Genova moribonda, Marco Doria pugile suonato. No feeling con candidati Liguria

di Franco Manzitti
Pubblicato il 21 Maggio 2015 - 07:35 OLTRE 6 MESI FA
Genova moribonda, Marco Doria pugile suonato. No feeling con candidati Liguria

Genova moribonda, Marco Doria pugile suonato. No feeling con candidati Liguria (foto Ansa)

GENOVA – Il suo galeone è affondato chissà dove nel grande Golfo di Genova con le colubrine arrugginite, il Gonfalone mezzo ammainato, la Croce di san Giorgio stracciata in cima all’albero di maestra, a prendersi le folate dello scirocco cattivo, quello che si mangia la costa ligure. Lui, il marchese-sindaco dai magnanimi lombi e dalla indeflettibile presenza a viso aperto in ogni contestazione, si sfoga oramai solo con il sacco del pungi ball.

Si è rimesso a fare il pugile, Marco Doria, 56 anni, professore di Storia delle Dottrine Economiche, sindaco di Genova da tre anni esatti, a due dalla fine di un mandato sempre più drammatico. Lo hanno fotografato con i guantoni in palestra, mentre picchia il saccone ed è come se sfogasse la sua impossibilità di abbattere, magari non solo a pugni, uno degli ostacoli che bloccano la sua città.

Due bei guantoni, la maglietta sudata, in un quartiere di periferia a riprendere un vecchio sport della giovinezza, così eccentrico per la famiglia che discende dalla nobile schiatta dei Doria, di Andrea, il doge-comandante e gli altri illustri antenati, giù per trentadue generazioni fino a oggi. Magari prenderebbe a pugni i leaderini del Pd, che squittiscono da anni in consiglio comunale contro il primo cittadino sostenuto da loro, ma con il quale hanno condiviso solo il percorso formale di governo, che non c’è accordo più su nulla, mentre le grane si moltiplicano e il governo cittadino non riesce a sbloccare nulla di nulla…….e le Regionali incombono.

Bestiale questa campagna elettorale di Genova, dove non si vota il sindaco ma il presidente della Regione e malgrado le maggioranze similari è come se la contesa non riguardasse la città capoluogo, la Superba. Il sindaco sta in palestra con i guantoni o fronteggia le emergenze come quella del suk abusivo organizzato dagli immigrati nella zona più nobile della città, tra Palazzo san Giorgio, Sottoripa, le piazzette, la imboccatura dei carrugi sempre più maleodoranti.

I candidati regionali svolazzano di qua e di là, ma stanno prevalentemente a Genova anche perché sono tutti “stranieri” e con il Doria del terzo Millennio nessuno di loro ha un minimo di feeling, neppure quelli della Sinistra più sinistra. Spezzini, bogliaschini, milanesi, dove sono finiti i veri genovesi, sarà anche per questo che la campagna non decolla?

Raffaella Paita, la candidata number one, Pd ufficiale, con il sindaco litiga solo e non ci sono personalità più diverse: lei quarantenne ruspante scelta da un Burlando che su Doria spara una volta al mese con un cannone più grosso di quelli a bordo del galeone, dal fisico aggressivo, ex tacco 12 e belle scollature, fino a quando i suoi spin doctor le hanno cambiato il look, ora scarpa bassa, niente scolli, tunicone, pettinatura da squaw tipo “Alzata con pugno” del film indimenticabile “Balla con i lupi”, insomma look tecno che piace a sinistra. Lui marchese-rosso, che i geni di una lunga storia nobile sono ancora tutti splendenti, anche dietro le impennate a sinistra di un indipendente Sel, sempre più austero- elegante, mano a mano che diventa un sindaco solitario, imperterrito nell’assedio del suo palazzo da orde di ribelli, i dipendenti dell’Amt, i dipendenti dell’Amiu, i dipendenti dell’Aster, ogni corteo sindacale che si rispetti, ogni tumulto degli operai che sono rimasti, fino ai dipendenti tagliati delle Poste o ai prof della “Buona Scuola” renziana.

Non si appoggia al sindaco, la cui città determinerà numericamente il futuro presidente della Regione, con il suo milione e 100 mila abitanti “metropolitani”, neppure Luca Pastorino, il candidato di rottura, uscito dal Pd e attaccante da sinistra, alzo zero, dei democrat. Eppure un minimo di colleganza dovrebbe esserci, perché Pastorino è anche un collega, fa il sindaco a Bogliasco.

Figurarsi gli altri candidati, come il “destro” Giovanni Toti, milanese, residente a Ameglia sul bordo spezzino della Liguria, giornalista e avversario frontale. Ma neppure Alice Salvatore, la ragazza candidata per i 5 Stelle, cerca sponde a Tursi che magari qualcuna ambientale la troverebbe.

La battaglia regionale è talmente parcellizzata nei distinguo interni, nelle divisioni , tra separati in casa di ogni partito, che sulla scia del galeone alla deriva di Doria non si piazzano neppure i candidati più di sinistra, Antonio Bruno dell’Altra Sinistra, e Mirella Batini, figlia del mitico capo dei camalli Paride, capolista di Fratellanza Donne.

L’unico che un po’ di fratellanza, da vecchio contendente con il sindaco potrebbe avere, e cioè il candidato Enrico Musso, di Liguria Libera, moderati liberali, non cerca argomenti per trarre slancio dalle enormi difficoltà del suo rivale nell’ultimo ballottaggio per le Comunali del 2012: vinse Doria.

A questo sta portando la polverizzazione della politica, la violenta personalizzazione delle risse e delle contese: in questa battaglia non solo non esistono i contenuti della campagna – come ha scritto sul “Corriere della Sera” Marco Imarisio denunciando il vuoto di temi – ma non esiste neppure il territorio principale della contesa, cioè Genova, non le centinaia di paesini nei quali i candidati sono andati a fare razzia di consensi con brevi manu, do ut des di contropartite periferiche. In città mica funzionano questi mercati….

Di che stiamo parlando? Di Genova, la città di Marco Doria, la capitale regionale, la cui conquista implicherebbe una quasi certa vittoria in tutta la Liguria. Non se la contendono aggredendo i temi, le emergenze scottanti e usando il primo cittadino come una sponda, come un obiettivo, per dire che si deve fare a rovescio o come una scia da sfruttare, se si concorda con le sue mosse da nocchiero nella tempesta.

Il galeone di Doria è quasi in secca o già affondato davanti al porto, ma il sindaco non ha fatto come Pisapia a Milano, che ha già annunciato che non si ripresenterà, sta lì come una statua nei marosi e ora si muove sul ring della sua palestra, offrendo improvvisamente una visione dinamica, quasi aggressiva.

In una regione piccola come la Liguria, Genova è quasi tutto, eppure le sue emergenze colossali, che inchiodano il sindaco a una vita prigioniera con il solo scampo del ring, sono ignorate nel delirio della campagna elettorale.
La città è ampiamente sotto i 570 mila abitanti, fra un po tanti quanti nel 1940, esordio del conflitto mondiale. L’immigrazione straniera ha perfino frenato del 13 per cento nell’ultimo annuario statistico del Comune. Se ne va, invece, il 12 per cento della popolazione, nella quale ci sono quasi sessantamila stranieri. Se ne vanno al 32 per cento all’estero e al 13 per cento nel Nord Ovest, a caccia di lavoro.

E’ la città più vecchia del mondo, salvo qualche ènclave giapponese. Non è uno slogan: è la realtà statistica che dovrebbe urlare in qualsiasi scontro elettorale, perché scompone la città genovese e perfino i suoi quartieri e lascia immaginare un futuro biblico, che gli esperti delle Università Usa sono già venuti a studiare, per capire cosa succede se una città diventa troppo vecchia.

Chi si occuperà delle badanti diventate vecchie, della loro usura, chi saranno i badanti delle badanti, là dove il tasso di vecchiaia, cioè il rapporto tra chi ha più di 65 anni e chi ne ha meno di 14, sale vertiginosamente, ora che alla soglia alta arrivano le generazioni post belliche e arriveranno quelle del baby boom?

Ci sono quartieri come quello del Municipo del Centro Est, per capirci nell’area dove, durante le alluvioni, fanno stragi e distruzioni con il Bisagno, dove ci sono 22 mila trecento anziani su una popolazione di 34 mila! Vecchi e soli, in case abbandonate, in quartieri nei quali le abitazioni vuote stanno diventando centinaia, una specie di cimitero residenziale, dove una delle soluzioni predicate è di regalare la casa agli immigrati, magari ai badanti di turno. Non si pagano più le spese di amministrazioni che diventano un cappio, si riducono le tasse di successione, si vive di nuda propietà. Nudi alla meta…..Questi genovesi di stampo tignoso e avaro che regalano la casa……. Chi l’avrebbe detto? Neppure Gilberto Govi, il mito di Pigna secca.

Nel nobile quartiere di Albaro, parrocchia di Santa Teresina, dove l’oggi cardinale Angelo Bagnasco, faceva da giovane il curato, ci sono trecento appartamenti vuoti, quartiere residenziale, ville, giardini, promenade e un buco abitativo che si allarga.

Potrebbero i candidati regionali andare dal sindaco a chiedergli che problemi pone l’effetto dirompente del monofamilismo, cioè delle famiglie unipersonali, formate da un solo soggetto, che sono al 62 per cento di donne sole, in prevalenza vedove? Il 36,4 di tutte le case della città di Marco Doria sono occupate da un solo abitante. I sessantacinquemila maschi che vivono soli, a oltre 65 anni, sono il 19 per cento della popolazione. Le 95 mila femmine, che a oltre 65 vivono sole, sono il 40 per cento della popolazione. Il resto che è? Ragazzi in tentata fuga.

Saranno più importanti questi dati per capire che fare della sanità e dell’assistenza sociale di una regione, che non le beghe interne ai partiti, il giochino di chi sta con chi, che sembra l’unico aspetto della campagna elettorale, tra insulti, twitter e hashtag che rimbalzano nell’etere?

Chissà cosa ne pensa il sindaco e la sua amministrazione, mentre cercano di risolvere dove piazzare il suk proibito, di questa ricomposizione sociale, creata dall’invecchiamento, dalle malattie, dalla solitudine endogena?
La demografia non è un bel tema elettorale, neppure se ti spara in faccia la cifra delle centinaia, se non migliaia di genovesi che stanno tracciando un nuovo confine tra la vita e la morte, perchè vivono alimentati artificialmente, ovviamente non autosufficienti, disseminati nei luoghi che da soli fanno prosperare l’industria più da boom che ci sia: quella dei letti di residenze, ricoveri, assistenze sempre più private, dove non posteggiare il nonno o la nonna ingombrante, ma risolvere un problema logistico-etico di sopravvivenza.

Picchia sindaco Doria, picchia sul saccone da pungi ball per sfogarti e magari fai vedere questi numeri ai pretendenti presidenti, assessori, “nominai” o eletti di una tornata elettorale sotto questo profilo disumana.
Ma che città capoluogo di Regione è questa, dove ci sono già 77 mila donne sole su un totale femminile di 135 mila, con un’età media di 58 anni, quindi con una prospettiva di vita che si allunga…..?
Invecchia e si svuota questa Genova non appetibile nei suoi temi di dibattito elettorale. Meglio leccarsi i baffi per qualche centinaio di turisti in più, che figata il week end del 1 maggio e che botta di fortuna avere qui Slow Fish, la rassegna del pesce che ha portato altri turisti.

Gli esperti e gli addetti lanciano gridolini di giubilo a scoprire il tutto esaurito negli hotels e a contare i turisti che girano con la cartina in mano. E’ chiaro, aumentano i camerieri in città, realizzando un vecchio anatema del vecchio Pci anni Settanta, che temeva, appunto, la città dei camerieri, al posto di quella degli operai. Si perdono, appunto, gli operai, che in dieci anni calano di 9 mila addetti e aumentano _ ovviamente_ gli assistenti sanitari. Ma a che città-regione bisogna pensare?

Gli addetti al turismo, chiamiamoli così per eleganza, sono passati da 16 mila a 22 mila in pochi anni, mentre in dieci anni gli addetti sanitari sono passati da 6 mila a 12 mila.
E qua, guardando dondolare il galeone di Marco Doria, in mezzo al porto, i candidati, anche un po’ strafottenti sulle ondate che potrebbero mandarlo a, picco presto, magari prima delle scadenza elettorale del 2017, preferiscono denunciare il grave dissesto idrogeologico, madre di tutte le alluvioni, o predicare contro l’isolamento della Regione. In Liguria l’Alta Velocità non è mai arrivata, il Terzo Valico, linea più veloce tra Milano e Genova, sarà pronto, forse, tra dieci anni. La linea verso la Francia corre per gli ultimi 36 chilometri su un binario unico. E per andare all’Expò milanese non sono riusciti a organizzare di più che un torpedone al giorno.

Università, imprenditori, politici non riescono a far decollare il famoso villaggio di Erzelli, futura capitale dell’hi tech. Della tangenziale, della cosiddetta Gronda, una immensa opera di collegamento nel nodo autostradale, nessuno ha più il coraggio di parlare. Hanno capito tutti che non si fa e allora silenzio, psssssss.

La campagna è sui nomi, sulle divisioni, sugli slogan anche autoflagellanti come quello della Paita, “La Liguria vaveloce”, quando va a scartamento ridotto. La campagna è divisiva, riammucchia politicamente soggetti distanti, riqualifica, riammette e espelle. E’ un ceto politico che si parla addosso e nada mas.
Non parla di cose, di realtà, di emergenze. Sarà per questo che il sindaco, che non c’entra, si sfoga tirando pugni. Sarà per questo che il livello di astensione è pronosticato sopra il 60%?