Boschi, De Bortoli, Ghizzoni, tre cose impossibili (o quasi)

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 10 Maggio 2017 - 14:02 OLTRE 6 MESI FA
Boschi, De Bortoli, Ghizzoni, tre cose impossibili (o quasi)

Boschi, De Bortoli, Ghizzoni, tre cose impossibili (o quasi)

ROMA – Boschi, De Bortoli, Ghizzoni: in questo triangolo di rivelazioni, smentite, denunce, clamori e (almeno per ora silenzi) ci sono tre cose impossibili (o quasi). O quasi, a parafrasare il titolo del libro di Ferruccio De Bortoli, titolo che parla di Poteri Forti appunto (o quasi).

Le tre cose impossibili (o quasi) sono che a De Bortoli sia sfuggita una frase, che sia stato un tratto di penna non meditato, non calcolato e in qualche misura inconsapevole delle conseguenze. De Bortoli è sempre stato persona prudente e accorta, professionalmente attentissimo a curare un profilo di serietà e perfino seriosità. E’ impossibile (o quasi) che De Bortoli abbia scritto “a caldo”. Magari facendosi guidare la mano e la mente dalla sua indubbia e manifestata ostilità al “renzismo” e al suo habitat.

De Bortoli ha scritto di aver saputo che Maria Elena Boschi in prima e diretta persona intervenne pro Banca Etruria, dove era dirigente papà Boschi, presso Ghizzoni amministratore delegato Unicredit. E lo ha dato alle stampe sapendo bene quel che faceva. Infatti le modalità sono più che accorte, scrive di averlo saputo come usa dire “de relato”, non si assume l’onere di provare quanto scrive. Ma conferisce con la sua firma attendibilità a quel “de relato”.

Impossibile poi quasi che De Bortoli l’abbia fatto per qualche copia in più da vendere del suo libro. Non è il suo stile e la sua misura.

Maria Elena Boschi ha non solo smentito, stavolta si è mostrata infuriata e pronta alla querela. Appare impossibile (o quasi) che l’allora ministra sia intervenuta direttamente e in prima persona in affari che riguardavano la banca dove lavorava il padre. Per quanta arroganza ci sia visibile nel comportamento di quello che è stato battezzato “il giglio magico” e anche supponendo che l’arroganza visibile sia solo la punta dell’iceberg arroganza reale, per alzare il telefono o incontrare o suggerire direttamente ci vuole una impossibile (o quasi) stoltezza unita all’arroganza. Se proprio vuole “suggerire” un politico, se c’è di mezzo un familiare, dispone certo di famigli cui farlo fare il suggerimento.

Terzo impossibile (o quasi): che Federico Ghizzoni, allora amministratore delegato Unicredit, l’unico oggi che può mettere la parola fine alla storia, oppure dire la parola che può mettere fine alla carriera politica della Boschi…non dica una parola. Unicredit ha smentito ma è una smentita ovvia “Non ci sono state pressioni”. E infatti Unicredit non ha comprato Banca Etruria e lo stesso racconto di De Bortoli precisa “che non se ne fece nulla”.

Ma la questione non è ciò che fece Unicredit, la questione è se la Boschi si mosse e si espose in prima persona per la banca del papà. Sì o no? E’ impossibile (o quasi) che in una società normale (l’Italia, non Unicredit dove Ghizzoni non lavora più) si fugga la responsabilità di questa risposta.

Poi ce ne sarebbe una quarta di cosa non certo impossibile perché accade tante volte al giorno tutti i giorni. Impossibile no, anzi comunissima, effettiva e reale in ogni momento e spicchio della vita pubblica. Impossibile no. E però alla lunga insostenibile (o quasi). E’ l’idea, la convinzione, la certezza, l’equazione, l’assioma, il comandamento secondo il quale l’unico politico buono è quello muto, cieco e sordo.

L’intera comunità, blog, giornali, tv. magistrati, giornalisti, padri di famiglia, prof di media e università, giovani senza linguaggio e letture, mamme in whatsapp e adolescenti in motorino…tutti abbiamo introiettato che la politica è attività “criminogena” (come scrisse un magistrato tanto eversivo quanto profetico).

Se non criminale, comunque sporca e sospetta. Per cui ci raccontiamo e giudichiamo e pensiamo che un politico non deve telefonare, incontrare, parlare, interessarsi, occuparsi. Se lo fa, di sicuro c’è del marcio in quel che fa. Quindi sia muto, cieco e sordo e lo potremo tollerare. Lo potremo tollerare solo se non fa quel che è la politica e il dovere della politica: occuparsi delle cose e delle persone. Che altro devono fare i politici se non incontrare, parlare, telefonare, suggerire, trattare?

E’ quello che chiediamo loro quando ad esempio c’è una crisi aziendale o simili. Pronti altrimenti a gridare di protesta: “ci lasciano soli!”. Ma se lo fanno, se intervengono fuori dall’orto dei nostri diretti interessi, allora non lo tolleriamo e lo condanniamo. E’ insostenibile (o quasi) alla lunga tale schizofrenia socio culturale in qualsiasi comunità.

Ma sia più che chiaro e per capirci fino in fondo: che un governo si occupi di banche in difficoltà e che ne parli con i vertici del sistema bancario italiano è ovvio e perfino doveroso. Ma che una ministra si occupi direttamente della banca del papà è, sarebbe inaudito, intollerabile, insopportabile. Non solo per la sfacciataggine e impudicizia pubblica e privata del fatto. Ma anche se non soprattutto per la sua proterva stupidità.