Elezioni, se “avvelenate” alla fonte, è stata la Lega con l’anti firme

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Dicembre 2012 - 16:12 OLTRE 6 MESI FA
Foto Lapresse

ROMA – Se non sarà convertito in legge sarà un gran caos. Caos di ricorsi possibili e regole non chiare. E’ il decreto “firme” che oggi 28 dicembre sarà a palazzo Madama. La Lega già una prima volta ha chiesto la verifica del numero legale in Aula ottenendo, di fatto, che l’esame del testo fosse rinviato vista l’assenza di molti senatori e se, anche oggi, il Carroccio si muoverà allo stesso modo quel decreto rischia di decadere a pochi giorni dalle prossime politiche.

Le firme necessarie e da raccogliere per presentare le liste: erano 120mila, poi ridotte a 60mila causa fine legislatura anticipata di due mesi, quindi a 30mila dal decreto del governo per non escludere nessuno e rendere la vita meno difficile ai nuovi movimenti politici. Ma se il decreto non viene convertito in legge quale sarà alla fine il numero legalmente “vero”?

E’ questa forse la più preoccupante spada di Damocle che pende sulla prossima tornata elettorale. Al “caos firme” si aggiungono infatti le incertezze frutto della redistribuzione dei seggi a disposizione per Camera e Senato, figlia dell’ultimo censimento (il numero di seggi per regione è infatti legato alla popolazione) e l’incognita alleanza, ancora in gran parte in alto mare.

Mancano poco meno di due mesi alle elezioni che sceglieranno il prossimo Parlamento e i punti critici sono ancora moltissimi, con la Lega che sembra strizzare l’occhio al caos. Il nodo più delicato è quello delle firme necessarie per la presentazione delle liste. La preoccupazione nasce del fatto che, nel caso in cui mancasse il via libera al dl, lo stesso decreto che ha ridotto il numero di firme richieste per la presentazione delle liste, scadrebbe una settimana prima delle elezioni.

E questo significa che non varrebbero più le norme in quel decreto contenute, valide solo in questi 60 giorni di decreto in vigore. Decaduto il dl potrebbe quindi crearsi un caos normativo e, secondo quanto spiega un esponente pidiellino di rilievo, il giorno dopo le elezioni pioverebbero i ricorsi da parte di chi le elezioni le ha perse. Con rischio di conseguenze sulla validità delle elezioni stesse, oltre alle inevitabili polemiche nel dibattito politico. Sia Pd che Pdl assicurano che oggi saranno presenti a Palazzo Madama.

Ma queste rassicurazioni non bastano. Molti temono che tra primarie in casa Pd, e scarso interesse da parte del Pdl in materia (visto che certo il problema firme non riguarda direttamente il partito del cavaliere) a palazzo Madama possa mancare ancora una volta il numero legale. Con la Lega pronta a sottolinearlo come già ha fatto in passato e perché no, pronta anche con i ricorsi post voto.

Oltre l’incognita firme il dubbio seggi. L’ultimo censimento dell’Istat ha regalato una fotografia demografica dell’Italia ovviamente diversa rispetto a quella di 10 anni fa. In alcune regioni, in particolare Lombardia e Lazio, la popolazione è aumentata mentre in altre è diminuita. Ed essendo la distribuzione dei seggi parlamentari legata alla popolazione effettiva, questo cambiamento comporta anche una diversa quota di seggi per regione rispetto alle ultime politiche.

Per il Senato si modificano in aumento i numeri dei senatori lombardi, emiliano romagnoli e laziali, mentre diminuiscono in Campania, Sicilia e Sardegna. Per la Camera, dove le circoscrizioni sono di più rispetto a quelle per palazzo Madama, aumentano i seggi di Lombardia 2 e Lombardia 3, del Trentino Alto Adige e del Veneto 1, dell’Emilia Romagna e delle due circoscrizioni del Lazio; in calo la prima del  Piemonte e la Liguria, le due della Campania e la Puglia, le due della Sicilia e la Sardegna. Cambiamenti di cui le liste che i partiti stanno approntando dovranno tener conto, non potendo più basarsi sui calcoli fatti per le ultime politiche.

Se questo non bastasse a meno di 60 giorni dal voto nemmeno le alleanze sono ancora chiare. Se nel centro sinistra il più sembra fatto con Pd e Sel che correranno insieme, e con la Lista dei Moderati imperniata sul leader delle Liste civiche Giacomo Portas che punta a ospitare molti amministratori locali, ma non i transfughi Bruno Tabacci (ex Udc) e Massimo Donadi (ex Idv), altra è la situazione nel centro destra. Oltre ai classici Pdl e Lega, che ancora non si sa se saranno insieme o meno, va registrata la presenza del neonato partito che fa capo a Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni e che al Pdl sarà apparentato.

Ci potrebbe poi essere una sorta di “lista dei cattivi” imperniata sul siciliano Gianfranco Micciché che dovrebbe imbarcare alcuni parlamentari uscenti che il Pdl preferisce non candidare direttamente come Marcello Dell’Utri e Nicola Cosentino. E poi il centro che ancora non ha trovato una sua fisionomia. Pierferdinando Casini e Luca di Montezemolo ancora non hanno deciso se correranno insieme o “paralleli”, e poi i dubbi di Gianfranco Fini che fanno di quest’area un sorta di cantiere ancora in alto mare. Tutto questo a sole otto settimane dall’apertura delle urne.