Costa Concordia, arrivo a rovescio e Genova chiusa. Il business demolizione

di Franco Manzitti
Pubblicato il 25 Luglio 2014 - 13:57 OLTRE 6 MESI FA
Costa Concordia, arrivo a rovescio e Genova chiusa. Il business demolizione

Costa Concordia, arrivo a rovescio e Genova chiusa. Il business demolizione (foto LaPresse)

GENOVA – L’hanno ribattezzata “astronave”, oppure “la nave che visse due volte” perchè era stata varata nel 2006 e ora, nel 2014, ha ripreso il mare dallo sprofondamento del Giglio, riemersa dalle acque non come Venere, ma come un condannato a morte, cui hanno concesso l’ultimo viaggio, l’ultima sigaretta, l’ultimo desiderio. Quello di galleggiare sul suo mare e tornare a casa.

La Costa Concordia è in arrivo a Genova e Genova non sa se e dove l’avvisterà nella serata di sabato o all’alba di domenica, in mezzo a quello che sembra sempre di più un corteo funebre di 14 mezzi di traino, di assistenza, di avvisatemento, di sorvolo, un nugolo nel mare blu e grigio di un luglio che non è quello delle vecchie canzoni “con il bene che ti voglio” e dove funziona per questa nave, avviata alla sepoltura, solo il verso “stessa spiaggia, stesso mare.” Qui era nata, qui morirà la Concordia-Costa Carnival, con la C sul fumaiolo che non c’è già più.

Hanno rispolverato Conrad, le sue tenebre marine e altri profeti e scrittori di mare, per raccontare questo viaggio contro natura, perché è contro natura, la natura del mare, che se vai sotto, anche sia per uno sciagurato Francesco Schettino e la sua moldava, la tua fine è decretata e semmai diventi preda di cacciatori di tesori e nessuno può pensare di capovolgere il destino di quel mare che, ricitiamo ancora Conrad,  non ama mai l’uomo, ma anzi gli è nemico.

Solo i delfini fanno festa all’uomo in mare e chissà se in questa rotta a due nodi di velocità tra l’arcipelago toscano, la truce Corsica, poi il golfo ligure e il suo Levante, se il vento e le onde diventeranno più maligne, la Francia che manda le navi da guerra a controllare l’inquinamento, un metro al secondo dal Giglio al porto di Genova Prà-Voltri, qualche delfino sia venuto a saltare intorno alla prua resuscitata della Concordia, di lato alla sua fiancata strinata, quella caduta all’inchino del Giglio, o di lato all’altra fiancata quella diventata la quinta dello spettacolo durato dal gennaio 2012 al luglio 2014, altro spettacolo contro natura.

Qui al porto di arrivo non si curano di delfini e balene, scrutano solo l’orizzonte, studiano le posizioni migliori per immortalare, fanno calcoli da genovesi puri e dai nasi affilati agli affari, quella montagna di rottami che torna per essere riciclato e con aria seria l’ad di Duferco, grande multinazionale del commercio di metalli e acciaio, Antonio Gozzi, chiavarese doc, anche presidente di Federacciai annuncia il suo programma di acquisto e riciclo di quello che verrà spolpato dalla Concordia.

E da giorni la Culmv, compagnia dei camalli genovesi, la Storia profonda di questo porto in attesa, tratta con la società di demolizione formata da Saipem e dai cantieri San Giorgio, per stabilire le tariffe di lavoro dei portuali. Li chiamavano all’alba per scaricare sacchi di caffè dai barchi in arrivo, li chiamavano per portare fuori dalle stive profonde come caverne quintali di carbone nero, pesci secchi di mari gelati, grano che riempiva silos giganteschi. E da domenica li chiameranno per portare via con le gru e i pontoni i pezzi di una delle navi più grandi mai costruite.

E poi si faccia avanti chi ha il coraggio di dire che questo non è il mondo a rovescio. Non c’è autorità genovese e ligure, dal presidente del Porto, Luigi Merlo, al suo segretario generale Giovanni Battista D’Aste, ai leader politici della Regione, come Claudio Burlando, del Comune, come il marchese-sindaco di Genova Marco Doria, che non abbia salutato con una certa soddisfazione l’arrivo del superottame, che porta quasi due anni di lavoro e impegnerà almeno due migliaia di addetti.
Almeno Genova difende la sua competenza nel settore delle Riparazioni e Demolizioni navali e si ipotizza perfino il calcolo di un un nuovo gigantesco business, che vada oltre Concordia.

Ma gli uomini di mare stanno zitti, di quel silenzio che vale mille parole e se sali su per le colline dalle quali la scena madre del rientro a casa si potrà vedere come su un grande schermo ad altissima definizione, magari di quelli curvi, allora tutto riprende la sua dimensione.
La nave arriverà verso le tre di notte tra sabato e domenica dal largo, molto largo della gobba nobile del Promontorio di Portofino. Forse sulla Lanterna, il faro cinquecentesco che è il simbolo della Superba, riaperta per l’occasione come palco di avvistamento pubblico, potranno salire venti a volta gli spettatori al prezzo di 5 euro a botta, per affacciarsi verso Ponente, attraverso i finestroni e contemplare quel corteo, le luci accese sul catafalco in arrivo almeno quattro miglia al largo della Diga foranea.

Il corteo frenerà i suoi due nodi e mezzo esattamente a tre miglia dalla grande imboccatura del porto di Prà -Voltri, una bocca aperta verso la costa di Ponente della Liguria, sotto la quale c’è la spiaggia residua di Voltri, quella di sabbia nera dove si possono fare ancora i bagni e dove il Comune ha dovuto organizzare già servizi per accogliere la massa di spettatori previsti anche nella notte. E chi si perde uno spettacolo irripetibile, titanico, storico della “nave che visse due volte” e torna a morire? Vedranno lo show, l’Evento da quella sabbia scura, da quei ciotoli che già videro negli anni Novanta la megapetroliera Haven bruciare come un cerino là davanti, tra Voltri e Arenzano, una colonna di fumo nero e in mare un fiume di petrolio.

Domenica mattina, tutti si augurano, lo spettacolo sarà più pulito. Otto rimorchiatori del porto di Genova, al comando di Claudio Lettich, capo pilota, prenderanno in consegna la Concordia da Nick Sloane e dall’ammiraglio Stefano Tortora, l’eroe yankee dell’operazione recupero, il capo del Consorzio Titan Micoperi e il più alto ufficiale della Marina Italiana in campo, quello che potrebbe avere intimato alle navi francesi venute a controllare di tenersi alla larga.

E’ sotto gli occhi di un pubblico già valutabile in migliaia, se non decine di migliaia di spettatori avverrà una operazione delicata, non come quella di rigalleggiamento e ripartenza, ma, comunque, difficile perché  il guinzaglio dovrà essere accorciato e i 295 metri della Concordia dovranno essere accostati al molo di Levante, quello che si affaccia verso Pegli, verso l’aeroporto, verso, per intenderci,  il centro di Genova, che sfumerà appunto a Levante, in una giornata prevista calma, di sole, forse di caldo.

Quando l’astronave, la nave che visse due volte, il “barco maledetto” che dovevano sapere come finiva, quando la bottiglia del varo non si frantumò sul suo scafo, nel giorno del varo, anno 2006 e quando due volte fu costretta alle riparazioni, dopo avere picchiato sulla banchina di Palermo, sarà promta per esalare l’ultimo respiro.

Quattro mesi, tutta l’estate e l’autunno per spogliarla e ridurla quasi integralmente a uno scheletro, con i lavori che incominceranno almeno dopo quindici giorni dall’arrivo, il tempo necessario a cantierizzare il grande rottame, che è ancora una nave, iscritta al Registro, autorizzata al traino dal Rina, di proprietà della Costa Carnival, ma con gli atti notarili già pronti a essere firmati per passarne la titolarità a una società speciale di Saipem e Cantieri san Giorgio, un misto pubblico privato nel quale spiccano due famiglie storiche genovesi del settore Riparazioni e Demolizioni navali, i Garrè e i Mariotti-Bisagno, che in silenzio rispetto a tutto il baccano dell’affare si sono procurati questo lavoro, forse il più importante nella storia demolitaria genovese e mondiale.

L’80% della Concordia è riciclabile. Solo il 20% finirà in discariche. E si fanno presto i calcoli perché il peso della “astronave” è intorno alle 50 mila tonnellate e ogni tonnellate costa come rottame circa 270 euro.

Le aziende coinvolte nelle tre fasi di lavoro e nei tre siti del porto genovese saranno 52 e le persone al lavoro per un periodo di circa due anni almeno duemila. Il costo della demolizione è di 100 milioni di euro e viene considerato la contropartita della vendita delle nave dalla Costa alla società di demolizione. Chi comprerà il ferro, il rame, il legno, smaltiti dal colosso? La nuova società è già d’accordo con Duferco e Feralpi per vendere l’acciaio a un prezzo di circa 270 euro a tonnellata. Ma si potrebbe anche fare un’asta per stabilire chi si becca questo tesoro della Concordia, se il mercato alzerà il prezzo.

Sarà per queste cifre, ancora approsimative, che il silenzio dei vecchi marinai, dei marittimi, dei pensionati che apettano a Prà e Voltri il grande spettacolo in scena tra sabato notte e domenica, è insieme di lutto e di orgoglio. Lutto perchè la nave, nata qua, nel cantiere di Sestri Ponente, dopo navi come il Rex, l’Andrea Doria, la Raffaello e la Michelangelo e tante altre storiche, prestigiose, muore una seconda volta.

Orgoglio perché quella lunga storia è capace di trarre ancora lavoro, pane e futuri affari da una nave, nata all’ombra della Lanterna.