Brescia, Siena, Treviso: in Renzi signo vinces. Sindaci suoi sui campi più duri

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 11 Giugno 2013 - 14:50 OLTRE 6 MESI FA

Letta e Renzi

ROMA – Sedici capoluoghi a zero, cinquantaquattro Comuni su novantadue conquistati, più sindaco di Catania eletto al primo turno in Sicilia… Quella del centrosinistra e del Pd alle ultime amministrative è più che una vittoria, è un successo clamoroso  e persino inaspettato, almeno per le sue dimensioni. Ma, dentro la vittoria del Pd e del centro sinistra, c’è vittoria e vittoria. Non solo e non tanto per i riflessi che la Waterloo del Pdl avrà sul governo Letta, ma per le ripercussioni che il trionfo avrà sul Pd. A Brescia, Siena e Treviso, i tre “campi” forse più difficili, ognuno per le sue ragioni, il Pd ha vinto, ma lo ha fatto con dei candidati renziani.

A Roma i democratici sono usciti vincitori nella partita più importante, ma lo hanno fatto avendo come “generale” Ignazio Marino, certamente non renziano ma altrettanto certamente non un ortodosso del partito che, infatti, alle primarie aveva schierato e appoggiato David Sassoli e non Marino. Una grande e straordinaria vittoria quindi, che però non risolve affatto i problemi in cui il partito ora di Guglielmo Epifani si dibatte. Marino, candidato e sindaco “irregolare” nelle fila del Pd.

Pd che vince le amministrative perché ancora un po’ almeno radicato nel territorio e con una classe dirigente locale che almeno in parte conserva qualche competenza e affidabilità. Così per i democratici è stato relativamente agevole confermarsi lì dove già governavano. Che il Pdl nelle elezioni amministrative sia tradizionalmente meno efficace lo si sapeva, e che il M5S avesse lo stesso scarso radicamento lo si intuiva, anche se i risultati dei due, specie del secondo, nessuno li avrebbe immaginati alla vigilia del voto.

Dove però la questione non era confermarsi, dove la partita che si giocava era più in vario modo più complessa e difficile, il Pd è stato portato alla vittoria da giocatori che sono sì nella sua squadra ma che, per continuare sulla falsariga del paragone calcistico, non seguono alla lettera l’allenatore. Nella Capitale il copione è stato assolutamente particolare, con Marino che nelle primarie ha eliminato il candidato “della segreteria” Sassoli e nei due turni è riuscito a sconfiggere Gianni Alemanno. Sindaco uscente che era dato sfavorito grazie ai suoi 5 anni di governo disastroso o, come dice lui, a causa del non essere riuscito a spiegare agli elettori quello che aveva fatto, ma sindaco uscente che, nonostante lo sfavore del pronostico, dopo le elezioni di febbraio faceva paura.

In altre città poi, come ad esempio Siena, Treviso e Brescia, i sindaci per alcuni versi clamorosamente vincitori, sono renziani di ferro. A Siena Bruno Valentini è riuscito a vincere al ballottaggio nonostante pesasse sulle elezioni e sul Pd l’ombra lunga e pesante dello scandalo Montepaschi. A Treviso, Giovanni Manildo, è diventato con il 55% delle preferenze il nuovo primo cittadino battendo niente  meno che Giancarlo Gentilini, uomo di punta della Lega da quasi due decenni ormai leader indiscusso della zona. E a Brescia, Emilio Del Bono, ha vinto la partita contro Pdl e Lega volendo al suo fianco solo il sindaco di Firenze.

Ingiusto sarebbe definire la vittoria del Pd come una vittoria di Pirro. Ma è il risultato di queste amministrative è un risultato gravido di significati e conseguenze per i democratici. Da una parte la tenuta dell’esecutivo Letta. Perché se è vero che con questi numeri Silvio Berlusconi sarà meno tentato dall’andare nuovamente al voto, è anche vero che gli stessi numeri daranno forza e voce all’ala “dura e pura” del Pdl, quella che non voleva l’accordo di governo e che crede che questo penalizzi, forse a ragione, il partito del Cavaliere. E dall’altra il futuro del partito stesso. La sconfitta di febbraio, perché di questo si è trattato, non può certo finire nel dimenticatoio grazie ai risultati di ieri. Nonostante i sindaci eletti, gli elettori del Pd sono diminuiti, Marino ad esempio ha preso meno voti di quanti ne prese Francesco Rutelli 5 anni fa, perdendo. Come si dice nel calcio, bisognerebbe partire dai 3 punti conquistati, ma il rischio che la vittoria con i gol dei “dissidenti” aumenti le divisioni dello spogliatoio, esiste.

Calcoli, opinioni, tesi, timori, speranze: tutti e tutte tanto fondati quanto impalpabili. Siena, Treviso e Brescia sono però tre coincidenze troppe per essere tali: quando si tratta per il Pd di rompere lo schieramento avversario, quando si tratta di costruire ex novo una nuova maggioranza di elettori nelle urne, allora l’operazione riesce nel segno di Renzi. Qui, ora e per il momento se vuoi vincere le elezioni prendendo i voti degli altri oltre che i tuoi è in Renzi signo vinces. Domani…del doman non c’è certezza…però qualche indizio sì.