In tasca 108.700 a cranio, 20mila l’anno per campare. Italia impossibile ma vera

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 10 Aprile 2013 - 15:24| Aggiornato il 3 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Molto più dei tedeschi e un po’ più dei francesi. La ricchezza netta pro capite degli italiani è pari a 108.700 euro, 4.500 euro più che oltralpe e quasi 15.000 più che in Germania. Eppure siamo, noi italiani, tra quelli che in Europa guadagnano meno: il nostro reddito lordo medio è infatti di appena 20.000 euro, ben 3.500 euro sotto la media dell’eurozona. Un Paese apparentemente impossibile, con una ricchezza pro capite consistente ma con un reddito pro capite molto basso, un Paese con tanti poveri (16,3% della popolazione) ma con pochissimi debiti. Un Paese che, come raccontano i dati raccolti dalle banche centrali di quasi tutta l’eurozona (tra i 17 solo Irlanda ed Estonia non hanno partecipato) per uno studio voluto dalla Bce, deve molta della sua ricchezza al mattone e che questa ricchezza, ora, si sta mangiando.

L’indagine commissionata dalla Banca Centrale Europea ha coinvolto 15 paesi su 17 dell’Eurozona, i dati appena pubblicati si riferiscono al 2010 e non tengono quindi conto dell’ultimo biennio che ha visto le cose nettamente peggiorare per il nostro Paese, ma sono comunque interessanti. Dallo studio emerge che siamo un Paese ricco, tra i primi posti per ricchezza accumulata con 275 mila euro a famiglia rispetto ai 231 mila di media per l’area euro, meno della Spagna (il paese più ricco è Lussemburgo) ma più della Francia e della Germania. Se si guarda poi ai valori pro capite l’Italia è alla pari della Spagna a quota 108 mila 700 euro, seguita da Francia (104.100 euro) e da Germania (95 mila 500 euro). Un dato per alcuni versi sorprendente e che sorprende ancor più se messo in relazione ai redditi medi dei paesi appena citati. L’Italia è infatti al non posto su 15 per il reddito per famiglia, con circa 37 mila 850 euro, poco più di 3 mila euro al mese, e addirittura al decimo posto per reddito pro capite con circa 20 mila euro rispetto ad una media dell’eurozona di 23.500. Le stranezze non finiscono però qui, l’Italia è infatti allo stesso tempo anche uno dei paesi con la quota di poveri più alta, al 16,5% contro una media del 13%, e uno di quelli in cui le famiglie che hanno debiti sono meno, appena il 25% rispetto ad una media del 44%.

Ma come è possibile essere tra gli ultimi per reddito e tra i primi per la ricchezza accumulata? Una risposta unica non c’è, diversi sono i fattori che contribuiscono a questo risultato. In parte, in questo caso minima, un peso lo ha anche l’economia sommersa, dato che però nell’analisi fatta dalla Bce viene tenuto in considerazione e quindi quantificato. Altro serve quindi a spigare la “follia” italiana, e questo altro è l’alta percentuale di possessori di case nel nostro Paese, elemento che serve ad alzare l’asticella media della ricchezza nostrana, mentre l’altro è l’erosione. E’ vero cioè che noi italiani siamo “ricchi”, ma di una ricchezza che non costruiamo più e che abbiamo ereditato dal passato. Ricchezza che certo non possiamo consolidare con redditi di 20 mila euro annui e ricchezza che ci serve per mantenere il nostro tenore di vita. In altre parole quella ricchezza sopra la media fotografata dalla Bce altro non è che il grasso a cui stiamo attingendo in questi anni di magra. Grasso messo su e da parte quando la nostra economia correva e quando i nostri redditi crescevano.

Non è un caso poi che anche gli spagnoli risultino più ricchi di tedeschi e francesi. A Madrid e Barcellona quasi l’80% per cento dei cittadini possiede una casa, da noi quasi il 70% della popolazione ha investito nel mattone, a fronte di una media dell’eurozona del 60%. In Germania invece, dove si prediligono gli affitti, i proprietari di immobili sono poco più del 40% della popolazioni. Percentuali che aiutano a comprendere come sia possibile che italiani e spagnoli abbiano più ricchezza accumulata rispetto a tedeschi e francesi. Oltretutto, come lo stesso studio spiega, gli investimenti finanziari sono per le banche più difficili da quantificare e sono, questo tipo di investimenti, molto meno diffusi da noi rispetto che altrove.

Diversi quindi gli elementi che concorrono allo “strano caso Italia”. Guardando poi oltre lo studio Bce, e ricorrendo ai dati Istat per arrivare all’attualità, quel che emerge è il progressivo impoverimento delle famiglie italiane che nel 2012 hanno potuto contare su un reddito disponibile ridotto del 2,1% rispetto al 2011 e che hanno visto il loro potere di acquisto diminuire del 4,8% con un accelerazione del calo nell’ultimo trimestre quando la contrazione su base annua è risultata del 5,4%. Considerando poi che il 2013 per ora non promette bene, visto che le retribuzioni, monitorate sempre dall’Istituto nazionale di statistica, sono rimaste ferme a febbraio rispetto a gennaio, crescendo solo dell’1,4% su base annua, appare chiaro che quei 108 mila euro di ricchezza pro capite altro non sono che la ricchezza che i nostri genitori hanno accumulato. Una ricchezza che, con questi redditi, è destinata ad erodersi e sparire in breve tempo, ponendo così fine all’anomalia chiamata Italia.