La strategia di Obama contro l’Isis in Siria, bombe e diplomazia

Licinio Germini
Pubblicato il 28 Agosto 2014 - 12:28 OLTRE 6 MESI FA
Bombardieri Usa in Iraq

Bombardieri Usa in Iraq

In una partita contro lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante che e’ anche diplomatica oltre che militare, Barack Obama ha iniziato a mobilitare gli alleati degli Usa per coinvolgerli in una coalizione internazionale, nella prospettiva di una campagna di raid aerei in Siria contro postazioni e leader dell’Isis.

E secondo quanto hanno riferito alti funzionari dell’ amministrazione citati in forma anonima dal New York Times, la Casa Bianca si aspetta che all’appello rispondano in particolare Gran Bretagna, Australia, Giordania, Qatar, Arabia Saudita Turchia e Emirati Arabi Uniti.

In particolare, secondo le fonti, la Casa Bianca prevede che Gran Bretagna e Australia siano disponibili a svolgere un ruolo attivo nella campagna aerea, e che la Turchia, che dispone di basi aeree da cui potrebbero partire i raid, rafforzi i controlli alla sua frontiera per intercettare eventuali jihadisti europei.

Dalla Giordania dovrebbero arrivare invece importanti informazioni di intelligence, mentre dall’Arabia Saudita, Qatar e Emirati arabi sono attesi finanziamenti. Allo stesso tempo, l’amministrazione Usa si prepara ad una azione umanitaria con l’invio di aiuti alla popolazione turcomanna della citta’ irachena di Amirli, assediata da due mesi dalle forze dell’Isis.

Anche se l’anno scorso in occasione dei minacciati raid aerei contro il regime di Bashar al Assad, Londra all’ultimo momento si e’ tirata indietro, il sostegno del governo Cameron sembra ora pressoche’ certo. Gia’ una decina di giorni fa, ancora prima della barbara decapitazione del giornalista americano James Foley, il premier britannico aveva sottolineato che il suo Paese si e’ impegnato ad aiutare le popolazioni minacciate dall’Isis in Iraq. “Ma una risposta umanitaria non basta”, ha affermato Cameron in un lungo articolo sul Sunday Telegraph.

Per quanto riguarda i Paesi della regione la situazione e’ invece piu’ complicata. “Uno dei problemi e’ che alcuni Paesi hanno interessi diversi in Siria”, ha sottolineando l’ex ambasciatore Usa a Damasco Robert Ford parlando con il Nyt, che a sua volta sottolinea ad esempio le ampie divergenze tra Arabia Saudita e Qatar. Allo stesso tempo, il segretario Usa alla Difesa, Chuck Hagel, ha sottolineato in una nota come sette Paesi occidentali – Albania, Croazia, Danimarca, Italia, Francia e Gran Bretagna – abbiano gia’ risposto alla crisi impegnandosi ad inviare armi ed equipaggiamenti alle forze curde che nel nord dell’Iraq combattono contro l’Isis.