Charlie Gard, il diritto di morire e anche vivere

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 5 Luglio 2017 - 09:08 OLTRE 6 MESI FA
Charlie Gard, il diritto di morire e anche vivere

Charlie Gard, il diritto di morire e anche vivere

ROMA – L’ospedale pediatrico “Bambin Gesù” di Roma,  di proprietà e territorio stesso dello Stato Vaticano, si offre di ospitare il piccolo Charlie Gard, condannato a morte da una malformazione genetica.

Purtroppo, il suo non è solo un destino di morte ma anche di atroci sofferenze.

Illustri clinici di un Paese avanzatissimo dal punto di vista scientifico, lo hanno confermato dopo approfondite indagini.

Difficile possano essersi sbagliati.

La decisione della CEDU (Corte Europea per i Diritti dell’Uomo) è intervenuta solo dopo che erano stati esperiti tutti i rimedi interni della giurisdizione inglese (come del resto previsto dal trattato istitutivo della Corte di Strasburgo) e pertanto, anche dal punto di vista giuridico, la questione è stata prima posta al vaglio di tre gradi di giudizio di un Paese all’avanguardia nella tutela dei diritti umani.

Non può quindi ragionevolmente sostenersi che non siano state meditate le decisione dei medici e dei giudici inglesi che hanno deciso che a Charlie doveva essere staccata la spina dei macchinari, solo grazie ai quali è tenuto in vita.

Le campagne internazionali, di stampa e di opinione pubblica, contro le decisioni adottate Oltremanica, sono il frutto più di prese di posizione ideologiche che altro.

Reazioni che non tengono in nessun conto il valore della dignità umana ed il diritto di Charlie Gard di non soffrire inutilmente.

Se pure è comprensibile il dolore dei genitori per la prossima e più che probabile perdita del proprio figlio, non è ammissibile che venga privilegiata la loro volontà rispetto all’obbligo morale di evitare inutili sofferenze ad un essere umano che non può decidere del proprio destino.

Questo è il motivo per cui i medici inglesi si sono rivolti alla magistratura inglese.

Per essere, dopo attente e ponderate valutazioni, autorizzati dai giudici ad interrompere delle cure che in realtà cure non erano più, essendosi col tempo tradotte solo in un indecente e accanimento terapeutico senza speranza.

Intervenire per evitarlo era dunque un imperativo categorico morale per i medici du Londra, per fortuna non obnubilati dalla mistica della sofferenza suggerita da una ideologia astratta e crudele.

La proposta dell’Ospedale Bambin Gesù, ricordiamolo, soggetto alla sovranità politica oltre che territoriale dello Stato di Città del Vaticano , oltre che irricevibile per motivi etico-sanitari ed anche giuridici, rappresenta una indebita ingerenza di uno Stato estero, la Santa Sede, in decisioni adottate da un altro Stato sovrano quale è l’inghilterra.

Mascherare la proposta come intervento umanitario è veramente risibile.

Come se “l’estradizione sanitaria” dovesse avvenire dal Burundi e non dalla Gran Bretagna.

Scelta strumentale e politica,perciò ancora più indegna, è poi la proposta di Trump di “ospitare” il piccolo Charlie in qualche struttura sanitaria nordamericana, giunta peraltro solo dopo l’annuncio da parte dei genitori di aver raccolto fondi economici sufficienti per coprire i costi  delle cure sperimentali necessarie.

In USA, il diritto alla salute non è universale, ancor meno oggi con Trump e le sue proposte di abolizione della “Obamacare” che aveva almeno permesso l’accesso alle cure a 40 milioni di americani indigenti e dunque impossibilitati a dotarsi di costose polizze sanitarie.

Come leggere dunque la sortita di Trump se non come una furbastra trovata necessaria ad ingraziarsi la potente lobby pro-life a lui tanto utile?

Tra i traffici politici di Trump e la sublimazione della sofferenza tanto cara ai responsabili del Bambin Gesu’, difficile immaginare una fine peggiore per il piccolo Charlie.