiesta deve ancora pronunciarsi il giudice per le udienze preliminari. Ce ne scusiamo con i lettori e con i diretti interessati.

Questa la replica di Andrea Camporese, che precisa di essersi ridotto lo stipendio, di non prendere gettoni di presenza, di non essere ancora stato rinviato a giudizio:

 

Leggo con sconcerto un articolo pubblicato a pagina 19 di “Affari e Finanza” dal titolo “Giornalisti, l’Inpgi in crisi e il pieno di immobili”. Non condividendo affatto l’impostazione di un testo che vuole forzatamente dare un’immagine negativa dell’Ente, attraverso una ricostruzione lacunosa, mi corre l’obbligo di precisare quanto segue:

è falso che io riceva gettoni di presenza a qualsiasi titolo, è stato escluso da un’apposita delibera da me stesso proposta e, prima che lo fosse quattro anni fa, ho rinunciato comunque;

il mio stipendio lordo (elemento non evidenziato) è stato ridotto su mia proposta del 10 per cento, insieme a quello del Cda. La notizia non è stata riportata;

non sono stato rinviato a giudizio, esiste una richiesta di rinvio a giudizio pendente davanti al Gup. La vicenda è complessa e meriterebbe più rispetto, in ogni caso, ad oggi, l’investimento in oggetto sul Fondo Immobili Pubblici ha ottenuto una redditività superiore al 50% a beneficio degli iscritti, questo è un fatto;

– gli esposti di un iscritto (candidato alle imminenti elezioni dell’Inpgi) hanno portato a normalissime e dovute richieste di informazioni all’Ente che non rappresentano la prova di nulla. Come mai l’Inpgi non è stato interpellato su questa e sulle altre materie? Come mai un esposto fa più notizia delle innumerevoli e positive verifiche di legittimità che si sono susseguite nel tempo, a partire da quella del Collegio dei Sindaci che contiene anche i Ministeri del lavoro e dell’Economia?

I numeri riportati in questa che viene definita “inchiesta” sono noti e visibili da anni. La lettura dei comunicati, dei Bilanci e delle mie relazioni agli stessi degli ultimi otto anni evidenzia la genesi, lo sviluppo e lo stato dell’arte di una crisi profondissima del mercato editoriale che si è scaricata sull’Inpgi in una misura che non ha precedenti. Nessun mistero, quindi, tanto meno il conferimento degli immobili ad un Fondo detenuto al 100% da Inpgi e affidato alla gestione di una società che ha vinto una gara europea svolta secondo tutti i crismi.

La citata Corte dei Conti evidenzia il palese stato di squilibrio ma, nella stessa relazione risalente a oltre sei mesi fa, sottolinea la consapevolezza del Presidente e del Cda della gravità della situazione del mercato del lavoro che ha portato ad una serie di interventi di contenimento messi in atto nel corso degli ultimi cinque anni.

Non posso, per rispetto del ruolo che ricopro, che richiamare al rispetto dei fatti e del contesto in cui sono inseriti. Le critiche sono ovviamente tutte legittime, questo tipo di ricostruzioni, però, lede la mia persona e sono contrarie al bene comune.