Bob Dylan: “Quella volta che diedi buca ad Elvis Presley…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Marzo 2017 - 05:19 OLTRE 6 MESI FA
Bob Dylan: "Quella volta che diedi buca ad Elvis Presley..."

Bob Dylan: “Quella volta che diedi buca ad Elvis Presley…”

ROMA – Intervista a Bob Dylan. Un qualcosa di raro, di impossibile quasi da credere. Intervistare un personaggio che si è anche rifiutato di andare a ritirare il premio Nobel. Un’intervista esclusiva, quella fatta a Bob Dylan dall’autore Bill Flanagan e pubblicata sul sito web www.bobdylan.com in cui il cantautore statunitense ricorda i suoi amici scomparsi come Leonard Cohen e Mohammed Alì e gli altri due grandi musicisti come Merle Haggard e Leon Russell.

“Eravamo come fratelli, vivevamo sulla stessa strada, e ora tutti loro hanno lasciato là dove stavano degli spazi vuoti. C’è più solitudine senza di loro”. Parla anche di quanto gli piacesse Amy Winehouse, di quella volta in cui insieme a George Harrison saltò una session di registrazione con Elvis Presley (“semplicemente non ci presentammo”).

Dice di essere stato fan di Amy Winehouse considerandola “l’ultima vera individualista”. Parla anche del suo senso di vicinanza con uno sperimentatore del jazz come Ornette Coleman: “Avevamo diverse cose in comune. Ha affrontato molte avversità, i critici erano contro di lui, altri jazzisti erano gelosi. Lui stava facendo qualcosa di veramente nuovo, di fondamentale, e non l’hanno capito. Non è molto diverso dagli insulti che sono stati gettati addosso a me per aver fatto alcune cose simili alle sue, sia pur attraverso altre forme musicali”.

Chiede Flanagan se Dylan si preoccupi di quel che possono pensare i suoi fan di questo terzo album di standard (gli altri due erano “Shadows in the Night” e “Fallen Angels”, 2015 e 2016): “Queste canzoni sono pensate per l’uomo della strada. Forse è un fan di Bob Dylan, forse no. Non lo so… Quel che so è quanta essenza di vita, quanta reale condizione umana ci sia in esse. Si tratta di alcuni dei pezzi più struggenti mai registrati, e voglio render loro giustizia. C’è un realismo diretto in loro, una fede nella vita di tutti i giorni, così come succedeva nel primo rock’n’roll. Oggi la musica moderna è così istituzionalizzata che non lo sai più”.