Pd, alle Primarie di san Silvestro voto libero per 600mila o tre milioni?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 13 Dicembre 2012 - 14:54 OLTRE 6 MESI FA
Pier Luigi Bersani (LaPresse)

ROMA – “Le primarie di San Silvestro“. Potrebbero passare alla storia con questo nome le consultazioni decise in casa Pd per la scelta dei prossimi candidati parlamentari. Una scelta coraggiosa e certo una gran mossa quella del partito democratico, non priva però di insidie e incognite.

In primis il fattore tempo che scarseggia vista la probabile data delle elezioni politiche a metà febbraio, e poi le regole per candidarsi e per votare alle nuove primarie volute da Pier Luigi Bersani e l’agitazione di parlamentari e “big” del partito preoccupati dal doversi contare e scontrare con avversari forse più preparati, come gli amministratori locali magari meno noti ma certo più radicati sul territorio e in contatto con l’elettorato. Per approfondire : Primarie parlamentari Pd. Dove e quando si vota, regole e candidature

Si faranno, quasi certamente, il 29 e il 30 dicembre prossimo le primarie per la scelta dei candidati a Camera e Senato del Pd. Le ha volute il segretario Pierluigi Bersani e sono state accettate all’unanimità dalla direzione del partito. Un po’ per uscire dall’angolo mediatico in cui il ritorno in campo del cavaliere aveva spinto il Pd, ma soprattutto per tentare di correggere il Porcellum che le liste cala dall’alto sugli elettori.

Una grande prova di coraggio, ottima per recuperare consensi anche tra chi della politica si dice stufo e disgustato. Mettersi in gioco, dare la possibilità ai cittadini di scegliere chi far entrare nelle liste che l’attuale legge elettorale vuole bloccate e scelte dalle segreterie di partito è, probabilmente, una delle migliori mosse politiche che il centro sinistra possa vantare negli ultimi anni. Bene quindi queste primarie che porteranno qualche volto nuovo in Parlamento e molti elettori nuovi al Pd. Ma porteranno in dote anche qualche grana.

Innanzitutto i tempi. Con ogni probabilità per le politiche si voterà a metà febbraio di conseguenza, per organizzare le primarie, bisognerà come ha riconosciuto lo stesso Bersani “fare uno sforzo sovrumano, ai limiti dell’impossibile”. Poco più di 15 giorni per definire tutto, dalle regole ai gazebi. E tempi che mettono in crisi non solo gli organizzatori ma anche molti parlamentari attualmente in carica che, sino al 21 dicembre, saranno impegnati in Parlamento e avranno quindi pochissimo tempo per cercare i consensi che gli servono per essere di nuovo candidati.

Ma mentre i tempi sono decisi da altri, dalla data delle politiche, e non suscitano quindi polemiche, diverso il discorso per le regole. I renziani, nonostante il sindaco di Firenze abbia detto che le primarie sono sempre le benvenute, storcono il naso e fanno qualche distinguo. Così come dalemiani e veltroniani preoccupati forse oltremisura dal pericoloso confronto e dalla pericolosissima conta che li aspetta. E poi chi potrà votare? Di certo gli iscritti al Pd, circa 600 mila. Probabilmente tutti quelli che hanno votato alle primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra, 3 milioni e mezzo di persone. Una bella differenza di platea che qualcuno suggerisce di risolvere con una salomonica ma difficilmente attuabile via di mezzo: potranno votare gli iscritti e i votanti delle primarie che decidano poi di iscriversi al partito.

Alla fine voteranno verosimilmente tutti quelli che già lo hanno fatto alle precedenti primarie di coalizione, ma la questione è ancora in attesa di definizione come in attesa di definizione è chi potrà partecipare. Quello che appare certo è che non ci si potrà autocandidare ma bisognerà passare attraverso una “certificazione e accettazione” da parte del partito e, per accedervi, serviranno firme o autorizzazione da parte delle giunte di cui si è membri.

L’organizzazione, e soprattutto la definizione delle regole, è comprensibilmente ancora in alto mare. Per ora è stata avviata una consultazione con i segretari regionali e i nodi verranno chiariti nella direzione di lunedì prossimo che dovrà stilare il regolamento. Nel frattempo però la decisione di fare queste primarie ha gettato nel panico molti parlamentari che vedono a serio rischio il loro accesso alle prossime liste.

A differenza di senatori e deputati, che non hanno da anni rapporti diretti con il territorio e gli elettori venendo da un elezione con liste imposte, gli amministratori locali come sindaci, consiglieri regionali e comunali hanno uno strettissimo rapporto con gli elettori che li mette in un’indubbia condizione di forza rispetto ai loro colleghi romani. Se a questo poi si aggiunge che “gli anziani” dovranno chiedere una deroga per essere di nuovo candidati si capisce perché i big del partito all’idea di quello che li aspetta non facciano salti di gioia.

Pier Luigi Bersani ovviamente non parteciperà a queste consultazioni in quanto già scelto quale candidato premier, e si riserverà con ogni probabilità una quota del 10% dei candidati per ovviare alla necessità di avere una quota di futuri parlamentari “tecnici”, cioè conoscitori della macchina e delle cose di governo. Necessità vera che rischierebbe di venir disattesa in caso di scelta totalmente lasciata alle primarie ma che rischia di trasformarsi in un feudo, in una pattuglia di fedelissimi che il segretario avrà intorno a sé.

Ipotesi, problemi e difficoltà che fanno trepidare e non poco molti all’interno del Pd, ma primarie che convincono, e moltissimo, gli elettori.