La composta reazione di un popolo, una base di speranza per la ripresa

Pubblicato il 7 Aprile 2009 - 08:21 OLTRE 6 MESI FA

I miti e gli stereotipi sono una brutta cosa e bisogna guardarsene. Però il terremoto che ha colpito l’Abruzzo costringe a riflettere. Colpisce, guardando le lunghe trasmissioni tv sul tema, con le decine di interviste a sofllati e sopravvissuti, gente che ha perso tutto o quasi, che ha davanti a sé un duro periodo di incertezze e difficoltà, la reazione composta degli abruzzesi. Dormono nelle tende, nelle auto: presidiano le loro case, non abbandonano il posto di lavoro: vanno in fabbrica partendo dalle macerie, ma ci vanno. Gli offrono confortevoli alberghi sulla costa, ma rifiutano:  bisogna rimboccarsi le maniche senza aspettare che qualcun altro ci pensi.

Sembrava uno dei luoghi comuni italiani: gli abruzzesi, gente dura, tosta, lavoratori, montanari, tenaci, seri.

A vederli in tv sembrano attori scelti per uno “reality” che confermi quel mito. Invece sono gente vera: non si sente un lamento, un piagnisteo. Tutti parlano con serenità, ti fanno capire che stanno già guardando avanti, pensano al futuro, senza aspettare che la manna cada dal cielo.

Viene da pensare, e sperare, che se lo Stato e la Regione, magari anche l’Unione europea, e tutti gli enti pubblici interessati faranno almeno in parte il loro dovere che la ricostruzione dell’Abruzzo sarà una grande opportunità di miglioramento, come fu, anni fa, per il Friuli.