Norman, morti di panico killer, gelo, affogati, arsi. Chi erano quegli “arabi”?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 30 Dicembre 2014 - 13:55 OLTRE 6 MESI FA
Fumo dalla Norman Atlantic (foto Ansa)

Fumo dalla Norman Atlantic (foto Ansa)

BARI – Fuoco, acqua e freddo. Ma soprattutto panico. Panico di sicuro suicida e forse anche omicida. A bordo del traghetto Norman Atlantic c’erano tutti questi ingredienti: il fuoco divampato probabilmente dal garage e che ha avvolto la nave; l’acqua delle onde del mare in tempesta e quella ‘sparata’ dalle navi di soccorso per spegnere l’incendio e il freddo di dicembre, dell’acqua del mare e di quella dei soccorritori, comunque gelida. E poi il panico, il panico che fa perdere il controllo e trasforma il ponte della nave in fiamme in un far west in mezzo all’Adriatico dove i più forti tentano di sopraffare i più deboli per aggiudicarsi un posto sulla scialuppa o sull’elicottero.

“E’ stato un inferno, ho visto delle scene spaventose – ha raccontato il soprano greco Dimitra Theodossiou – C’erano degli uomini, iracheni, turchi, pachistani che erano sulla nave e che erano stati messi in basso per permettere ai soccorsi di dare la precedenza ai bambini, agli anziani e alle donne, ma loro si sono arrampicati e picchiavano, strattonavano, ti tiravano via, si facevano largo per mettersi in salvo. Anche io sono stata picchiata, ma ho reagito per arrivare all’elicottero, mi è venuta dentro una grande rabbia, ho pensato: ora o mai più”.

“Arabi” in senso lato li definisce in un’altra intervista l’artista greca ma, nazionalità a parte, c’erano uomini disposti a picchiare donne e scansare bambini pur di assicurarsi, o cerare di farlo, un posto tra i soccorsi.

In situazioni come queste, spiegano gli esperti ed insegna l’esperienza, gli esseri umani tirano fuori la loro vera natura. Di fronte alla morte, alla prospettiva di questa, apparentemente pochi sanno mantenere un senso etico ed una natura ‘umana’ mentre i più riescono solo a pensare a salvarsi, costi quel che costi.

E se questo è il panico, normale trovandosi su un guscio d’acciaio che brucia in mezzo al mare in tempesta, ad alimentarlo ci ha pensato la gestione dei soccorsi che ha avuto senza dubbio delle falle. Raccontano alcuni passeggeri che a bordo non c’è stato nessun allarme e che nessuno ha dato istruzioni su cosa fare, alimentando in questo modo paure e panico. Ma l’errore, forse l’unico davvero importante e sinora riconosciuto solo a metà, è stato fatto fuori dalla nave. Al momento della richiesta d’aiuto partita dalla Norman Atlantic, i primi ad assumere la responsabilità dei soccorsi sono stati i greci, salvo poi rendersi conto di non essere in grado di gestire la cosa e lasciare, 3-4 ore più tardi, la ‘palla’ all’Italia. E questo è stato, in verità, l’unico ritardo nella gestione dell’emergenza.

Un ritardo che ha contribuito a costringere centinaia di passeggeri ad un’attesa lunga ore, decine di ore, sul ponte della nave in fiamme al freddo ed in balia delle onde. Racconta sempre la Theodossiou di essere stata raccolta da un elicottero dopo almeno diciotto ore: “C’è gente meno fortunata dietro di me che ha dovuto aspettare trenta ore. Si perde il senso del tempo, non stai lì a guardare l’orologio, ti sembra tutto un’eternità”.

Chi invece non è rimasto sul ponte in attesa dell’elicottero, alle prese anche con la furia animale di chi era disposto a farsi largo a pugni verso i verricelli, si è diretto verso le scialuppe. Alcuni sono in questo modo riusciti a salvarsi. Altri no. In molti sono morti affogati, complice anche il freddo dell’acqua che in poco tempo, alle temperature che si registrano in questi giorni in Adriatico, può fiaccare in breve tempo le resistenze anche di un fisico allenato.

Ed infine i morti: 10 più 2 soccorritori albanesi uccisi dal cavo di traino di un rimorchiatore che si è strappato. Bilancio che tutto è tranne che definitivo. Esistono infatti due liste passeggeri della Norman Atlantic, diverse nel numero e nei nomi degli imbarcati, e ci sono naufraghi salvati che non erano né nell’una né nell’altra. Considerando che a bordo c’erano con ogni probabilità dei clandestini, chiusi nei camion, il loro destino sarà stato anche peggiore e saranno morti bruciati.