Dopo Ratzinger fine del Papa “Infallibile”. Dogma e flatus dei non reggono più

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 14 Febbraio 2013 - 14:41 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un dogma è almeno per i cattolici  una verità assoluta, quella sul Papa infallibile quando parla ex cathedra, cioè di dottrina e fede, la Chiesa l’ha scoperta appena un secolo e mezzo fa. E ne ha fatto un dogma di cui prima evidentemente per quasi una ventina di secoli non aveva sentito il bisogno. Papa infallibile quando parla di fede e dottrina perché in quel momento in comunione con il divino, papa infallibile perché investito da una sorta di flatus dei. E’ questa l’infallibilità del Papa sancita nel 1870 da Pio IX. Se un papa si dimette e Ratzinger si è dimesso da Papa ne consegue che dismette anche l’infallibilità. E dismette anche il flatus dei, la doppia natura di se stesso umano eppure oracolo divino quando parla di fede. Ma se un umano può decidere quando e se il flatus dei spira ed è attivo, se esserne investiti è una decisione sotto l’umana potestà, che ne è del divino?

Bella domanda per la Chiesa: cosa sarà di questa infallibilità con il Papa non più Papa l’ha spiegato, o almeno ci ha provato, padre Lombardi, portavoce della sala stampa vaticana. Quello che il gesuita non ha però spiegato è però cosa sarà dell’elemento divino connesso all’infallibilità: ne seguirà il destino oppure no? Questione non da poco visto che riguarda il rapporto tra uomo e Dio, tra Chiesa e divino.

L’infallibilità, ha detto il portavoce vaticano, “è connessa al ministero petrino, non alla persona che ha rinunciato al Pontificato”. E quindi dalle 20.01 del 28 febbraio Benedetto XVI non sarà più Benedetto e tornerà ad essere semplicemente Joseph Ratzinger, dicendo addio ad anello, ruolo e anche infallibilità. Spiegazione forse un po’ semplicistica per un problema che la Chiesa e i teologi si trovano per la prima volta ad affrontare. Quando Celestino V fece il “gran rifiuto” non era ancora infallibile e di conseguenza, almeno questo problema, non si pose. Spiegazione apparentemente troppo semplice per l’implicita semi-divinità connessa all’infallibilità sancita che non sembra possa essere liquidata con un altrettanto semplice “rinuncio”. Perché se si può rinunciare al ruolo, e con questo all’infallibilità, può un uomo rinunciare anche all’ispirazione divina che parla per sua bocca? Anche e soprattutto in considerazione che il divino in lui infuso non dovrebbe, proprio in quanto divino, nelle disponibilità umane. E se il divino ha parlato per sua bocca, per bocca di un uomo, che fa si trasferisce? Passa ad altra mente, cuore e bocca, trasloca? E se entrame le bocche, entrambi gli uomini sono vivi, sia pure l’uno ancora infallibile e l’altro non più, come avviene che il tocco della divinità in uno si spegne mentre si accende nell’altro?

Quando nel luglio 1870, con la costituzione Pastor Aeternus, l’allora Papa Pio IX introdusse il dogma dell’infallibilità mai si sarebbe probabilmente aspettato che questa sarebbe stata il cruccio di un futuro Papa dimissionario e anche di quello che il Conclave andrà ad eleggere. Il panorama che l’allora Pontefice aveva di fronte era quello di un’Europa sull’orlo di grandi guerre e soprattutto di un’Italia a cui mancava solo Roma per completare la sua unità territoriale. Stava assistendo Pio IX alla fine del potere temporale della Chiesa Cattolica. Fu quindi una sorta di reazione istintiva, di difesa automatica l’accentramento del potere nella sua figura. Una sorta di riunione intorno alla figura centrale per tenersi saldi di fronte alla tempesta che si stava attraversando. La genesi di questo dogma affonda quindi le sue radici in quel particolare contesto storico culturale ma, va da sé, le sue conseguenze arrivano sino a noi e sono, all’indomani delle clamorose dimissioni, particolarmente significative.

Presuppone e contiene in sé il dogma in questione una scintilla divina. Il Papa può essere infallibile, non lo è infatti sempre ma solo in materia di fede e solo quando parla ex cathedra, in quanto vicario di Cristo in Terra. Quando esercita cioè l’infallibilità esercita un potere che gli deriva direttamente da Dio. Ma, e la questione è questa, se l’infallibilità ha un “marchio” divino, può un uomo rinunciarvi? Può rinunciare ad un potere datogli da Dio in persona, seppur per mano dei Cardinali che l’hanno eletto? Può cioè liberamente disporre dell’elemento divino quello che è solo un uomo?

Un interrogativo che molti potrebbero aver la tentazione di risolvere con la più classica delle spiegazione fornite dalla Chiesa nel coso della sua storia, e cioè “è questa la volontà di Dio anche se per noi uomini è talvolta incomprensibile”. Spiegazione che può andar bene forse a catechismo mentre, già per gli esperti di diritto canonico, appare insufficiente. Per questi serve il chiarimento fornito da padre Lombardi. Ma né la prima né la seconda riescono a soddisfare e chiarire i dubbi dei teologi che sulla questione si stanno interrogando.

Piero Bellini, non a caso, accademico dei lincei e professore emerito di storia del diritto canonico, fa notare al Corriere della Sera che la questione posta da Papa Wojtyla (“Non si scende dalla Croce”) un fondamento ce l’ha. Le dimissioni sono infatti previste sì dal punto di vista giuridico, ma non sempre questo corrisponde al diritto etico. “Se la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo il suo capo partecipa di quel misticismo. E se il Papa ha una vicarìa celeste, cioè un potere che gli viene da Dio, allora quel potere non cessa”. E, a differenza di un funzionario o un amministratore di azienda, spiega, ha il dovere di continuare ad esercitare il proprio compito del quale deve rispondere a Dio.

Fuori dal dibattito colto la questione non muore, anzi. Il Papa che si dimette e quindi smette di essere infallibile racconta a tutti i cattolici ma anche a tutti gli esseri umani di ogni fede o senza fede religiosa che la infallibilità del Papa null’altro è che una costruzione umana, fatto storico e non divino, fatto storico con data di nascita 1870 e data di scadenza probabilmente 2013. Come molti altri dei precetti e cardini della Chiesa cattolica che è anch’essa storia, storia viva che muta, storia di uomini che credono nel divino e non storia del divino che ordina e dispone gli uomini. La compresenza in vita di un uomo che fu Papa e di un altro che lo sarà demolisce le radici della infallibilità papale e tra le radici taglia anche quella del tocco divino, del divino, diretto e immediato intervento della divinità che farebbe del Papa un suo ventriloquo in materia di fede e dottrina. Dopo Ratzinger il Papa si fa, torna a farsi quello che è: il capo della Chiesa cattolica, il simbolo di Cristo in terra, la guida per i fedeli, il pastore del gregge. Un uomo che aiuta a trovare dio ma che non è né infallibile né, tanto meno, l’abitacolo, sia pur momentaneo, della divina voce.