Banche, servono fusioni, soldi: Turani svela il “mistero”

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 30 Marzo 2016 - 08:13 OLTRE 6 MESI FA
Banche, servono fusioni, soldi: Turani svela il "mistero"

Banche, servono fusioni, soldi: Giuseppe Turani (nella foto)svela il “mistero”

MILANO – Banche italiane, il mistero. Fanno tanto discutere e regolarmente affossano il listino della Borsa di Milano. Ma, nota Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business,

il mistero non è poi così fitto come poteva sembrare. Quelle molto sicure, dove siete certi di non perdere i vostri soldi, saranno una ventina o un po’ di più (dipende da quali parametri si usano per valutarle). Le altre, centinaia, si muovono in una zona grigia, nera in qualche caso (come si è visto con le quattro banche fallite).

Gli istituti che si trovano nella zona grigia, e sono tanti, possono fare solo due cose, meglio se le fanno tutte e due.

La prima è di cercarsi qualche altra banca con cui sposarsi e mettere insieme i business. Insomma, diventare un po’ più forti. Si tratta di perdere per strada qualche consiglio di amministrazione e qualche posizione di potere, ed è per questo che non è mai stato fatto. Ma ormai non si può più andare avanti con banche e banchette di incerta solidità. Quindi sotto con le fusioni. D’altra parte esattamente questa è l’indicazione  che arriva dalla Bce. L’epoca dei quattro amici che stanno in consiglio di amministrazione a bere apertivi e a scambiarsi battute sulla politica, magari non sapendo proprio niente di credito e di finanziamenti, sta finendo. Ormai servono istituti robusti e diretti da gente che ci capisca qualcosa. Chi non si sbrigherà a farlo, finirà sotto gli strali della Bce o sarà progressivamente abbandonato dalla clientela più smaliziata.

Ma non è finita. In genere queste banche si presentano con un  capitale inferiore a quello che sarebbe giusto per fare il  lavoro che fanno. E quindi la Bce sta cominciano a chiedere ai signori azionisti di queste banche di mettere mano al portafoglio e di ricapitalizzarle. Bruttissima parola, quest’ultima: basta da sola per far cadere le quotazioni. Uno, infatti, diventa azionista di una banca (o di un’impresa) con la speranza di ricevere buoni dividendi con cui migliorare la propria vita. Ma se invece di dargli soldi a fine anno, gliene chiedono, la tendenza è quella di scappare, vendendo le azioni.

Da qui i continui crolli in Borsa: molti azionisti (piccoli e medi soprattutto) non hanno nessuna intenzione di tirare fuori dei soldi, anche perché forse non li hanno.

Ma non ci sono alternative. Molte di queste banche non possono andare avanti così. Si è aspettato anche troppo tempo. E per cambiare, come capita spesso, servono soldi freschi, contanti, molti in questo caso.