Casamonica, Don Abbondio a Don Bosco. Si sapeva, tutti muti

di Lucio Fero
Pubblicato il 24 Agosto 2015 - 12:39 OLTRE 6 MESI FA
Casamonica, Don Abbondio a Don Bosco. Si sapeva, tutti muti

Casamonica, Don Abbondio a Don Bosco. Si sapeva, tutti muti

ROMA – Man mano che si conoscono particolari, e che particolari, del Casamonica funerale, la figura di Don Giancarlo Manieri, parroco della Don Bosco, si staglia con più nettezza.

Un pastore di anime ignaro del suo gregge, sostiene infatti di non aver avuto nozione di chi fosse esattamente il caro estinto e sostiene anche non fosse suo compito e mansione saperlo. Una posizione questa di Don Manieri non ingenua, assimilabile al classico fare il tonto per non andare in guerra. Le regole della Chiesa cattolica infatti consigliano, se non proprio impongono, di negare i funerali cattolici “se è noto che il defunto aveva una condotta di vita al di fuori dei comandamenti di dio”. Se non è noto…Don Manieri sa quel che dice, quel che deve dire e quel che deve negare.

Un pastore di anime molto…prudente. I manifesti con sopra stampato il volto del caro estinto abbigliato e agghindato da papa/re recanti l’esplicito programma/epitaffio “hai conquistato Roma, conquisterai il paradiso” sono stati affissi alle due di notte sulle colonne d’ingresso della sua chiesa. Don Manieri a quell’ora ovviamente dormiva, meno ovviamente ha continuato a dormire fino a mezzogiorno, infatti sostiene di non averli mai visti quei manifesti. Lo sostiene contro ogni logica e plausibilità. Ma anche questa negazione, questa improbabile circostanza è da Don manieri messa in campo non a caso. Li avesse ufficialmente visti quei manifesti, Don Manieri a regola di Chiesa doveva farli rimuovere, anche chiamando la forza pubblica.

Un pastore che sa far di conto, in via riservata Don Manieri pare abbia detto: “Provate voi a farli uscire dalla chiesa 600 Casamonica”. Ah, ecco.

Un pastore di poca memoria. Nella sua chiesa fu negato il funerale a Piergiorgio Welby. Avrebbe potuto e dovuto ricordarsene, avrebbe potuto e dovuto avere nozione e sentimento della ulteriore inopportunità dell’accoglienza prona a Vittorio Casamonica e della impietosa cacciata per Welby. Ma Don Manieri ha detto che il funerale non si nega a nessuno e che lui si è limitato e fare il prete. Sembra ovvio ma ovvio non è: secondo lo stesso parametro a Welby doveva essere concesso non solo il cattolico funerale ma anche la chiesa piena di familiari, amici, attivisti e dirigenti del Partito Radicale e delle organizzazioni per la autodeterminazione del fine vita.

Un pastore cui andrebbe rivolta una domanda: la sua chiesa è aperta per funzioni e sacramenti ai divorziati risposati?

Un pastore che prova ad azzannare, dice: “So come funziona ad agosto non ci sono notizie…”. Il messaggio è dunque che in fondo non sia successo niente. E’ questo quel che Don Manieri in fondo pensa, non è successo quasi niente, niente fuori dalla normalità. E qui il pastore svela la vera natura del suo ministero civile, sociale, etico e in fondo anche religioso: “Io non sono poliziotto o giudice…”. Quale immediata sintonia con le parole del nipote del caro estinto che, guarda caso, dice: “Giudica dio, non la politica”. Sintonia con la parola d’ordine dei Casamonica e purtroppo non solo dei Casamonica: “La mafia è la politica…”. E qui il cerchio si chiude alla perfezione: la politica è la mafia e se così è, il resto mafia non è. Perfetto, convergono la cristiana carità allargata alla Don Manieri, l’autoconservazione del clan, il senso comune.

Senso comune che nella classica forma del “quieto vivere” ha regnato nei giorni e ore precedenti il funerale. Una Corte di Giustizia aveva concesso a parenti del caro estinto di uscire dagli arresti domiciliari appunto per partecipare alle esequie. Poliziotti e Carabinieri hanno notificato l’atto giudiziario, quindi in Commissariato e alla Stazione sapevano che funerali ci sarebbero stati e con partecipazione “qualificata”. C’è chi dice sapessero anche i Vigili Urbani, loro negano. Comunque hanno accompagnato per chilometri il maxi corteo scortato da amici del caro estinto in moto. In moto e volutamente senza casco. In auto a volutamente bloccare il traffico. Qualche vigile ha confessato: abbiamo provato, magari a fare una multa, siamo stati zittiti.

Molti hanno avuto modo di sapere, molto prima, poco prima, durante. Nessuno ha voluto/saputo fare due più due fa quattro. Nessuno ha collegato le informazioni, nessuno ha informato o chiesto istruzioni. Tutti hanno timbrato e archiviato la pratica come fosse normale amministrazione. Un grande quotidiano ha domandato: tutti stupidi, oppure? Insomma il sospetto che il quieto vivere abbia affascinato anche i presidi di legalità del quartiere. Non sappiamo ma ci appare più probabile altro. E cioè che al fianco dell’eterno Don Abbondio  manzoniano marci oggi impavido e di massa altro tipo umano, quel che incede sotto la bandiera del “non mi compete” quando è in divisa o dietro una scrivania e che osservi il primo e fondamentale comandamento della sua religione civile quando è in borghese: “mi faccio i fatti miei”.