Carabiniere del quartierino, dossier…siam tutti in banda

di Lucio Fero
Pubblicato il 8 Aprile 2016 - 09:55 OLTRE 6 MESI FA
Gianluca Gemelli

Gianluca Gemelli

ROMA – Carabiniere del quartierino, per ora rigorosamente anonimo, quello che avrebbe raccolto, confezionato in dossier e graziosamente adagiato sul tavolo di un amico di mestiere, diciamo, collettore di interessi, le foto di Graziano Del Rio ritratto nelle stesse immagini in cui compaiono ‘ndranghetisti o con la ‘ndrangheta compromessi.

Forse esiste davvero questo carabiniere che fabbrica il dossier e lo deposita come “regalo per te” sul tavolo di tal Walter Pastena che ne parla al telefono con l’ormai notissimo Gianluca Gemelli all’epoca compagno dell’ormai ex ministra Federica Guidi. O forse non esiste nemmeno, non in carne e ossa almeno.

Ciò che è perfino più rilevante della sua effettiva esistenza è che non c’è italiano che dubita per un attimo che possa esistere davvero. Un “carabiniere”, un privato detentore di un piccolo o qualunque potere pubblico, un funzionario, un impiegato, un ragioniere, un perito, un avvocato, un tecnico di qualcosa qualunque cosa che si senta abile a abilitato alla sopravvivenza facendo “regali” agli amici e rafforzando il potere contrattuale della banda di appartenenza, se ci pensate bene, lo incontriamo tutti quasi ogni giorno.

Solo che ormai nessuno o quasi “ci pensa bene”. Siamo talmente immersi in questa vita pubblica e collettiva corrosa, rugginosa e acida che avere come Stato e Istituzioni la propria banda, il proprio quartierino è la regola. Da tutti più o meno osservata. Si entra volenti o nolenti in banda quando si accetta di pagare “regalo” a chi ti deve autorizzare a spostare un tramezzo. Si entra in banda quando si accetta di pagare “regalo” a chi ti fa saltare la fila per ricovero e cure mediche…

In banda per avere appartamenti e negozi gratis dal Comune di Roma o alla Reggia di Caserta. In banda nel 37 per cento della Asl che fanno la cresta sulla Sanità. In banda per avere dall’Inps l’invalidità falsa. In banda per prendersi i soldi dell’Europa con finte aziende, lavoratori, start up.

In banda quando bisogna difendersi corporazione per corporazione (nessuna professione esclusa, tanto meno quelle dell’informazione e dell’informazione spettacolo). In banda a timbrare fasullo il cartellino. In banda nelle curve degli stadi. In banda negli uffici e anche nei salotti e nei tinelli. E in piazza e nei teatri (ieri a Verona una banda di irriducibili ha bocciato 132 a 130 l’accordo che prevedeva riduzione di stipendio per tenere in piedi azienda fallita, la banda ha preferito far fallire e poi reclamare, magari in piazza, il denaro pubblico).

Ci siamo talmente assuefatti a vivere in banda che non ci sorprende, tanto meno stupisce l’ipotesi di un carabiniere che si dà da fare e si fa belle e meritevole presso il “suo” di Stato, i suoi amici di banda. Non solo può essere, tutto può essere. Ma siamo sinceri con noi stessi: non ci appare come ai confini del reale ma come assolutamente plausibile.

Siamo talmente immersi nell’acqua di banda che non vediamo più ciò che vediamo con la stessa rifrazione di luce che normalmente c’è in superficie. Un Delrio o un chiunque con la fascia di sindaco a Cutro fotografato in una piccola folla dove appare qualche altro che in terra di Calabria ha a che fare con la ‘ndrangheta? Se anche fosse, che dossier sarebbe? In una foto così può capitare di finirci anche in una piazzetta di paesino calabro mentre ci sei in vacanza con la famiglia.

Ma non importa, nel paese in cui siamo tutti in banda…ci può stare. Il carabiniere del quartierino, il dossier farlocco…tutto o quasi ci può stare…e funzionare.