Il testamento biologico e l’influenza trasversale della Chiesa

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 14 Luglio 2011 - 18:23 OLTRE 6 MESI FA

Stupisce non poco l’affermazione del ministro Sacconi a proposito dei cosiddetti provvedimenti creativi della Magistratura circa il vuoto legislativo in tema di disposizioni anticipate di trattamento, a suo dire colmate, con la legge approvata alla Camera ed in procinto di essere varata definitivamente non appena licenziata dal Senato.

Ancora una volta la classe politica non riesce a comprendere appieno che la magistratura è spesso costretta ad intervenire per riempire in qualche modo degli spazi colpevolmente lasciati vuoti dalla politica, intesa questa volta nella accezione più ampia e nobile del termine, quale strumento insomma capace di dare risposte efficaci ad esigenze generali.

In tema di testamento biologico, ha molto pesato l’influenza della Chiesa in Italia, influenza esercitata, è noto, in maniera assolutamente trasversale. Infatti anche nelle forze politiche di sinistra è sempre stata grande l’attenzione verso le istanze provenienti dalle gerarchie ecclesiastiche. Per calcolo politico o altro, persino il PCI di Togliatti ha avuto un atteggiamento in qualche misura ambiguo con il Vaticano. Figuriamoci allora la sinistra di oggi, dove ne PD convivono diverse anime, alcune direttamente ispirate dalla tradizione cattolica anche se il più delle volte liberale.

Il risultato politico di questo clima culturale è il varo di leggi come queste che palesemente si pongono in contrasto con i nostri principi costituzionali e con i nostri obblighi internazionali. Se da un lato è copiosa la giurisprudenza Costituzionale in tema di “diritto alla salute” e contenuto reale del cosiddetto “consenso informato e trattamento terapeutico” (corte cost. 438/08, corte cost. 338/03), dall’altro non può non rilevarsi che l’Italia ha assunto degli obblighi anche a livello internazionale, ratificando la convenzione di Oviedo (1997) in tema di diritti dell’Uomo e Biomedicina La convenzione, all’art. 1 , garantisce ad ogni persona il rispetto della sua integrità e dei suoi altri diritti e libertà fondamentali rispetto alle applicazioni della biologia e della medicina ed all’art. 5 sancisce che un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona abbia dato un consenso libero ed informato, consenso revocabile liberamente in qualsiasi momento.

Su un consenso realmente e validamente prestato, si è pronunciato più volte la magistratura che ha sottolineato la assoluta effettività dello stesso. Se ne deduce che è divenuto centrale oggi, in uno Stato laico, il concetto di libertà dell’individuo nella scelta della cura e soprattutto nella scelta se continuare a curarsi. Ci si chiede pertanto se è conforme agli obblighi internazionali sottoscritti, alla nostra legge e soprattutto ai principi di uno Stato che si vuole laico e rispettoso dei diritti di tutti, escludendo ogni morale imposta, una legge quale quella in approvazione ove nel rendere le proprie dichiarazioni anticipate non è possibile rifiutare alcuni trattamenti, dette volontà non sono vincolanti per il medico che la massimo sentirà il parere del fiduciario o dei parenti e non potrà comunque sospendersi alimentazione e idratazione alle quali non potrà rinunciarsi volontariamente (si da evitare, nella mente del legislatore un altro caso Englaro).

Esclusa infine la possibilità di quegli “interventi creativi della magistratura” dato che il ricorso al giudice in casi dubbi, pure previsto nel ddl , è stato tassativamente vietato. Ancora una volta insomma è evidente la pretesa della politica di primeggiare sugli organi di controllo e garanzia previsti dalla legge, quasi che non fosse poi necessario avere degli strumenti che soprattutto in materie come vita, salute, libertà, pongano dei limiti alla discrezionalità del legislatore.

Legislatore, che tante volte tanto accorto non è, basti pensare la fine che sta facendo la cosiddetta legge sulla procreazione assistita, anche essa contraria alla nostra legge ed alle convenzioni internazionali oltre che alla cultura europea e liberale cui diciamo di appartenere, smantellata a colpi di sentenze dei giudici ordinari e costituzionali. La definitiva approvazione di questa legge, dopo il turismo riproduttivo, favorirebbe il turismo eutanasico verso paesi più rispettosi dei diritti altrui ed ancora una volta ci metterebbe ai limiti dell’Europa e persino fuori dalla tradizione cattolica più illuminata come quella propugnata dalla conferenza episcopale tedesca che nel 2003 ha sancito in unione con le chiese evangeliche, un documento certo più moderno e laico dei principi che hanno ispirato gli onorevoli Binetti e Lupi, riconoscendo persino l’eutanasia passiva.

Insomma, sarà che non si trovano in Italia sotto la stretta osservanza delle gerarchie ecclesiastiche e degli autoproclamatosi defensor fidei che le proteggono, ma i legislatori europei e persino gli stessi ambienti ecclesiastici fuori da Roma, appaiono certamente più liberi e rispettosi dei diritti di tutti quando legiferano e quindi la produzione normativa finisce per tutelare la libertà di tutti e non per imporre le volontà di una morale confessionale che si vuole assoluta.