Il Fatto: “Salvate la Costituzione”. Ma chi la salva dai suoi difensori?

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Settembre 2014 - 16:07 OLTRE 6 MESI FA
Il Fatto: "Salvate la Costituzione". Ma chi la salva dai suoi difensori?

La prima pagina del Fatto del 6 luglio

ROMA – Lo chiamano, l’hanno battezzato loro stessi che l’hanno lanciato “Appello contro la riforma del Nazareno”. Evviva la schiettezza, forse anche un po’ inconscia, che consente a chi legge di capire di che si tratta: una sorta di anti e antipatizzanti di Renzi e Berlusconi, di ogni specie ma di comune umore, uniamoci e firmate. Già perché “la riforma del Nazareno” significa Berlusconi e Renzi, l’orrido connubio. E se il connubio è orrido, che vuoi che ne esca? Certamente uno schifo, un mostro. Come la chiamiamo questa bestia, questo alien dell’inciucio incistato nel ventre candido e immacolato della Repubblica? Mumble, mumble, cervello in azione, ecco la formula “Democrazia autoritaria”. Ci sbatti una bella foto in prima pagina di Matteo Renzi vestito da imperatore romano col braccio teso (e chi vuol capire capisce) e il fatto è Fatto.

Fatto è il messaggio: Renzi è un fascistello inconsapevole, comunque un prepotente ed energumeno nei confronti niente meno che della Costituzione. Silvio Berlusconi gli regge il gioco e se c’è Berlusconi vuol dire c’è il diavolo in persona. I due, il fascistello e il fascistone, lavorano a violare la Costituzione. Un po’ perché si divertono, molto perché sono fatti così, lì li porta la loro natura, a violare i candidi manti della democrazia. Prima pagina de Il Fatto del 16 giugno e susseguente raccolta di firme giunte, annuncia la testata, a 255 mila il 5 settembre.

Appello e firme, leggiamo stampato: “Per salvare la Costituzione più bella”. Ma è una statua, un dipinto, una valle la Costituzione? No? E allora che c’entra quella nota estetica, la “più bella”. Come fa una Costituzione ad essere bella o brutta? Ah, si intende i valori, i contenuti, non la forma. Bene, chiarito questo, perché la Costituzione italiana è la più bella? Perché costruisce dopo venti anni di dittatura fascista un sistema di rappresentanza e di governo dove il controllo reciproco tra poteri è garantito e assicurato. E fin qui lo fanno altrettanto bene altre Costituzioni di altri paesi. La particolarità di quella italiana sta nella voluta circostanza per cui decidere è un po’ peccato. Peccato da tenere a bada con percorsi decisionali lenti, con stazioni decisionali multiple. La Costituzione italiana appare ai suoi innamorati la “più bella” perché costituzionalizza appunto la prassi e l’ideologia della rappresentanza sempre, decisione mai.

Chiunque voglia rompere il circuito sempre ampio e sempre uguale a se stesso del massimo di rappresentanza e minimo di decisione è un fascista, magari a sua insaputa ma è un fascista. Tracce di questa cultura sono ampiamente presenti nella cultura sindacale dello “apriamo un tavolo” sempre e comunque e tendenzialmente non chiudiamolo mai quel tavolo e nella prassi condominiale dove l’importante è che nessuno decida, meglio nessuna decisioni che la decisione di “quello o quella”. Apoteosi di questa cultura rielaborata in propaganda ai tempi del pensiero short è il testo del manifesto appello.

“Le controriforme dell’Italicum e del Senato, concordate dal governo con il pregiudicato Berlusconi e il plurimputato Verdini, consentono a un pugno di capi partiti di continuare a nominarsi i deputati, aboliscono l’elezione dei senatori, espropriano i cittadini della democrazia diretta…Chiediamo ai presidenti Napolitano, Grasso, Boldrini di sostenere solo riforme che rispettino lo spirito dei Costituenti….” Primi firmatari: Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Peter Gomez, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Barbara Spinelli, Gian Carlo Caselli…

Aspetta, aspetta: si dichiara buona solo una riforma delle Costituzione che “rispetti lo spirito”. E cosa è qual è lo spirito della Costituzione? Ma che domanda: la Costituzione stessa nella sua integrità, non è la più bella del mondo? Quindi la sola giusta riforma della Costituzione è la Costituzione! Il Concilio di Trento non avrebbe saputo far di meglio di fronte a Lutero, Calvino e la Riforma Protestante: l’unica riforma lecita e santa della Chiesa è la Chiesa! A scanso di equivoci comunque i firmatari si organizzano in custodi dello spirito della Costituzione, cosa sia e cosa lo rispetti o lo violi lo stabiliscono loro. Infatti nell’appello stabiliscono ad esempio che l’unica vera democrazia è la “democrazia diretta”, che gli italiani stanno per esserne “espropriati” anche senza averla (per fortuna) mai sperimentata, che chi non ha un sistema a due Camere con Senato eletto dal popolo è a un passo dalla dittatura, praticamente mezza Europa e in più stabiliscono che se qualche milionata di italiani si ostina a votare per Berlusconi, beh peggio per chi ci fa caso.

La riproposizione dell’appello è corredata da adesioni illustri che illustrano ciascuno il perché. Alessandro Aleotti, rapper: “C’è bisogno di un cambiamento, ma questa riforma è così vecchia che per capirla devi toglierti le scarpe e indossare le pattine”. Tocqueville non avrebbe saputo dir meglio.  Mario Almerighi, magistrato: “Sono da sempre contrario al piano P2 di Licio Gelli”. E le multinazionali no? Gaetano Azzariti, giurista: “Questa è la riforma dei vincitori contro i vinti”. Vincitori, vinti, che guerra ci siamo persi? Franco Battiato, musicista “Aderisco senza aggiungere parole”. Ecco, è meglio. Anche da Stefano Belisario (Elio) adesione muta. Alessandro Bergonzoni, attore: “Ognuno di noi è la Costituzione, non la svenderemo come una monocamera con vista sullo strapotere autoritario”. ma che dice? Qualcuno lo avverta di scendere ogni tanto dal palcoscenico. Aldo Busi, scrittore: “Accettare la castrazione della Carta sarebbe come, per gli uomini, devolvere un testicolo a testa”. Spiace notare la significativa location della metafora. Sabrina Ferilli: “E’ evidente che una sola Camera con pochi partiti e 630 nominati è un modello senza contrappesi, vicino ai sistemi autoritari”. Deve aver letto in fretta Sabina la nuova e la vecchia e la vecchia ancora legge elettorale, tra un divano e l’altro.

La miglior adesione, la più convincente è quella di Ficarra e Picone: “Contro la riforma perché siamo contrari alla trattativa Stato-Stato”. Paradosso e iperbole che si fondono e si fanno realtà e non sai se Ficarra/Picone drammatizzino la farsa o rendano farsesco il dramma. Già la farsa o meglio il dramma di un segmento di opinione pubblica e di ceto dirigente che si dichiara, si vuole e si vive come alternativo, radicalmente alternativo, decisamente critico se non addirittura anti-sistema e che contemporaneamente esprime e pratica il massimo del conservatorismo. Tutto deve restare come è, a partire dalla Costituzione. E per questo obiettivo via in giro a raccontare favole: la Costituzione che, siccome “la Repubblica è fondata sul lavoro”, significa che la piena occupazione è stabilita dalla legge e chi non la attua è un traditore…la Costituzione che “ripudia la guerra” come mezzo di offesa e quindi perché la guerra non è abolita e chi non la abolisce è un infame.

Favole buone per cittadini bambini. Ma buona parte dei firmatari bambini non sono. E se non hanno perso la memoria dovrebbero ricordarsela la democrazia dei partiti tutto lottizzanti (quella guarda caso che non piaceva a Berlinguer, quel Berlinguer per cui la questione morale non erano i “pregiudicati” ma i partiti che si mangiavano lo Stato). Dovrebbero ricordarselo il mercato delle preferenze elettorali, dovrebbero aver memoria della negoziazione eterna grande madre del debito pubblico. passi per i rapper, cantanti e attori ma gli altri firmatari e ideatori del blocco della Costituzione che c’è, gli altri sacerdoti della “più bella del mondo” perché non ricordano? Le domande non sono mai indiscrete, le risposte sì. E per questo, e per rispetto, la risposta alla domanda la omettiamo.