Grecia, Alexis Tsipras il rivoluzionario in cerca di soldi dalla (ex) Troika

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 25 Giugno 2015 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Grecia, Alexis Tsipras il rivoluzionario in cerca di soldi dalla (ex) Troika

Grecia, Alexis Tsipras il rivoluzionario in cerca di soldi dalla (ex) Troika

ATENE – Giuseppe Turani ha pubblicato su Uomini & Business questo articolo intitolato “Grecia in cerca di soldi”.

Non appena si nomina la Grecia sui social network scoppiano liti furibonde. La cosa è abbastanza comprensibile. Molti hanno visto nella vittoria di Tsipras, con il suo partito di sinistra, una sorta di “rinascita” della sinistra vera. In più piaceva, a alcuni, e piace ancora il suo essersi schierato contro l’Europa dell’austerità, contro la Germania della signora Merkel. Aveva fatto colpo il suo: “Mai più la troika a comandare”.

C’è stato un momento, breve, in cui si è favoleggiato di una Grecia che riuscisse a saldare una sorta di asse anti-austerità Francia-Italia-Sagna-Portogallo e, appunto, Grecia. Era l’alba di una nuova Europa, dove essere tutti più felici, senza più la severa Germania a impartirci lezioni di comportamento assennato e di sobrietà estrema.

Come stia finendo questa storia lo si vede in questi giorni. Tsipras va un giorno sì e uno no a Bruxelles o a Berlino. Ma non va a fare la rivoluzione annunciata mesi fa. Va a chiedere soldi e a chiedere che gli vengano cancellati parte dei debiti. E va a chiederlo proprio agli esponenti della odiata troika, che sono poi i suoi creditori e, eventualmente, gli unici disposti a dargli ancora soldi. L’unica cosa che ha ottenuto è stato il cambiamento di nome: non si chiama più troika ma Bruxelles Group. Sono sempre, però, Fondo monetario internazionale, Unione europea e Banca centrale europea, dietro le quali si staglia la figura della solita signora Merkel.

Tsipras, insomma, invece di fare la rivoluzione, va dalle istituzioni internazionali con il cappello in mano. E si dice anche, finalmente, disposto a prendere qualche misura di contenimento della sua spesa pubblica, quasi tutta in pensioni e stipendi ai dipendenti pubblici.

La rabbia che si legge nei social network dipende probabilmente da questo. Per un po’ si è stati convinti che dalla Grecia fosse partita una sorta di rivoluzione destinata a cambiare la storia europea, e adesso si scopre che non è vero niente: tutta tattica per avere altri soldi pagando un prezzo basso.

E’ l’eterna illusione della nostra sinistra-sinistra, mai convinta che sono i fatti e non le parole a determinare quello che succede nella realtà (ma Marx non lo legge più nessuno a sinistra?). E la realtà, in questo caso, è impietosa. La Grecia rappresenta il 2 per cento del Pil dell’intera Europa, è un paese fallito già da almeno tre anni (fallito nel senso che tira avanti solo grazie agli aiuti internazionali), sui mercati del denaro nessuno presta più un soldo a Atene. La sua unica speranza di non precipitare a breve in una miseria senza fine è quella che la famosa troika (o come diavolo la si vuole chiamare) continui a dargli del denaro: altra speranza non c’è. Tranne quella, forse, di finire nelle mani della Cina e/o della Russia. E, probabilmente, dopo qualche mese anche questi soggetti comincerebbero a chiedere alla Grecia di mettere un po’ di ordine in casa propria.

Il dibattito, ripeto, è molto intenso e arrabbiato. Si discute su quanto abbia ragione Tsipras nel resistere alle richieste della troika e viceversa. Ma, al di là di queste discussioni, resta un fatto che avrebbe dovuto essere ovvio a tutti sin dall’inizio. La logica dice che Tsipras non poteva fare la rivoluzione contro coloro che sono la sua unica speranza di vita. Sarebbe come sparare al medico che ci sta curando.

Purtroppo, la storia della Grecia non è ancora finita e altri sacrifici attendono quella martoriata popolazione. D’altra parte, il loro è uno dei paesi più disordinati d’Europa (corruzione, evasione fiscali, pensioni distribuite come noccioline, ecc.).

I governi precedenti sono stati una sciagura quasi indescrivibile (hanno anche falsificato i conti pubblici), ma quello di Tsipras ha perso mesi nel parlare di una rivoluzione impossibile, senza rimettere ordine nel paese. Adesso siamo alla resa dei conti: la rivoluzione non si fa più e, realisticamente, si cercano soldi.