Mai più Stamina e Di Bella. Decreto anti cura fai da te e multinazionali truffa

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 22 Gennaio 2015 - 13:50 OLTRE 6 MESI FA
Davide Vannoni

Davide Vannoni

ROMA – Mai più un caso Stamina in Italia. Il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha firmato il decreto che, mandando in pensione il vecchio pacchetto Turco, vara la nuova e decisamente più rigida regolamentazione delle cure compassionevoli. Un mondo, quello delle cosiddette ‘cure compassionevoli’, che troppo spesso confina e sconfina nella truffa ma che, solo negli Usa, vale qualcosa come 35 miliardi di dollari. I vari Vannoni, Di Bella e simili non esistono infatti solo nel Belpaese, ma loro o loro omologhi danno corpo a quella che a livello mondiale ha le sembianze di una vera e propria multinazionale e che a Washington (ma anche in Cina) è una ricca e potente lobby.

La ricerca di cure alternative a quelle dalla scienza riconosciute ed applicate è, ovviamente, una ricerca che coinvolge tutti gli essere umani. O meglio, è una ricerca che si applica universalmente e che porta anche alla scoperta di nuovi farmaci e all’elaborazione di nuove cure. Senza ricerca la scienza non progredirebbe e con lei anche la lotta alle malattie rimarrebbe al palo. Il punto è però, in questo caso, il metodo: quello scientifico produce fallimenti e successi a seconda dei casi; quello ascientifico produce, invece, spesso delle truffe che si reggono sulle illusioni e sulle paure dei malati.

Una realtà universale quindi che, declinata nella sua forma a o poco scientifica, ha contribuito alla nascita del turismo della salute. A proposito di questo i più attenti ricorderanno l’opzione Capo Verde che proprio Davide Vannoni, l’ideatore di Stamina, voleva mettere in piedi: ‘cacciato’ dall’Italia la sua idea era, con i soldi dei pazienti disposti a collaborare, creare nell’arcipelago africano un centro dove praticare il suo metodo. E di centri simili, non di Stamina ma di altre cure che all’approccio scientifico sono allergiche, ne è pieno il mondo: dal Messico alla Thailandia, dalla Cina all’Uganda e fino al Kazakistan. Una ‘rete’ che vede probabilmente il suo vertice, o comunque uno dei suoi più potenti rappresentanti, accomodato a Washington dove opera una potente lobby che preme per liberalizzare l’accesso a qualsiasi cura che non sia validata. Con la non piccola differenza che, in America, a pagare le cure non è lo stato ma sono i cittadini tramite le assicurazioni.

Ma torniamo alla realtà italiana dove a pagare le cure è lo Stato. Da noi il problema è duplice: da una parte il punto fondamentale, e cioè la salute dei pazienti, e dell’altra il costo per la collettività. Con il decreto appena varato si punta ad avere un approccio più scientifico anche nei confronti delle cure compassionevoli, e cioè quelle non o non ancora dimostrate scientificamente valide e, dall’altro, con pali e paletti si cerca di eliminare o almeno rendere la vita molto più difficile a chi in questo campo opera senza scrupoli alla ricerca di facili guadagni.

La nuova legislazione in materia affida all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, tutti i poteri di autorizzazione e controllo sui cosiddetti “medicinali per terapie avanzati, preparati su base non ripetitiva”, ossia non industrialmente. D’ora in poi le terapie potranno essere autorizzate solo caso per caso e non per intere categorie di pazienti, come richiede invece anche negli Usa la lobby del business sulle cure compassionevoli e com’è accaduto da noi per il “metodo Vannoni”.

“Il decreto metterà i pazienti al riparo da possibili truffe e speculazioni, come purtroppo avvenuto in occasione della vicenda Stamina”, ha promesso la Lorenzin. E di barriere anti-truffa il decreto è infatti pieno. In primis la domanda di autorizzazione da inviare all’Aifa, oltre a indicare “tutti i dati di sicurezza ed efficacia provenienti da sperimentazioni cliniche eventualmente disponibili”, dovrà anche riportare “il fondamento razionale proposto”. Che altrimenti detto significa che anche senza una sperimentazione che ne dimostri l’efficacia, il trattamento dovrà risultare valido almeno da un punto di vista teorico.

In secondo luogo l’Aifa autorizzerà farmaci o terapie cellulari non sperimentate solo “caso per caso” e solo “in mancanza di alternativa terapeutica, nei casi di urgenza ed emergenza che pongono il paziente in pericolo di vita”. Inoltre, le “terapie avanzate” dovranno essere prodotte “in conformità ai principi delle norme europee di buona fabbricazione dei medicinali”.

Infine, le terapie non ancora testate potranno essere somministrate “esclusivamente in un ospedale pubblico, clinica universitaria o istituto di ricovero e cura a carattere scientifico siti nel territorio nazionale”. E la somministrazione dovrà avvenire “sotto l’esclusiva responsabilità professionale di un medico”. Medico che dovrà comunque richiedere il consenso informato al paziente e assicurare la tracciabilità del prodotto e del paziente trattato per 30 anni. Questo per impedire donazioni anonime e per monitorare l’esito dei trattamenti nel tempo. E in caso di inefficacia delle cure l’Aifa potrà sospendere tutto.