Legalizzazione della cannabis: perché conviene, perché sarà inevitabile

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 8 Gennaio 2014 - 15:49 OLTRE 6 MESI FA
Legalizzazione della cannabis: perché conviene, perché sarà inevitabile

Fila davanti a un coffee shop in Colorado, Usa (LaPresse)

ROMA – Legalizzazione della cannabis: dal Colorado, l’ultimo Stato americano ad aver reso legale la vendita di marijuana, potrebbe partire un’onda lunga che potrebbe travolgere tutto il mondo. A partire dal resto degli Usa.

Prendiamo lo Stato di New York. Il governatore democratico Andrew Cuomo ha presentato un piano per la legalizzazione a scopi medici della marijuana. Ma non è solo l’evoluta East Coast a porsi il problema. La Florida potrebbe essere il primo degli Stati del Sud a legalizzare la cannabis, anche se solo per utilizzo terapeutico. C’è una petizione che finirà in autunno all’esame del parlamento locale: con il voto favorevole del 60% degli elettori, si potranno fumare spinelli “curativi” anche a Miami. Per ora sono 20, più Washington DC, gli Stati americani ad aver legalizzato la cannabis. Venti più uno su cinquanta.

Gli Stati Uniti saranno i primi ad essere travolti. Perché da una parte c’è l’amministrazione Obama che fa approvare all’Onu una risoluzione contro l’Uruguay di Pepe Mujica che vende liberamente marijuana. Dall’altra legalizzare significa creare un mercato, un’economia, una produzione che avrà un effetto domino sia sulle leggi sia sul traffico illegale di droga.

Nasceranno, prima o poi i grandi produttori di “erba”. Formeranno una lobby che farà pressioni sul Congresso Usa, una sorta di Big Tobacco della marijuana. Lo spiega bene Federico Varese su La Stampa: 

Come si evolverà la produzione di marijuana negli Stati Uniti? Il modello che sta emergendo prevede l’acquisto di una licenza, dal costo di mille dollari l’anno, che permette di coltivare e vendere il prodotto esclusivamente nello Stato, senza limiti alla grandezza delle tenute. Il mercato è dunque altamente regolato e localizzato. I piccoli produttori di marijuana medica con cui ho avuto modo di parlare in California qualche mese fa sanno che la legalizzazione aumenterà la competizione. In Colorado è previsto un periodo di transizione di nove mesi, durante il quale i coltivatori di cannabis medica avranno il monopolio sulla produzione, poi il sistema verrà aperto a chiunque ha i requisiti per ottenere una licenza. Quando arriveranno produttori di medie dimensioni, questi vorranno sfruttare le economie di scala e quindi modificare la legge che impedisce di vendere fuori dallo stato. Senza dubbio verrà presto emendata anche la legge bancaria federale che impedisce di depositare su un conto corrente i proventi di questo commercio.

Per quanto riguarda il traffico di droga, si stima che ci sarà meno “domanda” di marijuana, quindi si ridurrà l’import dal Messico. Con la conseguenza che i narcos messicani perderanno fra il dieci e il trenta per cento dei loro guadagni. Certo gli resterà il grosso (cocaina, immigrazione illegale, racket delle estorsioni), ma dovranno cambiare strategie.

Vacillerà anche uno dei pilastri del proibizionismo, la guerra al narcotraffico che impegna ingente numero di uomini e dollari. Potrà Obama mantenere ancora la barra dritta sulla “war on drugs”?

Il presidente del Messico ha posto la questione a Obama durante un incontro recente. Che senso ha spendere miliardi di dollari e rischiare la vita di migliaia di agenti per combattere il commercio di una merce che è legale al di là del confine? È dunque prevedibile che nel giro di pochi anni il Canada e gran parte dell’America latina adotteranno misure simili a quelle del Colorado. A quel punto sarà più difficile difendere l’attuale modello di produzione locale, e una liberalizzazione di dimensioni continentali sarà all’ordine del giorno, nella spirito degli accordi sul libero commercio dell’America del Nord (Nafta).

Quando l’intero continente americano, Nord e Sud, avrà legalizzato la cannabis

anche l’Europa sarà costretta ad adeguarsi. Le multinazionali della marijuana prenderanno il posto dei romantici coltivatori di piantine e, come i lobbisti di Big Tobacco, cercheranno di convincere i consumatori che gli effetti sulla salute sono insignificanti. È così che operano le forze dell’economia, dove le campagne per la libertà di consumare presto si intersecano con interessi economici globali. I mercati illegali diventano legittimi, aumenta la base imponibile e il commercio prende il posto della repressione.

Di legalizzazione, della cannabis come di altre droghe, se ne parla da tanto tempo, da quando l’Olanda era l’atollo dei coffee-shop in un oceano di proibizionismo. Ma perché pensare che proprio adesso il vento sia cambiato?

Un sondaggio fatto dalla Cnn (con Orc International) può essere un segnale: il 55% degli americani, la maggioranza, è favorevole alla legalizzazione della marijuana. Nel 1987 era solo il 16%, nel 1996 il 26 per cento, nel 2002 oltre un terzo, il 34%, nel 2012 era il 43%. Un aumento netto e costante che ha portato ad essere d’accordo con l’erba libera quasi 3 americani su 5, quando 27 anni fa era favorevole meno di un americano su 6.

È vero anche che in Germania, Paese che viaggia più a birra, Stern ha tastato il polso ai tedeschi e li ha trovati nettamente contrari all’erba libera:

quasi due tedeschi su tre (65%) chiedono il mantenimento del divieto di vendita di droghe leggere come marijuana e hashish, mentre solo il 29% auspica una liberalizzazione analoga a quella adottata dal Colorado, con un 6% che non esprime un’opinione in merito. Contrari alla legalizzazione di stupefacenti come marijuana e hashish sono strati molto larghi di aderenti ai tre maggiori partiti rappresentati al Bundestag, come il 79% dei sostenitori della Cdu/Csu, il 62% dei simpatizzanti della Spd ed il 51% di quelli della Linke.

Nella vicina Repubblica Ceca, però, la cannabis è legale per fini terapeutici. Tollerato il possesso di 15 grammi di marijuana e la coltivazione fino a cinque piante.

Rientrando nei confini italiani, nel Paese dove vige una delle leggi più punitive, come la Fini-Giovanardi, di legalizzare la marijuana se ne discute in Parlamento. Non è una notizia che Sel (ce l’ha nel programma) e parte del Pd, alcuni renziani inclusi, siano favorevoli. Mentre lo è che anche in un partito che punta al mercato dei voti di destra come la Lega Nord discuta al suo interno di erba libera. Per ora prevale la linea proibizionista del segretario Matteo Salvini, ma le inquietudini dei leghisti testimoniano come sulla legalizzazione potrebbero crearsi inediti fronti trasversali. Certo, trasversale e potentissimo è lo schieramento proibizionista, capeggiato dal Vaticano.

Resta indiscutibile il fattore-convenienza. Dove la marijuana è stata legalizzata ha portato subito un enorme beneficio per i bilanci pubblici e per l’economia: si riduce l’illegalità, si incassano robuste tasse, si crea occupazione.

Analisi dell’Onu arrivano alla conclusione che il proibizionismo ha fallito, statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità dicono che è incomparabile il numero dei morti delle droghe legali (alcol e tabacco) con quello dei decessi per stupefacenti. Esempio: in Italia nell’ultimo anno sono morte 30 mila persone per abuso di alcol e mille per overdose di eroina e oppiacei. E stiamo parlando di eroina e oppiacei, perché nella relazione del 2011 dell’Unione europea sulle morti per droga non c’è neanche un capitoletto dedicato alla cannabis.

Numeri, analisi e scenari che fanno capire come il discorso della legalizzazione, parallelamente a quello della lotta contro ogni tipo di abuso (anche 4 kg di cioccolato al giorno fanno malissimo), potrebbe essere esteso oltre i confini della marijuana e dell’hashish.