Kyenge bersaglio che eccita l’Italia razzista a sua insaputa

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 14 Giugno 2013 - 14:39 OLTRE 6 MESI FA
Dolores Valandro

Dolores Valandro (foto Ansa)

ROMA – E brava Dolores Valandro, pasionaria leghista riuscita nell’impossibile: mettere d’accordo tutti, dal governo a Grillo, da Vendola a Maroni. Il delicato tanto elegante post su facebook, “nessuno stupra la Kyenge?”, è riuscito nell’impresa di unire nell’indignazione l’intero arco costituzionale.

La Dolores non ha fatto altro che esprimere ciò che pensa la gente”, ha detto, fuori dal coro, Paola Goisis, ex deputata del Carroccio. Fortunatamente non tutta la gente la pensa come “la Dolores” ma, nella difesa della Goisis, c’è un che di vero: gli italiani sono in buona parte un popolo razzista. Razzista inconsapevole, razzista ” a sua insaputa”, ma razzista. Forse in forma silente ma comunque pronto a dare il peggio di sé. E gli insulti che in queste settimane sono piovuti sulla neo ministra ne sono la dimostrazione. Sono lo specchio in cui si è riflessa e talvolta rimirata l’immagine di un paese, di una pubblica opinione, in parte ma in non piccola parte, razzista.

La Valandro, comprensibilmente, è stata espulsa dalla Lega. Meno comprensibile non è, ma almeno dovrebbe essere, come sia possibile che vi sia sinora rimasta. Il suo meschino attacco alla ministra nera non è però che l’ultimo episodio di razzismo che si concentra sull’oculista italo congolese da quando è divenuta titolare del dicastero dell’integrazione.

Ci indignamo, giustamente, quando le curve urlano “buh” al Balotelli di turno ma la politica, parte di essa, parte di quella che sarebbe la classe dirigente del nostro Paese e ampie fette del Paese stesso, ad una ministra, di colore, urlano esattamente gli stessi “buh”. Benvenuti nell’Italia del XXI secolo.

Che il nostro non fosse un Paese multietnico e multiculturale lo sapevamo. Ragioni storiche ci pongono su questo terreno anni luce dietro a paesi come Francia, Gran Bretagna o Stati Uniti. Da noi l’immigrazione è relativamente recente e lo straniero, specie in momenti di crisi economica, è un pericolo. Da quando però Enrico Letta ha nominato Cecile Kyenge ministro, primo ministro di colore della nostra storia, su di lei si sono focalizzati attacchi ed insulti. Attacchi ed insulti che certo offenderanno la diretta interessata ma rivelano quella che è l’anima del nostro Paese: un Paese in larga parte razzista, profondamente razzista.

 

Francesca Paci su La Stampa fa un breve sunto:

“Cominciò il web dove a poche ore dal giuramento i siti di Stormfront e Duce.net erano già pieni di ‘scimmia congolese’, ‘governante puzzolente’, ‘zulù’. Allora, a onor del vero, il presidente della Camera Boldrini si levò in difesa della prima ministra di colore (lei preferisce definirsi ‘nera’ e, fingendo di accontentarla, l’attore Paolo Villaggio la definisce ‘negra’), ma un po’ perché assorbito dai problemi (anche identitari) del neonato governo e un po’ per non assecondare volgarità ritenute insignificanti il Parlamento non si scompose. Poi la Kyenge si pronunciò a favore dello ius soli, il diritto alla cittadinanza in virtù della nascita nel territorio dello Stato e apriti cielo. Don Alessandro Loi, curato di un piccolo comune sardo, spiegò che ‘mischiare le razze può essere pericoloso’, l’ex prof universitario Pietro Melis applicò alla responsabile dell’integrazione i parametri di ‘tolleranza’ che gli erano già costati l’accusa di antisemitismo, Forza Nuova issò un tricolore insanguinato con scritto ‘L’immigrazione uccide. No ius soli. Kyenge dimettiti’ davanti al Pd di Rimini. Ma furono in particolare i leghisti a scatenarsi contro il ministro in quel caso un po’ isolato anche dai suoi, non tutti d’accordo nel preferire lo ius soli allo ius sanguinis (la cittadinanza trasmessa dal genitore che ne è in possesso). Da quel momento il Carroccio è in trincea. L’ex senatore Boso si definisce ‘razzista convinto’, l’eurodeputato Borghezio punta l’indice contro ‘il governo del bonga bonga e la Kyenge ci vuole imporre le sue tradizioni tribali’.. Il capogruppo milanese Morelli lamenta di non averle potuto stringere la mano per la la di lei riluttanza”.

Campionario davvero ricco se si pensa che ha avuto meno di 50 giorni per dispiegarsi. All’elenco mancano poi i vibranti articoli di protesta di Libero o del Giornale contro la ministra che si è perfettamente “integrata andando contromano in auto blu”. Pratica discutibile, certo, ma a memoria d’uomo non si ricordano articoli simili su simili comportamenti fatti però da ministri bianchi e, soprattutto, appartenenti a governi Berlusconi. Sarà un caso.

Merita, sul tema, una citazione integrale il “Buongiorno” di Massimo Gramellini di oggi:

 

“Appena ho letto della consigliera leghista che augura alla ministra Kyenge di sperimentare uno stupro sulla propria pelle, così potrà rendersi conto di quanto siano brutti sporchi e cattivi i suoi amici neri, per un attimo ho temuto che in Italia fosse arrivato il razzismo. Poi ho guardato le prime pagine di un paio di giornali che avevo sul tavolo, dedite a sbertucciare Kyenge per una strada presa contromano dalla sua scorta, e mi sono tranquillizzato. In Italia il razzismo non esiste. Esiste il razzismino. La caratteristica del razzismino è che i suoi adepti, i razzistini, pensano di essere dei dolci al ripieno di marmellata su cui la vita ha versato qualche goccia di liquore (estero), ma non abbastanza da comprometterne la bontà. I razzistini non sono razzisti: solo non sopportano le ‘negrette’ che ambiscono a occupare un ruolo diverso dalla Mamie di ‘Via col vento’. Ai loro occhi la ministra Kyenge non ha nulla che non va, a parte il fatto che è donna, che è nera e che vuole dare la cittadinanza a chi è cresciuto in Italia. Possibile che, con tanti disoccupati in giro, non ci fosse un italiano verace in grado di occuparne la poltrona? Questo non è razzismo, assicura il razzistino, ma buonsenso. E chiamare la ministra Nero di Seppia, ironizzare sulla sua abbronzatura, disegnarla mentre sbuccia banane in posizione da orangutang: neanche questo è razzismo, ma buonumore. Così in due mesi, tra una sessione di buonsenso e un’altra di buonumore, siamo arrivati all’istigazione alla violenza carnale: da parte di una donna, per di più. Forse si avvicina il momento di dire ai razzistini che ci hanno rotto definitivamente le palline”.