Molestie telefoniche: una mail rischia di esserlo, se il telefono fa il trillo

di Giovanna Corrias Lucente
Pubblicato il 31 Gennaio 2013 - 07:38| Aggiornato il 15 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

La Corte di Cassazione (con la sentenza del 6 settembre 2012, n. 44855/12) ha recentemente ribadito che il reato di molestie telefoniche, previsto dall’art. 660 del codice penale, sia configurabile nel caso di telefonate ed sms molesti, perché il destinatario riceve in modo sincrono la comunicazione sgradita che turba la sua sfera personale, nel primo caso con lo squillo e l’eventuale conversazione quantomeno subito, nel secondo caso con il trillo di avviso della ricezione del messaggio. Ha, però, più volte escluso che le comunicazioni di posta elettronica possano integrare la contravvenzione indicata, sia perché usano un mezzo diverso (non sincrono), sia perché il destinatario, per riceverle, deve aprire una sessione con il proprio server. Di fatto, dunque, non si verificherebbe la stessa invadenza tipica delle telefonate. La decisione era stata riaffermata anche per lo instant messaging, in quanto il ricevente poteva escludere il mittente dall’accesso alla comunicazione.

Sennonché una sentenza antecedente aveva cominciato a svellere il granitico orientamento formatosi. Pur annullando la sentenza di condanna per l’invio di posta elettronica molesta, aveva avvertito che telefoni definiti “attrezzati” emettono suoni anche alla ricezione di messaggi mail, creando ugualmente la sincronicità del messaggio ed il disturbo alla quiete con la possibilità, dunque, di integrare il reato di molestie ( sentenza 27 settembre 2011 n. 36779). L’annullamento era dipeso dalla circostanza che, nel caso giudicato, la trasmissione della posta elettronica era avvenuta tramite computer e non telefoni attrezzati.

La decisione desta qualche preoccupazione in tema di certezza del diritto, ma soprattutto per l’accertamento del dolo. Oggi chi invia messaggi di posta elettronica molesti è convinto di non essere punibile, perché questi sono ritenuti equivalenti della posta tradizionale e non delle telefonate. Se dovesse incardinarsi il principio fissato dalla Cassazione ora citato, l’autore della mail molesta potrebbe restare nell’imbarazzo, perché la sua responsabilità dipenderebbe da una variabile: se il malcapitato destinatario dispone o meno di un telefono “attrezzato” che lo avverta con suoni alla ricezione di ogni mail. Ebbene, il molestatore potrebbe conoscere od ignorare questa circostanza a seconda dei rapporti che intrattiene con la propria vittima. Per l’accusa diventerebbe comunque un aggravio dimostrare che la dotazione di un telefono sofisticato era nota al molestatore.

Ritengo che occorra fare il punto sull’argomento, evitando di abbandonare una seppur minima sanzione penale a variabili incognite, come la qualità dei cellulari posseduta da una vittima.