Antagonisti buoni saranno onorevoli? Il flop di un patto con Vendola

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 18 Ottobre 2011 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA

Luca Casarini (Lapresse)

ROMA – Nel nostro paese esistono molti modi, alcuni anche bizzarri, quantomeno inusuali altrove, per diventare parlamentari. Al lungo e ricco menù delle possibili vie per divenire onorevoli sembrerebbe essersene aggiunto ora uno nuovo: l’organizzazione di cortei “morbidi”, dal percorso light che piace alle forze dell’ordine.

La storia, incredibile, ma così incredibile che potrebbe esser vera, la racconta Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera. A monte degli scontri di sabato 15 ottobre di Roma ci sarebbe stato un patto, più o meno segreto, tra il partito di Vendola e una parte del movimento Antagonista: nomi in lista e poltrone in Parlamento alle prossime elezioni in cambio di una manifestazione tranquilla, pacifica e che sfilasse lontano dai palazzi del potere, da quella che da Genova in poi è comunemente chiamata “zona rossa”.

L’accordo però, come quasi sempre accade, avrebbe lasciato qualcuno scontento: i cosiddetti duri e puri, gli irriducibili resistenti alle sirene del potere e delle poltrone, e quelli che invece sulle poltrone si sarebbero comodamente assisi, ma che dalla trattativa erano rimasti fuori. Questi, sommandosi ad altri che nel corteo non apprezzavano la via morbida quanto un bancomat fatto a pezzi, e contando anche sulla “complicità” di chi agli scontri non ha partecipato, ma che magari li ha propiziati consentendo che i più “vivaci”, che in fondo al corteo dovevano rimanere, arrivassero sino in testa o quasi, hanno dato come risultato la guerriglia urbana di cui la capitale è stata teatro sabato scorso.

Fonte non unica della storia che Bianconi racconta è, come da caratteristica del movimento antagonista, la rete. Accuse e smentite viaggiano attraverso siti, facebook e forum, realtà che hanno sostituito e mandato in pensione la vecchia assemblea. E proprio in un messaggio su facebook si sostiene che l’accordo sarebbe stato raggiunto dopo una serie di incontri culminati nel raduno abruzzese di fine agosto chiamato «Tilt camp», e per conto di Sel i garanti sarebbero stati Gennaro Migliore e Nicola Fratoianni: «Tutto ciò non è andato giù agli esclusi: i torinesi, parte dei milanesi e dei romani e molta parte di un mondo che non è conosciuto quasi da nessuno ma che Casarini, Raparelli e Alzetta conoscono benissimo. Nelle liti nelle birrerie di via dei Volsci, e per le strade romane e sulla Rete, sono nati gli scontri di sabato».

Sempre sulla rete nascono le prime accuse. Già nella serata di sabato, sul sito Askatasuna.org : «Gli organizzatori dei comizi finali in piazza San Giovanni avevano desistito da tempo dallo sfilare verso i palazzi del potere romano, l’unica cosa incisiva in una giornata del genere». E, subito dopo, il riferimento al patto segreto: «Oggi poteva solo succedere qualcosa in più dei piani prestabiliti, spiace che ci sia chi non ha voluto vedere e si è voluto coccolare il suo orticello fatto di qualche poltroncina con Sel alle prossime elezioni».

Quasi tutti i diretti interessati hanno smentito l’esistenza dell’accordo. «Io più che con chi ha fatto gli scontri ce l’ho con chi li copre – diceva subito dopo i tumulti Andrea Alzetta detto “Tarzan”, uno dei capi del collettivo romano Action – senza nemmeno avere il coraggio di partecipare agli assalti. Gente che per mascherare la pochezza di un insurrezionalismo senza prospettive alimenta la rabbia incontrollata che non porta da nessuna parte». E Tarzan, rappresentante dell’opposizione più radicale al consiglio comunale di Roma, è uno di quelli accreditati come artefici del presunto patto con Sel, ipotesi che lui smentisce con fermezza: «Non c’è nessun patto, né abbiamo intenzione di candidarci a livello nazionale», assicura. Oltre ad Alzetta, i nomi più ricorrenti dei possibili futuri onorevoli vendoliani sarebberro quelli del padovano Luca Casarini e del romano Francesco Raparelli. Anche loro, pur rivendicando il diritto di interloquire con chiunque ritengano opportuno, smentiscono.

Certamente, se pure il patto esisteva, l’opposizione a questo non è stata l’unica forza a generare gli scontri di sabato. Può essere stato casomai una concausa e non la causa unica. In piazza c’erano anche altri motivi, o forse sarebbe più opportuno definirli non-motivi, per non scegliere la manifestazione pacifica, e con loro altre forze, o quantomeno persone, che questa volontà esprimevano. La colpa non sarà quindi certamente tutta del patto fallito Sel – movimento antagonista. Questo però non toglie che l’idea dell’accordo, per quanto incredibile possa apparire, potrebbe esser vera, è in fondo credibile che all’interno del movimento, magari tra quelli un po’ più avanti con gli anni, ci siano alcuni che cominciano a sentire il bisogno di sistemarsi, sarebbe umanamente comprensibile. Ma, comunque sia andata, sabato è andata male per tutti, sia per chi voleva manifestare sia per chi con la manifestazione magari voleva conquistare una poltrona e anche, non in ultimo, per i poliziotti e per la città tutta.