Governo Renzi in rosa: Boschi zoomata, Madia e Peppa Pig. Rivincita delle donne

di Fernanda Fraioli
Pubblicato il 27 Febbraio 2014 - 09:47 OLTRE 6 MESI FA
Governo Renzi in rosa: Boschi zoomata, Madia e Peppa Pig. Rivincita delle donne

Renzi, Napolitano e le 8 ministre (foto Lapresse)

ROMA . Il richiamo maggiormente ricorrente sui media nei giorni di formazione del governo – intensificatosi dopo la presentazione della squadra – è stato quello al colore rosa di cui si è tinta la compagine formata dal nuovo Presidente del Consiglio, come se fosse stato sdoganato un mito.

L’accento, poi, si è concentrato in modo, di certo, non uniforme.

Sulla Ministra Pinotti, prima donna alla Difesa – senza, peraltro, valutare che le donne nelle Forze Armate sono presenti già dall’anno 2000 e con buona pace dell’Europa che vede già quattro Ministre della Difesa (Ine Eriksen Soereide in Norvegia; Jeanine Hennis-Plasschaert in Olanda; Karin Enstrom in Svezia e Ursula von der Leyen in Germania) – come sulla Ministra Madia all’ottavo mese di gravidanza che, abbiamo saputo, ha ricevuto la telefonata della nomina mentre vedeva in televisione con l’altra bimba uno spettacolo altamente culturale quale “Peppa Pig” 

Per non parlare dello scrupoloso esame a cui sono state sottoposte le età anagrafiche (delle sole Ministre) con il pessimo gusto nei confronti di quelle che l’età della Boschi non hanno, nonché le loro loro mise, in foggia, fattura e colore.

Il tutto esteso anche alla signora Renzi – al secolo Agnese Landini – o meglio al suo spolverino grigio cenere dell’insediamento ed al tubino beige del giorno della fiducia.

Certo, il blu elettrico della Boschi; il pesca della Mogherini ed il pancione della Madia non sarebbero passati inosservati ovunque, ma le “ballerine” di quest’ultima ed il ”tacco 12” della Boschi non dovevano necessariamente essere zumati, posta la loro poca attinenza con quanto di più lontano dall’altro estremo del corpo umano.

In tutto ciò, non ha minimamente avuto rilievo il colore degli abiti e/o delle cravatte dei restanti Ministri o della loro età su cui si è magicamente sorvolato con l’unica eccezione del Ministro assente, ma esclusivamente per additarlo quale decano dell’intera “giovane “compagine di governo.

Eppure, c’erano ben altri 8 componenti, di cui qualcuno nuovo anche se “rimpastato” e con cravatte da commentare.

Il Ministro delle Politiche Agricole, ad es., anche lui è giovane (ha 35 anni) ed è nuovo, ma lui è stato appena sfiorato (e pure poco inquadrato) e si sa soltanto che si chiama Maurizio Martina.

Non così per la Madia per la quale la stampa non ha esitato a definirla “con l’indirizzo per non sbagliare Ministero”.

O ancora Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente (che a differenza di quelli assegnati alle tre donne Madia, Boschi, così fortemente commentate, e Lanzetta) è con portafoglio e comunque con competenze di non poco conto, che avrebbe meritato un maggiore approfondimento giornalistico.

Così come Giuliano Poletti, oscuro ai più e di cui si sa – ma soltanto approfondendo la navigazione su internet – che è presidente della Lega cooperative, è nato ad Imola ed ha iniziato la sua carriera politica come assessore comunale prima e segretario della federazione del PCI dopo.

Eppure, dov’erano nella postazione per la foto? Di quale colore era la loro cravatta?

Non siamo in grado di rispondere perché troppo offuscati dal blu elettrico indossato dalla Boschi – o meglio dalla visuale che si è avuta al momento dell’apposizione della firma davanti al Capo dello Stato – o dal pancione della Madia che lascia presagire uno scarso impegno dovuto all’imminente nascita della figlia che unita a quella che già ha, fa di Lei un Ministro poco affidabile, presente e capace, per definizione.

Per quelli poco indagati, forse, tutto il resto è probabilmente scontato ed è inutile soffermarsi sulla cravatta rossa o sulla giacca slacciata di un neoministro (che, pure, fa poco bon ton e magari poteva essere argomento, se non proprio digossip spinto, almeno di osservazione specifica) perché quanto di più lontano dalla materia grigia non inficia sulle capacità ed abnegazione che sono, per così dire, scontate.

Non altrettanto per “il tacco 12” della Boschi che per renderla inequivocabilmente molto femminile (per non parlare del pancione della Madia), le stesse capacità non sono altrettanto scontate, tanto da dover ricorrere ad una definizione quale “ la Boschi senza paura”.

Certo, un ventennio di anagrafe in più e l’abbigliamento meno vistoso non ha richiamato l’attenzione dei media su di loro, eppure c’erano e preposte a Ministeri con portafoglio e peso di non poco conto, ma cosa sappiamo di loro?

Poco.

Eppure una persona che per nove anni è stata Rettore di un’Università (Giannini), una che è stata Presidente dei giovani imprenditori di confindustria ed a capo di un’azienda, per quanto di famiglia, pur sempre di un certo rilievo (Guidi) ed una che ha avuto il coraggio di resistere da Sindaco agli attacchi delle cosche mafiose (Lanzetta), avrebbero meritato uno spazio maggiore rispetto ai colori sgargianti che sono stati commentati e sviscerati in tutti i modi con annesse proprietarie!

Ciò che, invece, avrebbe dovuto colpire è la naturalezza profusa dal Presidente nel valutarle, al pari dei colleghi uomini, idonee alla nomina.

Per non parlare – in occasione della seduta per la richiesta della fiducia, dei continui richiami evocativi, alle signore (siano esse Ministre e/o Parlamentari in genere) prima ancora che agli omologhi colleghi – del tono usato con rispettosa naturalezza che, lungi dal focalizzare la presenza della diversità di genere come fenomeno nuovo e da salutare con particolare sottolineatura, ha soltanto presentato una normalità di cui c’era immenso bisogno.

Sarà per questioni generazionali o professionali, ma ha chiaramente dimostrato di non conoscere – o quantomeno di non condividere e neppure considerare – l’antica concezione (che negli anni ’50 non consentì alla legge proposta per l’accesso in magistratura alle donne che invece, poi, passò in seguito con la legge che ha appena compiuto un cinquantennio, n. 66 del 9 febbraio 1963) secondo la quale la donna era “quell’essere intermedio tra l’uomo ed il bambino” a cui non si possono affidare compiti di rilievo perché contrassegnata “dalla debolezza organica e dalla psicologia a base istintiva, sentimentale e spesso capricciosa……Ha, soprattutto quando è giovane, scarsissimi scrupoli e freni morali. Ha spiccatissime attitudini per l’intrigo, per la simulazione, per il mendacio e per lo spionaggio…E’ tremenda nell’odio e nella vendetta. E tutto giudica dal lato sessuale…”. perché è “fatua, è leggera, è superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta anzichenò, approssimativa sempre, negata quasi sempre alla logica……e quindi inadatta a valutare obiettivamente, serenamente, saggiamente, nella loro giusta portata,…”.

Sarà per questioni generazionali che non si è trovato a dover prima metabolizzare l’esistenza di rappresentanti di genere diverso, fatto sta che non ha avuto bisogno di riferimenti e sottolineature di quanto operato in tal senso.

Ed è forse per questo che quegli ancestrali retaggi culturali che – il più delle volte inconsciamente – ostacolano le donne nel cimentarsi a dimostrare quanto di buono e giusto ci sia nella presenza di entrambi i generi nella vita professionale, non hanno impedito ad una giovane mamma o ad una gradevole fanciulla di accettare la proposta ricevuta.

Sarà per motivi generazionali, ma quella preziosa intuizione femminile che tante volte nel “retro bottega” molto ha contribuito alla formazione del prodotto finale, viene oggi valorizzata con la naturalezza che neutralizza quelle sistematiche rinunce che troppo hanno caratterizzato l’universo femminile di fronte a scelte di tal fatta.

Al Presidente incaricato va il plauso di aver apprezzato – in via del tutto preliminare e senza alcun clamore – la sensibilità femminile come valore aggiunto da utilizzare al meglio per far emergere quelle qualità che consentono ai servizi di essere espletati e forniti al meglio con l’omogeneo apporto di tutti.

Si è fatto portatore, in fattivo silenzio, di una nuova cultura della parità nella differenza di genere; promotore di azioni positive concrete che non si fermano ad interventi di facciata; agente di diffusione della cultura delle pari opportunità, dimostrando che solo volendolo e sentendolo fortemente è possibile attuarlo, senza forzare verso la perfetta, impossibile identità tra i due sessi, ma offrendo ad entrambi le medesime possibilità senza enfatizzazione alcuna, nella convinzione che la diversità è una vera ricchezza per il Paese, non un problema da affrontare tra i tanti (di ben maggior peso).

Ha semplicemente scardinato una “normalità” non attuata, fatta di operatori che al contempo sono portatori, all’unanimità, di una cultura organizzativa dell’amministrazione tendente ad una piena valorizzazione paritaria del contributo professionale di uomini e donne.

Forse avremmo avuto bisogno, in questo, anche dell’impostazione dei media.