Clarissa D’Avena: “Cristina mi costringeva a odissee in auto”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Agosto 2016 - 15:12 OLTRE 6 MESI FA
Clarissa D'Avena: "Cristina mi costringeva a odissee in auto"

Clarissa D’Avena: “Cristina mi costringeva a odissee in auto” (foto Instagram)

ROMA – Clarissa D’Avena, sorella e manager di Cristina D’Avena, si racconta e racconta aneddoti sulla cantante dei cartoni animati in una lunga intervista a Elvira Serra per il Corriere della Sera: dall’insofferenza per le sigle di Puffi e Kiss Me Licia (“Quando le sento devo andarmi a fare un giro”) alle interminabili trasferte in auto (“Ha paura di aereo e nave”).

Scrive Elvira Serra:

Clarissa ha dieci anni meno della voce che ha inciso finora più di 800 canzoni (quasi tutte le sigle dei cartoni animati in circolazione), vendendo oltre sei milioni di dischi. Lavora per lei, le cura l’ufficio stampa e il calendario dei tour. «Non sai quanto ci devo litigare. Per i concerti in Sicilia mi costringe a macinare 1.000 chilometri in auto perché ha paura del treno, della nave e dell’aereo. In Sardegna non siamo mai riuscite ad andare. E non basta: quando partiamo, devo sempre chiamare la Società autostrade per sapere se c’è un incidente, e nel caso dobbiamo prendere una strada secondaria, anche se fa allungare parecchio».

In effetti Clarissa prende molto sul serio il suo ruolo. «Quando ho ricevuto la chiamata di conferma della partecipazione a Sanremo, ero così emozionata che ho dovuto dire che avevano appena suonato il campanello e li avrei richiamati dopo. A quel punto ho messo a dieta Cristina e le ho trovato un personal trainer, doveva essere perfetta. In due mesi le ho fatto perdere otto chili, a Natale le ho fatto mangiare solo un pezzetto di panettone e un cucchiaino di mascarpone e ogni volta che la trovavo con il pane glielo strappavo di mano».

A parte un certo rigore («Del resto, nostra madre Ornella ci mette tutti in riga, e ha più di ottant’anni…»), Clarissa è legata alla sorella in un modo molto speciale. «È sempre stata una mamma, per me. Se penso al primo giorno di scuola, ho impressa la sua faccia all’entrata e all’uscita. Il suo successo è arrivato nel mio passaggio dalle elementari alle medie: i compagni mi chiedevano l’autografo, lei mi regalava le cartelle di Five e io le distribuivo alle mie amiche». Quando ha cominciato ad andare a Milano per registrare la serie di Arriva Cristina e le successive, nostro padre, Alfredo, le prese una guardia del corpo, si chiamava Giuseppe: era un paziente di papà — che era medico — un omone grande e grosso, buonissimo, che aveva più di 60 anni, e partiva con lei per tenerla d’occhio. Per me era tutto normale, Cristina era la protagonista dei telefilm che guardavo alle otto di sera, ma restava la sorella con cui condividevo la camera».