Concussione Monti style: scopi imperscrutabili, groviglio inestricabile

di Giovanna Corrias Lucente
Pubblicato il 14 Maggio 2013 - 05:21 OLTRE 6 MESI FA
paola severino

Paola Severino e la concussione: norma imperscrutabile e intricata

ROMA – In coincidenza temporale con la prevista decisione sul caso Ruby, in cui l’ex premier Berlusconi è imputato di concussione, le Sezioni unite della Corte di cassazione sono demandate a decidere l’interpretazione di una delle nuove norme in materia che potrebbe giocare un notevole ruolo sulla pena da infliggere in caso di condanna e conseguentemente sulla prescrizione del caso (pur remota).

I reati di corruzione e concussione costituivano un sistema collaudato; era prevista la corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, quella per atto, invece, conforme; la corruzione attiva e quella passiva, dunque punito il soggetto pubblico, sia che prendesse l’iniziativa alla corruttela, sia che ne fosse il destinatario.

Era, altresì, previsto il reato di istigazione alla corruzione che elevava il tentativo a ipotesi consumata.

Oltre alle norme che sanzionavano l’accordo illecito tra il pubblico funzionario ed il pubblico ufficiale per la remunerazione dell’attività funzionale, era previsto anche il delitto di concussione.

Nell’originario assetto – precedente la riforma – puniva il pubblico agente che avesse “costretto od indotto” un privato a dare o promettere denaro od altra utilità. Si trattava di una sorta di estorsione, in cui il privato risultava vittima dell’azione prevaricatrice del soggetto pubblico.

La norma, però, aveva suscitato questioni e perplessità interpretative sul senso inafferrabile del termine induzione, che risultava indeterminato e complesso da tradurre in un fenomeno pratico reale. Le problematiche erano risolte pragmaticamente per lo più con la contestazione cumulativa della costrizione e dell’induzione, o con il ricorso alla vetusta formula del metus publicae potestatis, sicché l’induzione era ravvisata quando il privato si fosse convinto alla dazione per il timore della propria condizione di inferiorità, rispetto al soggetto pubblico.

Il sistema era apparentemente funzionante, salvo l’ovvia difesa – quando era possibile – del privato pagatore di non aver stretto un accordo con il soggetto pubblico, ma di essere stato da questi costretto a pagare. Se accettata la tesi, si determinava la comoda alchimia della trasformazione del corrotto in vittima di concussione.

Incomprensibilmente, un Governo di emergenza economica stabilisce, nei pochi mesi a disposizione, di intervenire in questa materia, senza che vi fosse una giuridica necessità.

La riforma scompone l’assetto precedente: restano i reati di corruzione attiva e passiva, ma in quello di corruzione minore viene modificato l’oggetto: il pagamento non interviene più per determinare il compimento di un atto conforme ai doveri d’ufficio, ma per influenzare lo stesso esercizio delle funzioni o dei poteri, certamente delineando uno scenario più generico del precedente.

Si aggiunge un nuovo reato: il traffico d’influenze, la cui collocazione sarà difficile da configurare per l’infelice formulazione letteraria.

Ciò posto, conta rilevare che, di fronte al delitto di concussione, la novella ha scelto una direttrice d’incomprensibile approdo. Ha scomposto (oggi va di moda il termine “spacchettato”) l’originario delitto in due diversi. Il primo, delineato dall’art. 317 del codice penale punisce l’agente pubblico che abbia con violenza o minaccia costretto il privato a dare denaro od altra utilità. Finalmente – potrebbe dirsi – le nebbie che avvolgevano la precedente norma sono travolte ed i termini generici costrizione ed induzione assumono finalmente riflessi reali e possono essere tradotti in comportamenti facilmente comprensibili a chiunque.

La pena per tale reato va da sei a dodici anni (aumentata rispetto all’originaria: minimo di quattro anni). Sennonché, in maniera inopinata, fiorisce, accanto a questo delitto, un altro, previsto dall’art. 319 quater (confesso di avere una ripugnanza notevole per le numerazioni romane nel codice penale). S’intitola “induzione indebita a dare o promettere utilità”. E’ chiaro che si tratta di un segmento della precedente ipotesi di concussione e particolarmente della modalità (già criticata) per induzione.

Il reato presenta numerose anomalie.

La prima preesiste, ma si accentua: la determinazione del concetto di induzione, già difficoltosa. E’ questa la problematica che è stata trasmessa alle Sezioni Unite, considerato che, in un solo anno di vigenza, sono germinate tre diverse interpretazioni del verbo – nel tentativo di conferirgli consistenza fenomenica certa – da parte della stessa sezione della Suprema Corte. In effetti, il già etereo vocabolo induzione si nebulizza ancor più nel nuovo assetto dei reati di corruzione. Tant’è che nella Relazione del massimario penale, che precede l’invio alle Sezioni Unite, nessuna delle tesi sostenute ed esaminate è ritenuta ragionevole.

La seconda novità consiste nella trasformazione del concusso, non più in vittima, ma in soggetto punibile.

La terza, nella riduzione di pena rispetto all’originaria concussione: per l’agente pubblico da tre ad otto anni, per il privato fino a tre anni.

L’ultima anomala novità è la numerazione del delitto che segue quelli di corruzione e, non più, quello di concussione, ulteriore dimostrazione dell’ibrido teratogeno.

La norma si maschera dietro una raccomandazione dell’OCSE che aveva segnalato come il reato di concussione, previsto in Italia (e non in altri Paesi europei) costituisse un problema per la punibilità della corruzione internazionale, considerata la propensione dei corruttori a dichiararsi vittime, non punibili di concussione e, dunque, a complicare l’ambito delle indigni e dei giudizi.

Se l’eliminazione di questo inconveniente era lo scopo prefissosi dal legislatore, ebbene non sembra raggiunto dalla costruzione di questa anomala fattispecie. Resta al corrotto sempre la facoltà di proclamarsi vittima di minacce o violenze, certo da dimostrare con maggiore difficoltà di un’incomprensibile induzione.

Inoltre, sono nell’incubatrice progetti di riforma della novella per eliminarne i difetti.

In conclusione alle Sezioni Unite spetta un compito erculeo: dare significato ed applicabilità ad una norma assolutamente indeterminata e scritta per imperscrutabili scopi che forse sarebbe meglio scomparisse dal sistema per evitare opere di prestigiditazione.