Cona, Napoli: fuochi di guerra etnica. Li appiccano immigrati e politici

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Gennaio 2017 - 10:39 OLTRE 6 MESI FA
Cona, Napoli: fuochi di guerra etnica. Li appiccano immigrati e politici

Cona, Napoli: fuochi di guerra etnica. Li appiccano immigrati e politici (foto Ansa)

ROMA – Cona, deposito di immigrati in Veneto. Qui a centinaia (la sera della rivolta erano in circa 1.500 ad essere ammassati nella struttura) attendono la sentenza della magistratura italiana: richiesta di asilo accolta o respinta. Attendono per mesi, fino a dodici dice la legge. Se non è prigione, poco ci manca.

Non sono liberi se non in teoria. Sono di fatto reclusi in attesa di giudizio. Reclusi senza reato. Ma perché dovrebbero essere liberi davvero? E’ evidente che molti di loro non hanno diritto ad essere e restare in Italia, non hanno “diritto d’asilo” perché non sono fuggiti da guerre o persecuzioni. Sono fuggiti dalla miseria ma questo a termini di legge non dà diritto a restare liberi in Italia.

Loro, gli immigrati reclusi, si sentono vittime. E lo sono. Della lunghezza dell’attesa, delle condizioni schifose in cui spesso sono tenuti nei centri, di qualche (non pochi) gestore dei centri che ci fa sopra bei soldi fornendo appunto condizioni schifose.

Noi, gli italiani che vivono intorno o vicino ai centri di raccolta, si sentono vittime. E lo siamo perché tra i cento e i mille del centro ci sono, si vedono, quelli che già organizzano micro furti, fanno da mano d’opera ai mini racket, pattugliano di fatto città e paesi in ossessiva richiesta di denaro.

Loro e noi qua e là in Italia sempre più spesso si trovano e ci troviamo a dar vita a fuochi di guerra, fuochi di guerra etnica. A Cona loro si sono ribellati. Contro le schifose condizioni di vita del centro. Ma anche contro di noi, e in quel noi c’è sia chi li ha sfruttati sia chi li ha aiutati. Si sono ribellati spranghe alla mano. Cona, un lampo di guerra etnica neri contro bianchi. Questo, né più né meno. Un lampo, un fuoco, non uragano o incendio. Ma neri contro bianchi e viceversa questo sì.

Napoli, stazione centrale, Piazza Garibaldi, un po’ ancora di cammino, solo un po’ verso il mare. E qui in piazza, in strada bianchi sparano a neri. Forse, probabilmente spari punizione per pizzo non pagato. Forse, probabilmente spari di camorra contro ambulanti. Finiscono all’ospedale tre neri e una bambina napoletana di 10 anni che ovviamente nulla c’entrava. Cronaca, solo cronaca criminale?

No, anche a Napoli fuochi di guerra etnica. Gli immigrati più o meno regolari (enorme è il numero di coloro che vistisi negare l’asilo e comandare l’espulsione si inabissano nella clandestinità e restano in Italia clandestini ma non per questo invisibili) non solo lavorano a nero ingrassando bianchi che sopra ci fanno bei soldi. Lavorano anche in proprio: racket, furti, bande, commercio illegale…E qui incontrano e si scontrano per il controllo del territorio, per ora territorio criminale. Bianchi contro neri, neri contro bianchi.

Cona, Napoli in sequenza a 24 ore. Ma nei mesi passati altri fuochi si sono accesi. Fuochi di guerra etnica. Li appiccano gli immigrati, i migranti. Una retorica ormai gassosa e irritante li racconta come tutti povera e brava gente in cerca di un futuro migliore accanto a noi. Non è così. Alcuni di loro, una minoranza ma sufficiente a smontare nei fatti la retorica, non ama i bianchi, cova rancore, non sogna integrazione, coltiva diversità, la vuole esportare. Il problema più grave non è paradossalmente il compiere furti o illegalità, il problema è farlo condendo l’illegalità con una sorta di ideologia della rivincita sui bianchi, europei e occidentali. C’è questo, anche questo nei fuochi di guerra etnica che si accendono in Italia e cieco chi non lo vede.

Ma questi fuochi li appiccano con somma incoscienza e grave pericolo anche tanti, troppi italiani. A partire dalla politica che sembra essere ormai solo il luogo dove di moltiplica il danno, qualunque danno. Quando governi chiudevano i Cie (Centri identificazione ed espulsione) i partiti di opposizione gridavano che volevano i Cie, anzi volevano che gli immigrati ci restassero dentro fino a tre anni. Adesso che il governo dice un Cie in ogni Regione, i partiti di opposizione dicono no ai Cie.

E’ una politica grottesca nelle movenze se non fosse oscena nei risultati. Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega che hanno come bandiera le espulsioni si oppongono ai centri di espulsione perché…Perché li mette il governo Gentiloni. Ma soprattutto ed è la tristissima verità perché un Centro in ogni Regione per espellere davvero fa scattare l’effetto “non nel mio giardino”. Non si vogliono i Cie nella propria Regione o Comune. E allora, di grazia, come si espellono, dove li si raccoglie? In cielo, nelle miniere?

Grottesco M5S contro i Cie argomentando che i Cie portano mazzette e corruzione. Talvolta è stato così, vero. Ma mazzette e corruzione non le portano i Cie (e neanche gli immigrati). Abitano già qui e hanno la nazionalità e il dna tutto italiano. Ma è la linea, culturale addirittura, di M5S: niente Olimpiadi, Tav, stadi di calcio, gasdotti, niente insomma fare altrimenti è tangente e corruzione. Quindi anche niente Cie per immigrati. Salvo poi urlare e inneggiare alle espulsioni subito. Subito dove? Sul bagnasciuga? Un “telegramma” dal blog sulla linea “fermateli sul bagnasciuga” di memoria condottiera in effetti è partito.

Grillo dice No ai Cie e reclama espulsioni, la botte piena e la moglie ubriaca all’ennesima potenza. Qualcuno glielo dice a Grillo che per espellere ci vogliono aerei, navi, militari, poliziotti, accordi internazionali con chi se li deve riprendere altrimenti non se li riprende? Qualcuno dovesse dirglielo e dovesse comprenderlo, sta a vedere che Grillo non sente odore di tangenti, mazzette e corruzione anche in aerei, mezzi, uomini e accordi.

Fuochi di guerra etnica li accendono allegramente anche i politici e si scaldano il cuore al fuoco della propaganda grottesca. E ci si mette anche la Caritas ad alimentare i fuochi. No ai Cie perché crudele reclusione. E con la Caritas tutto il mondo cattolico dell’accoglienza e peggio della Caritas e del cattolicesimo dell’accoglienza quella sinistra che in stato di coma politico/etilico confonde gli immigrati con la classe rivoluzionaria. Accendono fuochi di guerra etnica, bianchi contro neri, anche quelli che di fatto non vogliono espellere nessuno.

Quel che inquieta dunque non sono tanto i fuochi, ma la danza grottesca, ebbra, ignorante e autolesionista che tutti o quasi danzano intorno a questi falò di guerra tra bianchi e neri e viceversa.