Esselunga & Caprotti: da un bagno a San Moritz (1956) al Tribunale (2014)

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 20 Novembre 2014 - 07:22 OLTRE 6 MESI FA
Esselunga & Caprotti: da un bagno a San Moritz (1956) al Tribunale (2014)

Bernardo Caprotti. Esse lunga l’ha fatta lui e è sempre tutta sua

Giuseppe Turani ha pubblicato questo articolo anche per Uomini & Business col titolo “La saga dei Caprotti”.

Forse tutto dipende dal fatto che la saga dei Caprotti e della Esselunga, la più grande catena di distribuzione alimentare d’Italia, comincia in un cesso. Non un cesso qualsiasi, per carità. Siamo nel1956 e Guido Caprotti (famiglia che già possedeva una bella manifattura) va a sciare a Saint Moritz e ci va con il suo amico Marco Brunelli (che di suo è uno dei maggiori esperti d’arte che ci siano in Italia, bellissima casa con giardino dietro corso Venezia). Dopo le sciate, mangiano e bevono e vanno a orinare, come tutti i mortali.

Ma qui siamo in un grande albergo a Saint Moritz, il Palace, e mentre i due fanno i loro bisogni, due metri più in là stanno facendo la stessa cosa i fratelli Brustio, proprietari della Rinascente, che poi venderanno agli Agnelli. E l’Avvocato li prenderà un po’ in giro dicendo loro che hanno mani troppo ben curate per dirigere un grande magazzino (risponderanno: anche lei, visto che dirige una fabbrica di camion).

I due Brustio quella sera si stanno raccontando che devono prendere contatto con Nelson Rockefeller per importare in Italia una nuova idea, i supermercati alimentari, che in America stanno facendo scintille.

Guido e Marco Brunelli non si fanno scappare l’occasione. Ne parlano con il primogenito della famiglia, cioè Bernardo Caprotti, e decidono che bisogna tentare. Chiedono aiuto alla contessa Laetitia Boncompagni Pecci Blunt (assai più mondana di loro) e attraverso questa strada riescono a contattare Nelson Rockefeller a New York. Lui arriva e c’è una grande cena (menu tutto milanese) nella casa dei Caprotti a due passi dalla Scala.

Quella sera, novembre 1957, si decide la nascita della Esselunga. I soci sono Rockefeller, Caprotti, Brunelli, i Crespi (quelli del Corriere) e qualche altra famiglia lombarda dotata di buoni patrimoni. Poco dopo, nel 1960 gli americani decidono che se ne vanno, hanno altri progetti. Tanto Bernardo quanto Brunelli sono interessati all’affare, ma Bernardo lo brucia presentandosi ai Rockefeller con un assegno più che sostanzioso (curiosità: emesso dal banco Ambrosiano a firma di Roberto Calvi, allora assistente del presidente).

Brunelli si arrabbia, ovviamente, e cede le sue quote alla finanziaria La Centrale. Successivamente La Centrale viene scalata da Sindona, che subito mette in vendita la quota di Esselunga che aveva in portafoglio. Compra Bernardo Caprotti, che così diventa il padrone di tutto. Resta la questione dei due fratelli di Bernardo, ma anche loro verranno estromessi (anche se dopo lunghissime vertenze giudiziarie e con il pagamento di indennità).

Il Bernardo Caprotti imprenditore si rivela un fenomeno. Lavora veramente dall’alba al tramonto, mangia nella mensa dei suoi dipendenti. Pur avendo aperto decine di supermercati nelle città italiane, non ha mai avuto una causa, perché sostiene di non avere mai pagato una sola tangente. Gli affari vanno a gonfie vele e Bernardo, essendo ormai l’unico proprietario, vive felice. Al punto che a un certo punto mette in azienda i due figli avuti dal primo matrimonio, Violetta e Giuseppe.

Per un po’ tutto scorre. Poi Bernardo comincia a pensare alla successione. E intesta le azioni della Esselunga a Violetta e Giuseppe, che diventano proprietari ma solo fino a un certo punto. Bernardo Caprotti non ha tenuto per se stesso solo l’usufrutto ma anche l’effettiva proprietà: nella scrittura privata con cui passa le azioni ai figli, con un gioco di scatole, si riserva il diritto di decidere di rientrare a suo piacimento: l’intestazione c’era, ma solo fiduciariamente. Il padrone effettivo era sempre lui.

Dopo qualche anno, si pente e si riprende le sue azioni. Da qui parte un altro film di cause in tribunale padre-figli, che non è ancora concluso e che forse non finirà mai.