Fiat in Chrysler alla conquista di un impero. Achtung: già i tedeschi ci si sono fatti male

Pubblicato il 31 Marzo 2009 - 14:57| Aggiornato il 16 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Che la Fiat prenda un pezzo di Chrysler è una cosa che fa piacere e inorgoglisce molti italiani. E il fatto che a guidare la Fiat ci sia un capo che è italiano solo nel cognome può aiutare a sfatare la tradizione non certo felice delle imprese italiane  (con le dovute eccellenti eccezioni)  e Fiat in particolare, quando si sono avventurate fuori dei confini nazionali.

Ma se pensiamo, come molti in Italia pensano, che i tedeschi siano più bravi di noi, allora è bene che Sergio Marchionne si tenga sul tavolo una collezione di ritagli stampa che riassumano l’infausta spedizione della Daimler in terra d’America, proprio alla conquista della Chrysler, che la stava portando alla rovina.

L’industria dell’auto americana è lì da ben prima che un’automobile viaggiasse sulle strade italiane. E gli americani saranno pur sull’orlo del fallimento, ma sono stracarichi di orgoglio nazionale e di disprezzo verso gli italiani. E dobbiamo sempre pensare che, disperati e con l’acqua alla gola, anche i migliori degli uomini possono fare cose strane. Un piccolo esempio delle possibilità di “incomprensione” che possono nascere ( e di cui Daimler conserva ancora il ricordo) è di pochi giorni fa, quando Chrysler ha scritto nel suo sito ufficiale che Fiat, rilevando il 35 percento, si sarebbe anche accollata una analoga quota dei debiti.

Erta mossa per rendere più gradita l’invasione dei “maccheroni”, agli occhi dei lavoratori americani, guidati da sindacati molto più duri e di sinistra dei nostri. Deve esserne nata una rissa internazionale, se alla fine Chrysler ha fatto marcia indietro, come racconta il pezzo linkato sotto dal sito Huffington Post

Se l’accordo andrà a buon fine, tutti ne saremo contenti e il fatto che la Fiat possieda una quota importante di quello che risulterà il sesto complesso automobilistico del mondo vale una vittoria ai mondiali per l’orgoglio nazionale.

Ma l’entusiasmo che anima molti ambienti italiani, a cominciare dai giornali, non sembra giustificato. La Fiat intanto ha già dovuto dire che prenderà per iniziare solo il 20%. A fronte dell’apporto delle sue tecnologie, valutate tra gli otto e i dieci miliardi di dollari. Poi il governo americano ha già detto che se la Fiat vorrà crescere nel capitale Chrysler, dovrà mettere denaro contante e se la Fiat vorrà assumere il controllo del colosso con sede tra Torino e Detroit, la Fiat Chrysler dovrà prima restituire allo stato americano tutti i soldi che questo gli ha dato: i quattro miliardi di dollari già concessi e i sei che arriveranno se non ci sarà invece il fallimento.

Tutti in Italia probabilmente fanno il tifo per Fiat. Ma, se si leggono le analisi degli esperti americani, questi parlano di accordo impossibile, di tempi troppo stretti, di unica possibilità per Chrysler quella di impiegare i 30 giorni concessi dal governo usa per fare pulizia in casa e prepararsi alla bancarotta.

Con un’ipotesi che può essere la migliore per Fiat sotto certi aspetti: quella che Fiat compri gli asset buoni da Chrysler prima che questa fallisca. Ma in questo caso non ci sarebbe apporto di tecnologie, che è una versione  elegante del carta contro carta o del cani contro gatti: in questo caso da Torino dovrebbero partire ordini di pagamento importanti.