Michael Jackson, il New York Times/ ”Un paradosso musicale e razziale che trascinava le folle con ritmo e dolcezza”

di Licinio Germini
Pubblicato il 26 Giugno 2009 - 10:55 OLTRE 6 MESI FA

«Quale Michael Jackson sarà ricordato?» L’insuperabile intrattenitore, l’artista della canzone e del ballo che ha fuso insieme ritmo, melodia e immagine per creare ”Thriller”, l’album più venduto in assoluto? O la bizzarra figura che diventò dopo aver fallito nella sua ambizione di fare ancora meglio di ‘Thriller’, diventando il centro delle attenzioni e delle rivelazioni dei giornali scandalistici, rifugiato in un lungo silenzio che avrebbe dovuto interrompere a luglio?  Sono le domande che si pone Jon Pareles, il critico musicale del New York Times che dedica al cantante un lungo articolo di apprezzamento.

Jackson ha costruito la sua carriera su un paradosso: da bambino era precoce, da adulto era infantile. Lui competeva solo con se stesso. Nei suoi brani cantava di paure e incertezze con quella sua acuta, vulnerabile voce. Ritraendosi davanti ai mostri di ”Thriller” e sperando di poterli abbattere con ”Beat It” quando per lui cominciarono i guai.

Era anche un paradosso razziale. Un afro-americano il cui pubblico non è mai stato segregato ma le cui fattezze divennero sempre più simili a quelle dei bianchi, con una pelle sempre più algida fino a quando il suo volto era diventato una maschera.

Tutte le capacità artistiche di Jackson – quelle imparate da bambino sotto la tutela e l’insegnamento a volte brutale del padre e poi sulla catena di montaggio della casa discografica Motown Records – erano al contempo un modo per piacere ad un pubblico sempre più vasto e per difendere da esso se stesso, salvo all’interno del suo spettacolo.

Nonostante tutto il tempo trascorso sui palcoscenici e sulle onde della radio, Jackson rimase un solitario. E alla fine, la superstar e il recluso non erano molto distanti tra loro.

Aveva una delle più grandi audience della storia, ma il suo pubblico non riuscì mai a conoscerlo veramente. Nessuno però può contestare il suo grande talento.

La sua ambizione, scrive il Times, era seducente. Quando esortava con ”Don’t Stop ‘Til You Get Enough”, o quando offriva qualcosa a tutti con ‘Thriller’, o il duetto con un Beatle in ”The Girl Is Mine, o l’entusiasmante beat elettronico di ”Wanna Be Starting Something”, o la chitarra rock di ”Beat It”.

Una volta diventato famoso, Jackson entrò nonostante la sua faccia di afro-americano nella MTV rompendo la barriera del colore con un avvenimento che è stato di grande beneficio per entrambi.

Jackson, prosegue il Times, non è stato soltanto un esperto di show-business vecchia scuola che poteva cantare e ballare contemporaneamente sul palcoscenico. E’ stato anche più che pronto per l’era della music-video, trasformando le sue canzoni in video-concerti di alta classe che hanno trasformato le vecchie produzioni di Hollywood in miniconcerti televisivi.

Il successo mondiale di ”Thriller” è stato per Jackson al contempo un trionfo e un pesante fardello. Perché ha speso il resto della sua carriera nel tentativo, non riuscito, di ripeterlo. Poi, col tempo le sue canzoni divennero sempre più strane e oscure, come ”Smooth Criminal”, con i suoi accenni alla violenza, nell’album ”Bad” del 1987.

Jackson continuò a lavorare, ma i suoi album uscivano ormai ogni cinque o sei anni, fino a quando arrivò l’era del hip-hop, un tipo di musica antitetica allo stile di Jackson. Cercò di cavalcare la tigre con l’album B.I.G. ma non ci riuscì. La sottostante dolcezza che aveva reso Jackson così caro alle folle, anche nei suoi momenti più difficili, si era raggrumata, e il tentativo di ripristinarla col suo ultimo album ”Invincible” del 2001 naufragò.

Conclude il Times: ”Tutti i pezzi che aveva riunito insieme, tutti i paradossi che era riuscito a risolvere con la forza della sua musica, cominciarono a cadere a pezzi. Prima di morire stava lavorando ai concerti che avrebbe dovuto tenere a Londra questa estate. Ora che se n’è andato non sapremo mai se le sue capacità artistiche, la sua forza e la sua “showmanship” gli avrebbero consentito di tentare un nuovo inizio”.