Italia e sequestro di CO2: in linea con l’Europa

di Fedora Quattrocchi
Pubblicato il 29 Luglio 2011 - 13:35| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

La notizia in sé, come trascritta telegraficamente dal sito della Fondazione Sviluppo Sostenibile, sembrerebbe insignificante per la gran parte del pubblico: “Approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto legislativo che recepisce la direttiva comunitaria in materia di stoccaggio geologico della CO2.

Il provvedimento costituisce la base normativa per avviare in Italia progetti e investimenti sul fronte del Carbon Capture Sequestration (CCS). Il primo di questi impianti è previsto presso la centrale Enel di Porto Tolle, nell’ambito del programma comunitario di sostegno European Energy Programme for Recovery (EEPR) e del programma NER 300. Ulteriori progetti CCS saranno successivamente realizzati anche in altre regioni italiane.

A breve la Regione Sardegna dovrebbe presentare un iniziativa sulla CCS per la Carbosulcis e un ulteriore progetto potrebbe essere presentato da Repower a Saline Joniche. L’Europa, nell’ambito della sua strategia di riduzione delle emissioni, conta di realizzare 12 impianti sperimentali entro il 2015. Con questo nuovo decreto legislativo, sono state inoltre definite sia le procedure per il trasporto della CO2, che l’individuazione dei siti idonei allo stoccaggio del gas serra”.

In realtà la notizia è invece una svolta storica nel quadro energetico nazionale, perché sono state determinate le condizioni perché gli operatori elettrici e gli operatori di stoccaggio (siano essi di gas naturale che di CO2) agiscano in sinergia con i Ministeri, ormai d’accordo e fortemente operativi, e con gli enti di ricerca, per sequestrare la CO2 nel sottosuolo in sicurezza, come da milioni di anni fa la natura. Infatti, nei lunghi tempi geologici, tale gas acido naturale è contenuto silenziosamente nel nostro sottosuolo geodinamicamente attivo.

L’Italia si pone così all’avanguardia nel mondo nel monitoraggio geochimico e geofisico della anidride carbonica nel sottosuolo e più di altri paesi sa gestire questo tipo di tecnologia del sottosuolo in sicurezza.

Le centrali a carbone italiane, già di notevole livello, come a Torrevaldaliga, potranno quindi essere non solo “capture ready” (cioè pronte a catturare-separare la CO2 dal resto dei fumi di scarto delle centrali stesse), ma anche potranno “legittimamente” stoccare nel sottosuolo quel gas serra, sotto gli 800-1000 metri in acquiferi salini o giacimenti depleti in disuso, magari ben conosciuti da ENI. Proprio con ENI, l’ ENEL ha stretto di recente un accordo su tale tecnologia di fronte al ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo.

Tutto questo non è in opposizione alle rinnovabili, sia ben chiaro. C’è spazio e possibilità di coesistenza, pacifica, per le varie forme di gestione dell’energia che costituiscano alternativa al nucleare.