Pre-pensione a 700 al mese e poi restituisci quando arriva pensione vera

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 29 Agosto 2013 - 15:12 OLTRE 6 MESI FA

pensioniROMA – La “bacchetta magica” per risolvere il problema esodati, come ha ammesso il ministro Enrico Giovannini, non c’è. Come non c’è “la volontà di stravolgere la riforma Fornero”, e così come non ci sono soldi pubblici in grado di farlo. E neanche ci sono i miliardi per fare quel che Cesare Damiano a nome del Pd e Cgil suggerisce al governo: introdurre il principio che si va in pensione come prima, a 58, 59, 60 anni e si viene per questo un po’ penalizzati sull’importo della pensione. Se si fa così, si fa prima a dire che la riforma Fornero è cancellata e non se ne parla più. L’altra idea per cancellarla quella riforma è quella di Susanna Camusso della Cgil: considerare esodati tutti quelli che sarebbero andati in pensione a 59 anni e che poi hanno perso un lavoro. Tutti, più o meno a vita.

No, tutto questo per Giovannini non si può fare, qualcosa però si può fare: un anticipo sulla pensione che accompagni in quell’interregno, per al massimo 2/3 anni, che separa la perdita o l’uscita dal lavoro dal raggiungimento dei requisiti per la pensione. Un contributo da restituire poi, negli anni, con trattenute sulla pensione stessa. Una soluzione che, se non altro, avrebbe il pregio di essere a costo zero.

L’idea è stata lanciata il 28 agosto, dal ministro del Lavoro Giovannini sul Sole24Ore. Il governo, ha ribadito Giovannini, non ha alcuna intenzione di fare un controriforma delle pensioni rispetto alla riforma Fomero e ritiene che le proposte di legge come quella dell’ex ministro Cesare Damiano (Pd) siano troppo costose per la finanza pubblica. “Diverso sarebbe – ha detto il ministro – uno schema per cui, supponiamo, chi è a due/tre anni dal pensionamento e lascia il lavoro potrebbe per tale periodo ricevere un sostegno economico, che poi dovrà ripagare negli anni successivi: si tratterebbe di una sorta di prestito, senza costi aggiuntivi sui sistema pensionistico”.

La soluzione che sta maturando, o che comunque potrebbe maturare, prevederebbe che il lavoratore cui manchino pochi anni al raggiungimento dei requisiti pensionistici, massimo 3, e si trovi senza lavoro, potrebbe chiedere una sorta di anticipo sulla pensione futura. Un contributo che il pensionando in pratica si “auto presterebbe” chiedendo di fatto un anticipo, comunque a costo zero, sui futuri assegni della pensione. L’importo di tale contribuito non sarebbe poi uguale a quello dell’assegno della pensione, ma ammonterebbe ad un massimo di 7/800 euro mensili, e verrebbe restituito con trattenute, basse ha specificato il ministro, sui futuri assegni. Trattenute che sarebbero di piccola entità perché spalmate su tutti gli anni per cui lo Stato prevede di pagare la pensione in questione.

Se questa ipotesi dovesse prendere corpo avrebbe l’indubbio vantaggio di essere a costo zero per le casse dello Stato, cosa che già da sola basta a renderla quantomeno interessante per tutti i così eterogenei alleati di governo. Rimarrebbe certo lo svantaggio dei 2/3 di contributo obiettivamente non faraonico prima, e delle pensioni ridimensionate, anche se di pochissimo, poi. Per non parlare di quanti, essendo ancora più lontani dalla pensione rispetto ai 3 anni citati dal ministro, non rientrerebbero tra i beneficiari dell’eventuale contributo.

Ovviamente sono ancora molti i dettagli da mettere a punto per trasformare quella che è poco più di un’idea lanciata tramite un quotidiano in un intervento legislativo. Ma se questa soluzione dovesse piacere, potrebbe trovar posto già nella legge di stabilità che in autunno andrà varata.