Berlusconi: “Processo breve”? Una legge “lieve”…

di Sandro Acciari
Pubblicato il 4 Gennaio 2010 - 22:02| Aggiornato il 5 Gennaio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi depone al processo Sme

Anche uno studente iscritto al primo anno della facoltà di giurisprudenza ha capito che i due disegni di legge sui quali Silvio Berlusconi conta per togliersi di torno definitivamente i processi in cui è imputato a Milano sono non solo incostituzionali, ma anche delle sciocchezze giuridiche. Talmente macroscopiche da far pensare che al premier non basterà l’ampia maggioranza di cui dispone in Parlamento per farle passare.

Stiamo parlando del ddl ribattezzato “Processo breve” e dell’analogo provvedimento sul “legittimo impedimento”. Sono entrambi leggi ad personam, nel senso che se approvate estingueranno definitivamente le accuse di corruzione di cui deve rispondere. Lo ammettono ormai chiaramente gli stessi politici del centrodestra: solo qualche settimana sostenevano che si trattava di una legge di cui avrebbero beneficiato tutti i cittadini. Con il passare dei giorni e l’aumento esponenziale delle critiche, gli stessi politici, resisi conto di averla sparata grossa, hanno ammesso per bocca di Fabrizio Cicchitto (matrice P2) che in realtà era una giustificata reazione alla “congiura” di certa magistratura contro i partiti della prima repubblica e contro l’attuale premier.

La legge sul processo breve fissa le modalità per la durata ragionevole dei dibattimenti nei tre gradi di giudizio. Se i termini saranno superati, il processo verrà estinto. Due anni per il primo grado, due anni per l’appello, altrettanti per il giudizio legittimità. Fin qui, in astratto, il principio sembra condivisibile, anche se poi sorge spontanea la domanda: come potranno i giudici rispettare queste scadenze se prima non si provvede a dotare l’amministrazione della Giustizia di organici, strutture e fondi, insomma degli strumenti minimi per tagliare i tempi irragionevolmente lunghi che caratterizzano la situazione attuale.

Ma il problema è un altro: gli esperti guidati dal duo Alfano-Ghedini hanno stabilito che del processo breve potranno usufruire solo gli imputati di determinati reati, che per di più dovranno risultare immuni da precedenti penali. Breve inciso: tra i reati che rientrano in questa amnistia mascherata c’è, guarda caso, la corruzione. Imputazione di cui deve rispondere, guarda caso, il nostro caudillo di Arcore.

E qui torna in scena il nostro studente al primo anno di giurisprudenza che alza la mano e chiede: come è possibile operare una simile discriminazione se la nostra Costituzione (ancora vigente, per chi l’avesse dimenticato) stabilisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge? Un principio-cardine, sul quale poggia ogni democrazia degna di tale nome. E’ talmente abnorme l’incostituzionalità del provvedimento studiato dal centrodestra che perfino Antonio Baldassarre, ex presidente della Corte Costituzionale e ex presidente della Rai in quota centrodestra (non una “toga rossa” quindi) l’ha definito «imbarazzante», aggiungendo: «Non è una cosa seria, visto che stiamo parlando di leggi e non di regali».

E veniamo al disegno di legge sul legittimo impedimento. Un concetto già presente nel codice di procedura penale, dove è scritto che «l’assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento» produce il rinvio di un’udienza. E qui piomba l’inesauribile fantasia della maggioranza che sostiene il governo: i due capigruppo Pdl e Lega in commissione Giustizia di Montecitorio Costa e Brigandì hanno aggiunto un piccolo ma prezioso comma che così recita: «Costituisce assoluta impossibilità di comparire per l´imputato lo svolgimento di attività inerenti alle funzioni istituzionali o politiche di premier, ministro, sottosegretario, parlamentare».

E non è tutto. I due parlamentari si sono inventati il principio dell’impedimento continuativo in relazione alle funzioni svolte. Insomma il povero magnate di Villa Grazioli non dovrà inventarsi pretesti, tipo tagli di nastrini, cerimonie di varia natura, addirittura consigli dei ministri straordinari pur di non presentarsi in udienza. Basterà far sapere ai tribunali che l’impedimento è continuativo in relazione alle funzioni svolte.

La sospensione non potrà superare i sei mesi. Già, sei mesi. Ma perché? Anche in questo caso i soloni Pdl-Lega l’hanno spiegato, senza troppi giri di parole: è il tempo necessario ad approvare la riforma costituzionale che di fatto ripropone il famigerato Lodo Alfano. Insomma, una sorta di “legge-ponte” che in un colpo solo libera il premier dal dover rispondere a domande scomode in un’aula di tribunale puntando risolutamente alla prescrizione ed estende il privilegio ai parlamentari, ripristinando un’immunità ancora più estesa di quella che fu abolita ai tempi di Tangentopoli.

A questo punto i casi sono due: il nostro studente-matricola sarà travolto da una irrefrenabile risata o, al contrario, correrà a iscriversi alla facoltà di Lettere. Ma in testa gli rimarrà un interrogativo difficile da rimuovere: ma che c’entra tutto questo con la democrazia?