Siffredi falso sindaco di Palermo, ma le elezioni sono un bordello vero

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 29 Marzo 2012 - 15:29 OLTRE 6 MESI FA

PALERMO – “Su Facebook furoreggia la candidatura del pornodivo Rocco Siffredi a sindaco di Palermo, “perché la nostra città ha bisogno di misure straordinarie”, con tanto di slogan allusivi: “In basso al centro”. Una goliardata. O magari no…” scrive Massimo Gramellini nel suo Buongiorno su La Stampa. Ad onor del vero la presunta candidatura del pornodivo ha superato i confini del social network: ne parlano il web, le radio e anche i giornali. Vera o fantomatica che sia la candidatura di Siffredi a sindaco di Palermo sembra adatta ad una campagna elettorale che somiglia più ad un confuso, allegro, grottesco e osceno “bordello” che ad uno scontro politico: primarie col risultato “sbagliato”, poi accettato, poi negato. E coalizioni che si rompono se ai “coalizzati” il risultato delle primarie non piace, altre coalizioni che però non si saldano e coalizzano mai, voci di inciuci, amici ed ex amici l’un contro l’altro armati… In questo contesto un pornodivo non sfigurerebbe certo.

A parte la facilità con cui si troverebbero slogan deliziosi, la candidatura del Rocco nazionale sembra esser poco credibile, mentre assolutamente vero è il panorama desolante che la corsa alla poltrona di sindaco del capoluogo siciliano sta offrendo.

Nelle brutte figure il là lo ha dato il Pd, anzi la sinistra tutta, con le “grandi primarie di coalizione”. Accordo trovato tra il partito di Bersani, l’Idv e la sinistra di Vendola per sostenere Rita Borsellino che però, purtroppo, ha avuto la malaugurata idea di uscire sconfitta dalle urne. A spuntarla è l’ex Idv Fabrizio Ferrandelli, inviso proprio al partito di Antonio Di Pietro. La Borsellino, dopo qualche tentennamento dovuto anche a pressioni romane, si è defilata. Così la grande coalizione nascente si è spaccata ancor prima di unirsi e le primarie, da strumento di democrazia, sono diventate una pagliacciata. Buone quando danno il risultato atteso e cattive quando ne danno un altro. Infatti Leo Luca Orlando ne fa carta straccia.

Forse la Borsellino sarebbe stata una candidata migliore rispetto a Ferrandelli e forse no, ma scoprire che le primarie non vanno bene dopo averle fatte somiglia all’ultrà che grida “cornuto” all’arbitro che ha concesso un rigore sacrosanto. Strano all’estero e normale in Italia. Tanto che l’Idv compatta ha rinnegato Ferrandelli, beneficiato dagli ex amici di supposta somiglianza estetica e politica con Cetto Laqualunque, e scelto un altro candidato. Uno che aveva giurato “in aramaico” su youtube che mai si sarebbe candidato: Leoluca Orlando. “Lo dicevo per una coalizione compatta – ha giustificato la sua inversione di rotta in tema candidatura Orlando – Non per primarie indecenti. Ho calcolato che dei 30 mila votati nei gazebo quasi 8 mila elettori non erano del centrosinistra” ha detto il neo candidato. Anche se non ha spiegato come ha fatto il calcolo ne tantomeno perché prima della consultazione non si fosse posto il problema dei votanti “esterni”.

Ma altre ombre si addensano sul candidato Idv, si parla addirittura di inciucio. Inciucio con il candidato del Pdl: il giovane presidente del Coni Massimo Costa. Gli interessati smentiscono, e non potrebbero fare altrimenti, ma i dubbi rimangono. Proprio nel Pd, fra quanti appoggiano l’ex Idv Fabrizio Ferrandelli, c’è chi dà per certo l’aggancio dell’“Orlando furioso”, come lo definisce il Corriere, con il trentenne schierato da un pezzo di centrodestra raccolto attorno ad Alfano e Cascio, Schifani e Micciché. “Vedrete, s’accordano per il ballottaggio”, ha tuonato Antonello Cracolici, presidente dei deputati Pd all’Assemblea regionale. Gianfranco Micciché, il leader autonomista di Grande Sud, autocandidato alla presidenza della Regione, corregge il tiro e ammette che “non esiste nessun accordo sotterraneo con Orlando, ma non posso negare che la sua candidatura ci favorisce…”. Inciucio o no, è evidente che una sinistra che presenta più candidati è inevitabilmente più debole.

Ma se a sinistra si è dato il peggio, non si può certo prendere la destra ad esempio. Il candidato Costa è infatti sostenuto dal Pdl, anche se targato Udc, scelta che però non è affatto piaciuta a Fini, altro pilastro del Terzo Polo insieme a Casini.

E allora, in un contesto simile che definire “bordello” non stona, la candidatura di Rocco Siffredi più che come una boutade potrebbe assomigliare ad una seria presa di posizione. “Credono davvero di andare o tornare al governo nel 2013, come i nobili francesi del 1789 pensavano di bazzicare in eterno la corte di Versailles?” si domanda ancora Gramellini. Evidentemente sì, ma un uomo con i numeri di Rocco potrebbe riportarli alla realtà.