Riforma in 5 punti di appalti e sprechi. Come Renzi può rottamare la vecchia politica

di Gustavo Piga
Pubblicato il 23 Marzo 2015 - 07:28| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
 Riforma in 5 punti di appalti e sprechi. Come Renzi può rottamare la vecchia politica

Riforma in 5 punti di appalti e sprechi. Come Renzi può rottamare la vecchia politica

ROMA – Gustavo Piga ha pubblicato questo articolo anche sulsuo blog col titolo “Mind the E: Renzi cambi bene il MinistEro”.

L’occasione fornita dalle dimissioni del Ministro Lupi è ghiotta come non mai. Nei prossimi giorni Renzi avrà infatti il modo di effettuare una mossa decisiva per il futuro benessere del Paese. No, non quella di cambiare il Ministro delle Infrastrutture. E’ cambiare, radicalmente, il MinistEro.

E farne, cambiandone nome e connotati, finalmente, quello che tutto il mondo è impegnato a fare per rilanciare la competitività del proprio sistema Paese: un vero, solido, significativo Ministero della Qualità della Spesa. Lasciando il controllo della Quantità della spesa (e vincolando i due Ministeri ad attuare un attento coordinamento tra di loro) al Ministero dell’Economia e Finanze di Via XX Settembre.

Al Ministero della Qualità della Spesa spetterà l’arduo compito di … ?

Beh è semplice: di gestire tutto quello che riguarda quella incredibilmente importante galassia, finora ignorata, degli appalti di beni, servizi e lavori che occupa addirittura il 16% del valore aggiunto che viene creato ogni anno in Italia, fattore di spreco o rilancio a seconda di come viene gestito. Sconvolgente che un Paese come il nostro non abbia mai pensato a gestirlo, vero?

I suoi compiti? Sfidanti ma essenziali.

Primo, urgentissimo. Far recepire immediatamente la nuova Direttiva europea sugli appalti come ha già fatto da qualche settimana fa il Regno Unito, senza alcun fronzolo ulteriore, frutto di sudditanza e dibattiti infiniti con le varie lobby: fare un rapido copia ed incolla del testo europeo, evitando di metterci tre anni e passa come nel caso del recepimento della precedente direttiva. Una scelta di questo tipo avrebbe non solo il pregio della trasparenza ma anche della susseguente stabilità del quadro normativo, essenziale per gli operatori: sarebbe infatti impossibile a quel punto apportare nei prossimi anni modifiche (finora infinite se guardiamo ai precedenti testi legislativi) vista l’autorità della fonte normativa, quella europea.

Secondo, accelerare, ultimare ed avviare il tavolo degli aggregatori delle commesse di beni e servizi, coordinandone le riunioni e fissando le direttive per l’approccio che queste (Consip, le Consip regionali e metropolitane) dovranno seguire quando appaltano. Cosa comprare (quanto “verde” e quanta “innovazione” immettere negli acquisti pubblici non può certamente essere demandato alle Consip, mere stazioni appaltanti), da chi comprare (imprese con disoccupati? Imprese con portatori di handicap?) per dar seguito alle raccomandazioni europee, dove investire i risparmi derivanti dalla spending review (quali infrastrutture, quali manutenzioni, quali acquisti strategici).

Terzo, avviare immediatamente e gestire un database di tutti i contratti pubblici, centralizzando su una sola piattaforma (non le gare, cosa che ucciderebbe le piccole imprese) la fornitura obbligatoria da parte delle stazioni appaltanti di ogni dato rilevante per stabilire la tipologia di gara, permettendone il confronto con gare analoghe, ed il suo esito finale. A valle di ciò coordinarsi con Autorità Anticorruzione, Direzione Antimafia e Autorità Antitrust per i controlli a campione sulla base dei dati ricevuti, facendo uso della Guardia di Finanza e di altre unità specializzate delle Forze Armate.

Quarto, monitorare come fa negli Stati Uniti d’America la Small Business Administration, la stesura dei capitolati delle più importanti stazioni appaltanti per verificare che tali gare non siano discriminatorie rispetto alle capacità delle piccole imprese. In ognuna di queste stazioni appaltanti (compresa ovviamente Consip) verranno “stazionati” rappresentanti esperti delle Confederazioni delle PMI che riportano direttamente al nuovo Ministero le proprie considerazioni in caso di mancato accordo sulle modifiche richieste.

Quinto, la creazione di un Fondo speciale del 10% dei risparmi generati dalla spending review, 2 miliardi l’anno circa, dedicati all’assunzione di 20.000 funzionari di carriera esperti di appalti, certificati, ammessi con concorso pubblico basato sulle loro competenze nel campo degli acquisti pubblici. A tali professionisti selezionati, dipendenti del nuovo Ministero, verrà permesso di svolgere una carriera professionalizzante come quella dei diplomatici e dei magistrati in cui la progressione di carriera sarà determinata dal raggiungimento di competenze e risultati all’interno delle stazioni appaltanti locali dove saranno destinati.

Se Renzi riuscirà ad annunciare questa rivoluzione organizzativa avrà la nostra completa ammirazione perché sarà riuscito finalmente a centrare la madre di tutte le riforme, ridando qualità alla nostra spesa pubblica e dunque competitività al nostro sistema economico, oltre che fiducia nella macchina amministrativa.

Tutto il resto è vecchia politica da rottamare.