I sei peccati penali del web. Se clicchi “mi piace”, attento!!

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Novembre 2014 - 13:27 OLTRE 6 MESI FA
I sei peccati penali del web. Se clicchi "mi piace", attento!!

I sei peccati penali del web. Se clicchi “mi piace”, attento!!

ROMA – I sei peccati penali del web. Se clicchi “mi piace”, attento!! La rete, l’agorà del web è, sia pur virtuale, si configura come un “luogo aperto al pubblico”: esistono cioè diritti e doveri, cose che si possono e non si possono fare come avviene nella realtà. E, come nella realtà, esiste un giudice che sorveglia e punisce.

Se poi, come consiglia e ammonisce il piccolo decalogo approntato da Marisa Marraffino per il Sole 24 Ore, i giudici si sono fatti più severi, è importante conoscere cosa comporta, a livello penale, un semplice clic con il mouse. Sono sei i peccati penali di cui dobbiamo essere al corrente per non incorrere nelle maglie della giustizia (con tanto di codice penale alla mano).

Molestie.  Proprio per il principio che la piazza virtuale non è un asilo protetto dai rigori della legge, commenti a sfondo sessuale, specie se reiterati, postati su Facebook possono costituire reato di molestie (cybermobbing). Se viene riconosciuto il disturbo al soggetto delle contumelie (per esempio deve modificare le sue abitudini) la molestia diventa penalmente rilevante (con le inevitabili sanzioni) ai sensi di una sentenza della Cassazione (sezione I penale, sentenza 37596 del 12 settembre 2014).

Falso profilo. E’ come la sostituzione di persona, un reato. Chi crea un account mail sotto falso nome, chi crea un falso profilo sul social network, vuole indurre in errore gli utenti della rete: una sentenza della Cassazione stabilisce che è passibile di reato (sezione V penale, sentenza 25774 del 16 giugno 2014).

Diffamazione. Pubblicare una notizia che lede la reputazione è diffamazione. Se la notizia è falsa perché l’interessato, per esempio, è stato assolto, e non è stata aggiornata, scatta il risarcimento danni e il reato si inasprisce: diffamazione aggravata ( articolo 595, comma 3, del Codice penale e non aggravata secondo la legge sulla stampa (legge 62/2001) Cassazione, sezione III civile, sentenza 18174 del 25 agosto 2014).

Furto della password. E non si creda che per scampare alla diffamazione sia sufficiente denunciare che la password del nostro account sia stato rubata. I furto non esime dalla responsabilità (Cassazione, sezione V penale, sentenza 18887 del 7 maggio 2014).

Linkare articoli offensivi non è reato. Reato e sanzioni, per esempio gli articoli diffamatori, scattano solo per chi li redige, o per chi diffama nascosto dall’anonimato. Linkare articoli scritti da terzi, però, non costituisce reato (Tribunale di Genova, sezione II, sentenza del 12 marzo 2014).

Fotografie, video. Non è detto che la pubblicazione di una fotografia sia lesiva della reputazione: ma se il soggetto fotografato non vuole che sia pubblicata online ha tutto il diritto a farla rimuovere (basta un ricorso urgente al giudice, art. 700 del codice di procedura civile). Si cita un esempio: il marito separato chiede la rimozione della foto pubblicata dalla moglie cui, pure, aveva in un primo momento dato il consenso (Tribunale di Napoli, ordinanza 12749 del 31 luglio 2014).