Luigi Tenco 50 anni dopo il suicidio al Festival di Sanremo. La bufala di Molinari, poliziotto che non telefonò

di Marco Benedetto
Pubblicato il 7 Febbraio 2017 - 06:39| Aggiornato il 9 Settembre 2020 OLTRE 6 MESI FA
Luigi Tenco morì suicida al Festival di Sanremo: dubbi, bufale e ricordi. Testimonianza: "Quella notte, 50 anni fa...."

Luigi Tenco morì suicida al Festival di Sanremo: dubbi, bufale e ricordi. Testimonianza: “Quella notte, 50 anni fa….”

Luigi Tenco morì nella notte fra il 26 e il 27 gennaio 1967, a Sanremo, ucciso da un colpo di pistola alla tempia destra, simbolo tragico di un Festival musicale che dal 1951 unisce gli italiani attorno alla radio prima, alla tv oggi.

Tenco non aveva ancora 29 anni. Quel colpo di pistola stordì tanti della mia generazione, che avevamo scandito il passaggio dalla adolescenza alla maturità sulle note intrise di ribellione delle sue canzoni.

Ne sono stato coinvolto un po’ anche io, non solo come fan, ma anche personalmente, come giornalista, perché mi fu attribuita una parte, marginale a dire il vero, nei fatti di quella concitata notte. Fu una parte marginale, che non ebbi ma che è entrata nella lista delle leggende del caso Tenco.

Non tutti credono al suicidio

Non tutti, a mezzo secolo da quella notte, sono convinti che sia stato un suicidio. Due indagini concluse in quel senso non bastano a convincere i dubbiosi, decine di migliaia, in aumento, raccolti attorno alla Associazione Luigi Tenco 60’s la Verde Isola”.

Penso che Tenco si sia ucciso ma rispetto chi trova, nella caotica ricostruzione di quelle ore ormai lontane, elementi di perplessità. Si è parlato e scritto di complotti internazionali, di Gladio e traffici d’armi.

Cosa alimenta i dubbi

I dubbi sono stati alimentati da versioni contrastanti e da gravi deficienze nelle indagini, come la rimozione e il successivo riposizionamento del corpo nella stanza. il tutto aggravato dal fatto che il nome di Arrigo Molinari, il poliziotto di più alto grado sulla scena del Festival di Sanremo quella notte e autore di clamorose successive rivelazioni, era inserito nella lista della P2. Lo stesso Molinari che, 37 anni dopo, se ne è uscito dicendo, papale papale, che suicidio non era. Buttata lì, senza dettagli, senza prove, senza nessuna successiva elaborazione, tanto per fare un po’ di sensazione un pomeriggio a Domenica in.

Un chiarimento è doveroso

Non ho intenzione di esporvi nuove teorie o ripercorrere le vecchie. Voglio solo chiarire alcune cose che mi riguardano.

Non so a quanti lettori quello che sto per scrivere potrà mai interessare ma prendo l’occasione del cinquantesimo per scaricare un po’ di appunti e dare, per quanto mi riguarda, una versione definitiva. Non è che con questo io cambi la storia, ma gli anni passano e è meglio annodare i nodi sciolti.

Un turbine di sospetti

Un bel po’ del turbine di ipotesi e sospetti si basa su parole e opere di Arrigo Molinari, commissario di Polizia a Sanremo. Nel 2004, in una puntata di Domenica In, condotta da Paolo Bonolis, ha detto: “Indubbiamente un suicidio non lo è stato e lo posso garantire con una certa sicurezza”.

Questa sola battuta, detta 37 anni dopo la morte di Luigi Tenco dal poliziotto più alto in grado sulla scena di quella notte, qualifica l’intera intervista, durata complessivamente un quarto d’ora.

Il personaggio Molinari

Ho conosciuto Molinari personalmente: dal 1966 a Sanremo e poi a Genova fino al 1972 l’ho frequentato quando facevo il cronista e poi, fino alla sua morte violenta avvenuta nel 2005, l’ho incrociato occasionalmente alcune altre volte.

Era un personaggio istintivamente simpatico e anche estremamente “pericoloso”. Travolto dal desiderio di apparire sui giornali, tendeva a deformare qualsiasi notizia per renderla degna di un titolo almeno a 3 colonne. Ne riparlerò più avanti. Faccio questa premessa per inquadrare subito la notte del suicidio di Tenco. i comportamenti di Molinari, le sue rivelazioni da pensionato.

Intervistato da Bonolis

In quella intervista con Bonolis, c’è un passaggio che mi riguarda:

“Marco Benedetto, che allora era un giornalista dell’Ansa che era giovanissimo, adesso è l’amministratore delegato di Repubblica,  mi aveva telefonato dicendo: Arrigo, senti, se succede qualcosa informami. Allora io ho telefonato subito a Genova allo 010561440 il numero dell’Ansa che io so a memoria e ho comunicato: diramate la notizia che Tenco si è suicidato all’hotel Savoia”.

Pura fantasia, attorno a un nocciolo di verità. Il telefono dell’Ansa di Genova era proprio 010561440.

Quella telefonata alle 4 del mattino

Però Molinari non chiamò me bensì il telescriventista che faceva il servizio notturno, il quale, a sua volta, probabilmente informò il fotografo inviato al Festival, che si trovava, lui sì, a Sanremo. Probabilmente telefonò anche al capo dell’ufficio, Gaetano Fusaroli. Fusaroli mi telefonò alle 4 del mattino a casa mia a Genova, dove dormivo il sonno di un ventenne dimorato presso i genitori. Mi ordinò di alzarmi e precipitarmi con un altro dei nostri 3 fotografi a Recco, dove viveva e credo viva ancora la famiglia Tenco. Arrivammo che era quasi l’alba e ci cacciarono a male parole. Ogni volta che passo in quella curva della via Aurelia proprio sopra il cimitero di Recco mi torna in mente quella notte fastidiosa, col ricordo di una alzataccia senza risultato. Tutto lì.

Un bel libro che cita sbagliato

Ho trovato un’altra citazione di Molinari in cui l’allora commissario di Ps fa riferimento a me. È il bel libro di Renzo Parodi, pubblicato nel 2007, una minuziosa ricostruzione del caso Tenco che dà conto di fatti, illazioni, teorie in modo esauriente. Parodi non ha parlato con Molinari, morto un paio d’anni prima, però lo cita, non si sa da dove:

“Per prima cosa avvertii il cronista dell’Ansa inviato a Sanremo, Marco Benedetto, un cronista alle prime armi ma molto sveglio, un topolino che s’intrufolava dappertutto. Ci eravamo lasciati poco prim<. “Se dovesse succedere qualcosa stanotte, per favore chiamami in albergo”, mi aveva pregato, lasciandomi i numeri di telefono del suo hotel”.

Ho scoperto la citazione qualche anno dopo quando Parodi , commentatore sportivo di peso, iniziando a scrivere per Blitz, mi fece omaggio del libro. Ci rimase male quando gli dissi che Molinari se l’era inventata. Basta confrontare le due versioni riportate sopra per convincersi delle fandonie raccontate da Molinari.

Perché quel polverone?

Perché Molinari ha sollevato quel polverone? La spiegazione che mi sono dato è banale e semplice ma credo anche giusta. Molinari era un pensionato di 72 anni al tempo dell’intervista a Bonolis. Nessuno si ricordava e parlava di lui, nel bene come nel male. Probabilmente la cosa gli pesava. Convinse un amico autore di Bonolis di portarlo in trasmissione promettendo un grande scoop e mantenne la prmessa. Fosse stata una cosa seria, sarebbe andato alla Procura della Repubblica, anzi lo avrebbe detto proprio al procuratore di Sanremo che un anno dopo emise la sentenza definitiva di suicidio. Se lo ha fatto, non è stato convincente.

Per quanto mi riguarda, ecco gli ingredienti per la frittata. All’epoca ero poco più di un ragazzo, avevo 22 anni, non ero nesssuno. 40 anni dopo ero amministratore delegato di Repubblica e del Gruppo Espresso. Nell’algoritmo mentale di Molinari,  fu automatico inserire il mio nome, legato a quello del primo quotidiano d’Italia in quel momento. Il caro Fusaroli, con cui Molinari non aveva avuto più grandi rapporti, nel frattempo era morto.

Non ho saputo niente di tutto questo fino al 2011. Guardavo pochissimo la tv, conosco a memoria molte canzoni di Tenco ma considero abbastanza marginale, ai fini della sua arte, la verità sulla sua tragica fine.

Una telefonata da Pescara

Nel 2011 mi ha scritto Giuseppe Bità, presidente della Associazione Luigi Tenco, con sede a Pescara. Facendo riferimento a quella intervista di Molinari del 2004, Bità ha scritto:

“(…) Se lei, quando lavorava all’Ansa, ha chiamato il Commissario per pregarlo di avvertirlo qualora fosse successo qualcosa, evidentemente è perchè Molinari HA FATTO “CAPIRE” che quella sera qualcosa di “grosso” sarebbe successo. Me lo può confermare cortesemente? E’ importante”.

Gli ho risposto un po’ più prolissamente di quanto faccia ora, ma esponendo gli stessi concetti. A Molinari non avevo parlato né prima né dopo. Punto.

In questi anni ho sempre rimandato un articoletto sulla vicenda. Mi sono deciso a farlo ora, per i 50 dalla morte di Tenco. Ripeto: credi che rilevi poco, la musica e anche i versi delle canzoni di Tenco sono arte, il resto conta poco.

La vicenda che ha preceduto la morte di Luigi Tenco ha per scenario il Casinò di Sanremo, nel cui Salone delle Feste si svolgeva il Festival a quei tempi.

Nelle immediate retrovie del Salone delle Feste c’era la sala stampa, che per la vicinanza al palco era per molti cantanti una comoda sala d’attesa. Tenco dormiva lì vicino, in una dependence dell’Hotel Savoy, all’epoca un bell’albergo fermo ai fasti della Belle Epoque. Sanremo che contava, all’epoca, era tutta lì, potevi girare a piedi, incontrare Josè Feliciano in un bar, captare Lucio Dalla che chiedeva qualcosa a uno della Equipe 84, incrociare Gigi Ghirotti (sì, quello della Fondazione per i malati di cancro) mentre preparava un magistrale articolo sulle parole di 4 marzo 1943.

Un ricordo diretto del Festival

Ricordo questi dettagli perché ho seguito, per l’agenzia Ansa, due Festival, nel 1971 e 1972. L’anno di Tenco, però, a Sanremo non c’ero, non ricordo chi avesse mandato l’Ansa, penso Luigi Rodriguez, della redazione di Roma, titolare della rubrica canzoni. Io ero appena entrato all’Ansa, avevo 22 anni compiuti in quei giorni. Avevo avuto il mio battesimo come redattore dell’Ansa di Genova, competente per territorio, un mese prima proprio a Sanremo, mandato a coprire, con una muta di inviati speciali blasonati, una squallida vicenda di amanti e veleni nota come giallo di Natale, finita un po’ di tempo dopo in una bolla di sapone. In quella occasione conobbi Arrigo Molinari, allora commissario di Ps e numero 2 del Commissariato di Sanremo, destinato, fra alterne vicende, alla carica di prefetto e a una morte tragica.

Ciao amore ciao

La canzone che Luigi Tenco aveva presentato al Festival di Sanremo del 1967, “Ciao amore, ciao”, era stata esclusa dalla gara. Bellissima, rifatta all’ultima ora, incastonava in un verso il dramma di milioni di italiani in que ventennio post bellico: “Dagli aratri nei campi, agli aerei nel cielo…”. Ma la musica di Tenco, a quei tempi, non era fatta per piacere alla gente, al popolo di “Mamma, sarai con me tu non sarai più sola”, come non lo era quella di Fabrizio De André e un po’ anche quella di Paoli.

Tutto fa pensare che Tenco si sia ucciso per gli effetti della delusione ultra potenziati da alcol e medicine. Così ha stabilito la nuova inchiesta della Magistratura di Sanremo nel 2005, così era subito parso all’epoca.

Riferisce Wikipedia

“Anche i colleghi Bruno Lauzi, Gino Paoli e Ornella Vanoni (così come l’amico Fabrizio De André) hanno sempre sostenuto la tesi del suicidio come verosimile; Tenco era rimasto turbato dal tentativo di suicidio con arma da fuoco di Paoli stesso nel 1963, prima di rompere la loro amicizia, e negli ultimi giorni di vita aveva fatto allusioni a un epilogo drammatico, sebbene non fosse depresso; Lauzi disse in seguito che Tenco, in momenti di sconforto, gli aveva più volte detto di volersi sparare. Inoltre la sera della morte era apparso stravolto anche prima di esibirsi, mentre dopo, secondo Ezio Radaelli, “aveva lo sguardo strano di chi era già in un altro mondo”. Paoli e la Vanoni (presente al Festival) affermano che, quella sera, per smaltire la delusione dell’eliminazione, Tenco avesse bevuto cognac o whisky e assunto di nuovo molte pastiglie di Pronox, un tranquillante appartenente alla classe dei barbiturici (nella stanza ne fu ritrovata una scatola vuota) che tra gli effetti indesiderati ha il possibile aumento di ideazione suicida, e che queste sostanze gli avessero causato uno stato di forte alterazione psicologica, tale da spingerlo al tragico gesto”.

Il capo non lo amava

Successivamente ebbi rapporti frequenti con Molinari quando lui fu trasferito a Genova, se non ricordo male era diventato vice capo della Squadra mobile. Non era molto amato dal suo capo Angelo (Angiulin) Costa, non tanto perché Costa era probabilmente l’unico ex-partigiano e anche unico genovese in tutta la Questura, mentre Molinari era calabrese. Colpa ancor più grave per Costa era che Molinari dava notizie ai giornali in cui appariva protagonista. Costa era un grande poliziotto, molto riservato, molto rigoroso nello stile e nei comportamenti. Con i cronisti parlava spesso in dialetto e questo facilitava il controllo delle notizie scovate nei mattinali o confidate da funzionari ambiziosi di apparire, maniman ci fosse qualche polpetta.

Una fonte eccellente

Molinari era una fonte eccellente. Poi cambiai città e lo persi di vista. Ogni tanto si faceva vivo. Mi ricordo che quando era questore di Nuoro mi chiamò, non ricordo dove fossi all’epoca, per dirmi che aveva dichiarato guerra ai signori dell’acqua. Gli previdi vita breve e infatti poco dopo lo trasferirono.

Se acccettate la definizione che ho dato di Molinari, con quel misto di mitomania e di senso per la pubblicità, si spiega anche la vicenda del cadavere di Tenco, portato fuori dall’obitorio, rivestito e riportato in albergo per consentire ai fotografi di fare il loro mestiere. Siamo, si direbbe oggi, un po’ border line ma a quei tempi sarebbe passata anche la nipote di Mubarak.