Venezuela. Maduro, primo anno presidenza con Paese nel caos

Licinio Germini
Pubblicato il 21 Aprile 2014 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA
Nicolas Maduro

Nicolas Maduro

VENEZUELA, CARACAS – Proteste di piazza, crisi economica e violenza criminale in crescita: Nicolas Maduro affronta il primo anniversario della sua presidenza subissato dai problemi, minato nella sua autorità e obbligato a prendere decisioni scomode e difficili per cercare di equilibrare le sue prospettive politiche anche a breve termine, segnate da un’incertezza che peggiora costantemente.

Maduro era arrivato al Palazzo di Miraflores senza gloria, imponendosi sul candidato dell’opposizione, Henrique Capriles, con un vantaggio di appena l’1,49%, dopo che Hugo Chavez lo aveva sconfitto con il 10,76% sei mesi prima. In questi mesi la sua posizione appare ancor più compromessa. Anzitutto, la crisi economica, diventata il primo problema per i venezuelani negli ultimi tempi. Un anno fa, l’inflazione arrivava quasi al 30%, ora ha raggiunto il 57%, il tasso di scarsità dei generi alimentari di prima necessità è arrivato al 60,2%: il che significa che un consumatore riesce ad acquistare in media meno della metà dei 18 prodotti del paniere familiare di base.

E la crisi valutaria è tale che aziende come l’Iveco hanno dovuto sospendere la produzione per l’impossibilità di importare componenti e materie prime. Subito dopo l’economia viene la sicurezza: secondo statistiche Onu, il Venezuela è diventato il secondo Paese al mondo per omicidi: 53,7 ogni 100 mila abitanti, oltre 24 mila solo l’anno scorso. L’uccisione dell’ex Miss Venezuela Monica Spear, nel gennaio scorso, è stata il più clamoroso campanello d’allarme, che ha costretto il governo a reagire. E’ dall’insicurezza che è nata la contestazione studentesca, quando a inizio febbraio gli universitari di San Cristobal, nell’ovest, sono scesi in piazza dopo il tentato stupro di una ragazza.

Paradossalmente, è stata la brutalità della repressione che ha radicalizzato la protesta, che si è estesa a tutto il Venezuela: neanche tre mesi dopo, il bilancio è di 41 morti e centinaia di feriti e di arresti. Di fronte a queste sfide, la risposta di Maduro è stata sempre la stessa: annuncio di iniziative dai nome roboanti – uno su tutti: la Segreteria della Felicità Suprema – ma che non offrono risultati. E la denuncia di complotti di ogni genere. E così non esiste una crisi economica, bensì una “guerra economica” della “borghesia fascista”. La svalutazione è frutto di “attacchi speculativi”, i black out elettrici sono “sabotaggi pianificati” e la protesta fa parte di un “golpe continuo finanziato dall’imperialismo”.

Il “figlio di Chavez” non ha ereditato nè il carisma nè il pragmatismo del “comandante eterno”. E ora, malgrado la sua retorica infuocata, si vede obbligato ad accettare compromessi difficili da gestire: per frenare le proteste sono dovuti intervenire Vaticano e Unasud e ha dovuto sedersi allo stesso tavolo con i dirigenti industriali che lui stesso definisce “traditori senza patria” nei suoi lunghissimi e molto frequenti discorsi a reti unificate. Lo spazio di manovra di Maduro si è ormai ristretto: bloccato fra le promesse del “socialismo del secolo XIX” e la dura realtà dei fatti, Maduro deve ora trovare in fretta delle soluzioni che garantiscano non solo il futuro dello “chavismo”, ma soprattutto la sua sopravvivenza politica personale.