Referendum Catalogna. Puidgemont l’ha studiata bene. Ecco perché il Belgio non lo manderà in Spagna…

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 28 Novembre 2017 - 12:45| Aggiornato il 2 Ottobre 2018 OLTRE 6 MESI FA
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Referendum Catalogna. Puidgemont (nella foto Ansa) l’ha studiata bene. Ecco perché il Belgio non lo manderà in Spagna…

ROMA – Dal dorato esilio delle Fiandre l’ineffabile Puigdemont si è detto disponibile “a collaborare con le autorità spagnole”. Non che abbia chiarito bene in cosa consista questa disponibilità alla “collaborazione“.

Di fatto, dopo aver concluso la sceneggiata del referendum con una dichiarazione di indipendenza di cui si sarebbe vergognato anche il presidente dello stato libero di Bananas, ha preso il treno, è andato a Marsiglia e da li in aereo è volato a Bruxelles. Imbarcarsi direttamente da Barcellona infatti, lo avrebbe esposto al ridicolo ancora di più di quanto non sia gia accaduto.

Ha sostenuto di essere andato in Belgio per essere più vicino alle istituzioni europee. Le avrebbe volute coinvolgere in un improbabile negoziato che tutti gli stati aderenti alla UE hanno già bollato come impraticabile.

La vicenda è affare interno della Spagna, come si sono affrettati subito a chiarire a Bruxelles ma anche a Berlino, Parigi, Roma…

Infine, lo stesso premier fiammingo Geert Bourgoise ha precisato che, una volta esclusa la ovvia impossibilità del riconoscimento dell’asilo politico, la questione della estradizione verrà trattata nelle sedi giudiziarie competenti, cioè davanti alla magistratura belga chiamata a decidere sul mandato d’arresto europeo gia avanzato dai giudici spagnoli.

Puigdemont dunque è già con un piede su di un aereo con destino Madrid?

Non è scontato.

Se è difficile infatti scorgere una raffinata sensibilità politica nel leader catalano nella scelta di coinvolgere le istituzioni comunitarie nel suo progetto secessionista, è invece ragionevole ritenere che abbia scelto il Belgio come “esilio” dove attendere gli eventi futuri, perché questo è il Paese europeo dove meglio è possibile difendersi dalle accuse che gli vengono mosse dalla Spagna.

È un Paese composto da comunità (fiamminga e vallonia) sensibili alle problematiche autonomistiche, qualche volta tentate dalla avventura secessionista.

Ma soprattutto è un Paese dotato di una legislazione fortemente garantista. Dal 2002, tutti i Paesi aderenti alla UE sono stati obbligati a dotarsi di uno strumento giuridico idoneo ad armonizzare le procedure di consegna di imputati e condannati, cittadini di Stati membri dell’Unione. Si è cosi voluto superare la farraginosità delle procedure di estradizione, spesso fondate su basi di bilateralità, elaborando un quadro omogeneo attraverso uno strumento applicabile con procedure standard per tutti i Paesi aderenti.

Ovviamente, la concreta esecuzione è stata demandata, per mezzo dell’approvazione degli strumenti di ratififica, ai singoli Stati (l’Italia lo ha fatto nel 2005 con la legge 69). Prevedendo alcuni requisiti che devono essere necessariamente contenuti nelle legge di attuazione. E che soprattutto risultino comuni alle singole leggi di ratifica della decisione quadro del Consiglio (2002/584/GAI del 13 giugno 2002) istitutivo del Mandato d’Arresto Europeo.

Uno dei principali requisiti richiesti è quello della cosiddetta “doppia incriminazione “, cioè per potersi dare luogo alla consegna, bisogna che il reato che si assume commesso nel Paese richiedente sia previsto come tale anche nel Paese estradante.

Nel caso di Puigdemont, la Spagna ne sollecita la consegna sulla base di accuse di “sedizione” punito fino a 10 anni (art 544 codigo penal). Il reato si prevede che venga commesso per mezzo di “tumulti” e “uso della forza”.

Perché si sappia, i giudici spagnoli territoriali, hanno già escluso questo reato per carenza degli elementi tipici della fattispecie criminale. Nessuna incitazione alla violenza può essere addebitata al Governo Catalano.

Più grave l’accusa di “ribellione” che riguarda chi “con violenza e pubblicamente si adopera “per derogar, suspender o modificar total o parcialmente la Constitución” o “declarar la independencia de una parte del territorio nacional”.  Anche qui dunque è necessario che ciò accada con “violenza”.

In questo caso la competenza è della “Audiencia Nacional”, una magistratura con specifiche competenze in materia di reati contro la Corona o il Governo. Un Tribunale speciale insomma, vietato da quasi tutte le Costituzioni Europee. Che è quello che poi dovrebbe giudicare Puigdemont ed i suoi ministri.

Indubbiamente, un primo serio problema giuridico che dovrà affrontare il Belgio.

Il secondo, non meno importante, è che la sedizione e la ribellione sono fattispecie giuridiche non sempre compiutamente descritte nei singoli Ordinamenti Statali. Con la conseguenza che diventa difficile individuare una norma di diritto interno “coincidente” nella sua formulazione con quella che si assume violata nel Paese richiedente.

In italia ad esempio non ne esiste una specifica, a parte la blanda contravvenzione prevista dall’art 655 cp che punisce la “radunata sediziosa”. Quelle più puntuali e più gravi condotte “sediziose” sono contemplate tra diverse ipotesi previste dal codice penale (dall’art . 284,insurrezione armata, dall’art. 286, guerra civile, dall’art. 287, usurpazione politica e militare, dagli artt. 338 e 339 cp, violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario e via seguitando).

Difficile insomma ritenere che esistano in Europa norme che descrivano in maniera omogenea ed incontrovertibile fattispecie di reato come la sedizione o la ribellione proprio per la forte connotazione politica che caratterizza e specifica queste condotte, condizionate inevitabilmente dalle diverse sensibilità ideologiche dei singoli Paesi.

Ne consegue che gli spazi di difesa di Puigdemont davanti la “chambre d’accusation” di Bruxelles sono molto ampi.

Dimostrare che la pagliacciata del referendum e la quasi inevitabile dichiarazione d‘indipendenza che ne è seguita, sia stata una ribellione sediziosa, dati gli esiti (e soprattutto gli attori), non sarà facile per i procuratori “speciali” spagnoli. Senza incitazione alla pubblica violenza, ai disordini, ai tumulti, che non si sono visti a Barcellona, non esiste ribellione o sedizione. Per nessun codice penale europeo. Men che meno quello belga.