Facilitazione, i segreti della tecnica per far funzionare un gruppo

di Giulio Mitolo *
Pubblicato il 7 Novembre 2016 - 06:13 OLTRE 6 MESI FA
Facilitazione, i segreti della tecnica per far funzionare un gruppo

Facilitazione, Giulio Mitolo (nella foto) svela i segreti della tecnica per far funzionare un gruppo

Facilitazione: la metodologia che fa funzionare il gruppo e motiva l’individuo.

Quando ci apprestiamo a lavorare in gruppo, sorgono spontaneamente emozioni e pensieri contrastanti.

Da un lato la speranza di ricevere e dare contributi importanti per sé e per l’attività comune, dall’altro l’ansia ed il timore di trovare un clima ostile, un collega scontroso o più in generale condizioni di scarso ascolto e lontananza dalla reale aspettativa di partecipazione.

Per contrastare questo rischio c’è la Facilitazione.

La Facilitazione è una tecnica, una competenza che raccoglie tecniche e metodologie utili per gestire e far crescere i gruppi nella valorizzazione dell’individuo; un mix di conoscenze che ha preso spunti e metodi da vari saperi,  dalla sociologia alla pedagogia, dalla antropologia alla psicologia.

Le difficoltà e gli ostacoli ad una buona attività nei gruppi, aziendali o associativi che siano, sono diversi: dagli ostacoli di tipo emotivo ai contrasti interni tra i partecipanti, dai conflitti tra il capo e i propri  sottoposti alle visioni diverse sugli approcci operativi; le logiche di potere e le normali tensioni che si osservano costantemente nelle riunioni, possono essere considerate fisiologiche, sino a quando queste scoppiano in “blocchi” comunicativi prima e in “stalli” operativi poi, che ostacolano il sano sviluppo di una organizzazione.

La tecnica della facilitazione aiuta a dare una logica di “Sistema”, ossia una supervisione che valuta e affronta le dinamiche del gruppo, da un lato ammorbidendo le asperità legate alle specifiche personalità dei suoi componenti e dall’altro contribuendo, nel rispetto maggiore possibile del singolo, a dare un quadro d’assieme, una sorta di percorso al gruppo per evolversi negli stadi di vita che il gruppo affronta.

Per valorizzare il potenziale del singolo e assicurare un’efficiente produzione del lavoro comune si utilizzeranno le tecniche di Leadership facilitatrice, delle Tre scale di negatività e dell’Apprendimento attivo.

Metodi non di applicazione intuitiva, ma non di certo complicati e che richiedono, ancor prima di una specifica tecnicalità, la conoscenza di alcuni valori: il concetto di sistema, la comunicazione ecologica ed il valore della equazione forma che uguale a sostanza, che rende coerente la comunicazione verbale (e non verbale) alla corretta gestione; una tecnica che permette di:

·         rispettare il tempo e lo spazio degli altri

·         sapersi dare e rispettare regole certe

·         saper leggere la direzione dei lavori per la migliore flessibilità ed efficacia

La facilitazione è un sapere che si è sviluppato in questi ultimi anni e che consente in ambiti aziendali, associativi ed istituzionali di:

·         armonizzare la partecipazione al raggiungimento degli obiettivi collettivi

·         ottenere con alcune tecniche di ascolto un perfetto clima di lavoro

La facilitazione quindi, ha questa doppia finalità, rendere produttive le riunioni con risultati efficaci, in termini di decisioni condivise e messe in azione, ed armonizzare le diverse sensibilità con una logica intrinseca di inclusione e di empowerment.

Mettere in atto questi processi vanno nella direzione della co-progettazione e della riorganizzazione partecipata; possiamo dire infatti che il compito della facilitazione è una sorta di “formazione alla partecipazione” ad una migliore capacità del singolo individuo, che sia socio o dipendente o ancora meglio responsabile o coordinatore, a partecipare e a far partecipare alla organizzazione, cui il gruppo ne è parte.

In questo senso il lavoro della facilitazione spinge verso una comprensione maggiore di quelli che sono gli obiettivi più globali, gli obiettivi dell’organizzazione, azienda, associazione, istituzione o equipe professionale che sia.

Per realizzare tutto ciò abbiamo bisogno del “facilitatore”, colui che introduce ed implementa queste tecniche all’interno del gruppo; una figura che potrà essere sia reclutata dal suo interno, attraverso opportuni riadattamenti o dall’esterno per assicurare un pronto intervento ed una forza d’impatto in situazioni di forte crisi.

Di sicuro l’ottimale sarebbe poi quello di introdurre stabilmente il ruolo di facilitatore in ogni organizzazione, facendolo svolgere da più soggetti, collaboratori e coordinatori, per portare avanti un’opera di amalgama nei singoli gruppi; una spinta verso l’unione delle forze utili nell’organizzazione, pur sapendo che le forze centrifughe, quelle verso la divisione, sono molto più forti.

Non si può infatti negare che nei gruppi, organizzazioni, comunità, ci sia una naturale inclinazione alle negatività, che fanno aumentare blocchi, impasse, malessere e perdite di motivazione; in tal senso una formazione attivizzante, come la facilitazione, costituisce un aiuto mirato, una tipologia di consulenza organizzativa che è input rigeneratore, risposta di completezza e garanzia.

Amalgamare nella logica del dialogo, dell’integrazione, della complementarietà, della sinergia.

Amalgamare e non omologare, non ridurre le differenze, ma esaltarle.

*Progettista e formatore