Lavoro: da precari a fissi, le aziende cambiano i contratti. Come gli 80 euro.

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 16 Febbraio 2015 - 13:37 OLTRE 6 MESI FA
Calzolaio al lavoro

Calzolaio al lavoro (foto Ansa)

MILANO – A Milano è boom dei contratti a tempo indeterminato: a gennaio +23% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. A differenza di quel che si potrebbe credere però il numero totale degli occupati non è in crescita ma rimane invece stabile. La spiegazione di questo apparente paradosso è in realtà più semplice di quel che si potrebbe pensare. L’aumento dei contratti senza scadenza è infatti figlio degli sgravi fiscali che questo tipo di contratti porta in dote alle aziende. Aziende che però non assumono nuove figure ma sostituiscono semplicemente i contratti delle persone che già hanno assunto, trasformandoli da precari ad indeterminati.

“Al momento tutti gli indicatori ci dicono che i posti complessivi restano sempre gli stessi – chiarisce Livio Loverso, capo dell’Osservatorio della Provincia -. C’è semplicemente un travaso dai posti a termine, in netto calo, e quelli a tempo indeterminato. Tant’è che gli avviati totali, le persone che hanno firmato un contratto per intenderci, restano costanti. Stesso discorso per il numero delle imprese che assumono”. I nuovi contratti a tempo indeterminato sono invece passati dai 15.502 del gennaio 2014 ai 19.114 di gennaio 2015, anche se bisognerà aspettare i dati di febbraio per parlare di “cambiamento” vero e proprio, secondo Loverso comunque “non si vedeva nulla del genere da anni”.

Una rivoluzione vera e propria che, per quanto limitata per ora nello spazio (i dati si riferiscono al solo capoluogo lombardo), è sintomatica di una trasformazione in atto, magari solo agli inizi, nella nostra società. Il boom milanese, come spiega Rita Querzé sul Corriere della Sera, non c’entra nulla con “il Jobs Act e le nuove regole che rendono più facili i licenziamenti che dovrebbero entrare in vigore da marzo. A fare la differenza sono stati con ogni probabilità gli sgravi fiscali introdotti dalla legge di stabilità per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Per le aziende si tratta di risparmi consistenti, che superano gli ottomila euro l’anno”. E se questa è la ragione del cambiamento, è lecito immaginare che quando entrerà in vigore anche il Jobs Act la tendenza non solo verrà confermata ma anzi verrà implementata.

Un cambiamento che, al di là dei dati numerici e delle percentuali, avrà un effetto dirompente sulla nostra società. Una società in cui i lavoratori precari rappresentano una fetta significativa della forza lavoro nazionale e che, come si è ripetuto sino alla noia, in funzione della loro condizione precaria organizzano la loro vita.

Per un lavoratore precario è quasi impossibile avere un mutuo, comprare un’auto a rate assomiglia ad un’impresa e, più in generale, la pianificazione del futuro e della vita è terreno complesso e senza basi di supporto. Trasformare i precari, o almeno una parte di questi, in lavoratori a tempo indeterminato comporterà anche una trasformazione del loro sentire, della loro psicologia, e potrebbe avere un effetto consenso come quello degli 80 euro di tasse in meno per i lavoratori dipendenti a basso reddito.

Un lavoratore ‘sicuro’ infatti, oltre ad avere buone chance di poter ottenere il già citato mutuo, è un lavoratore più propenso a spendere. Avere la certezza che a fine mese, e non solo per qualche frazione di anno o poco più, arriverà lo stipendio rende infatti possibile fare acquisti che verranno ammortizzati nel tempo e contemporaneamente rende meno necessario l’accumulo, per i precari che mai avessero sognato di poterlo realizzare.

Un fenomeno potenzialmente dirompente che avviene, sta avvenendo per carsici percorsi. Cioè sotto traccia e senza che né la grande né la piccola stampa, tanto meno i notiziari e talk-show televisivi lo colgano. Eppure cambia la qualità della vita il passare da un contratto a tempo a un contratto a tempo appunto indeterminato. Non è più il contratto a vita di una volta, il posto fisso e solo quello, proprio quello fisso per tutta la vita altrimenti è disastro. Non è quello che inseguono e presidiano i sindacati e i conduttori di dibattiti tv. Ma è qualcosa che muta radicalmente la vita dei trenta/quarantenni al lavoro. E, prima a centinaia, ora a migliaia, domani e decine di migliaia, passando dal contratto precario a quello stabile, vanno a costituire un nuovo segmento sociale. E anche una nuova base di consenso. Consenso in formazione seppur montante. Senza che nessuno lo veda, ben pochi lo avvistano: come è avvenuto per gli 80 euro, vera base del 41 per cento al Pd di Renzi alle europee.