Elezioni a febbraio: che carta esce dal mazzo senza jolly

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Dicembre 2016 - 14:36 OLTRE 6 MESI FA
Elezioni a febbraio: che carta esce dal mazzo senza jolly

Elezioni a febbraio: che carta esce dal mazzo senza jolly (nella foto Ansa, Renzi vota con la moglie Agnese)

ROMA – Elezioni politiche a febbraio, massimo marzo, comunque elezioni subito, anche di inverno come mai è stato in Italia. Elezioni per eleggere la nuova Camera e il nuovo Senato nonostante oggi ci siano a disposizione leggi elettorali diverse per l’una e l’altro e, si votasse così, sarebbe non un grande caos, ma un grandissimo casino. Elezioni da fare comunque in fretta e sbrigarsi dunque non poco a stendere e approvare legge elettorale per la Camera e per il Senato che non facciano a pugni tra loro (oggi una è maggioritaria, l’altra è proporzionale).

Elezioni che per farsi davvero a febbraio bisogna si dia una sbrigata anche la Corte Costituzionale che ha all’esame la legge elettorale detta Italicum e deve indicare dove a suo giudizio vada cambiata. Elezioni che per farsi davvero subito e anche d’inverno bisogna che chi le chiede il più in fretta possibile dall’opposizione (Grillo e Salvini) non facciano il doppio gioco ritardando in Parlamento l’approvazione della legge di bilancio e quindi allungando il brodo del calendario della crisi. Certo a M5S e Lega conviene far teatro ma se vogliono davvero il voto a febbraio/marzo bisogna diano una pausa ai rispettivi attori impegnati in Parlamento.

Elezioni a febbraio/marzo insomma subito al voto che sembra proprio la migliore e più coerente conseguenza del voto No Tutto del 4 dicembre. Restare appiccicati con colla salivare a governi tecnici e simili significa esporsi all’onda lunga dello tsunami elettorale, significa essere travolti e travolti e travolti. Al gigantesco movimento del No Tutto va tolto almeno l’alibi di governi che si avvitano sulla sedia contro volere di popolo.

Si voti dunque il più presto possibile, è la cosa migliore e più saggia e comunque è la conseguenza obbligata. Si convinca Mattarella, al voto subito è, più ancora che la migliore, sostanzialmente l’unica. Hanno ragione a chiederlo il voto subito Grillo e Salvini. Ha ragione Renzi a non voler lasciare la bandiera del voto subito solo a M5S e Lega, a non volersi lui inchiodare a nessuna poltrona e a non volere inchiodare il Pd a nessun governo tecnico/istituzionale. Simmetricamente hanno torto i Berlusconi e i D’Alema che la vogliono portare in lungo.

Ma che carta esce dal mazzo mischiato e distribuito dagli elettori a febbraio-marzo 2017. Il jolly, la carta jolly (o se volete l’asso pigliatutto) non ci sarà più nel mazzo. Non ci sarà con tutta probabilità il ballottaggio tra i primi due arrivati nel primo turno e neanche il premio di maggioranza in seggi così ampio che chi vinceva il ballottaggio vinceva la maggioranza alla Camera. Il mazzo sarà fatto di carte quasi tutte per così dire proporzionali, tanti voti, tanti seggi. Qualche carta, poche, sarà come “opportunità” a Monopoli: piccoli premi di maggioranza e soglie di ingresso alle Camere fatte in modo da favorire le coalizioni pre voto che si sciolgono dopo il voto appunto.

Con questo mazzo che carta esce? Quale sarà il partito di maggioranza relativo, cioè quello che prende più voti degli altri (non più voti in assoluto). Se l’elettorato italiano è coerente con se stesso, il partito più votato a febbraio sarà M5S di Grillo. Più votato al 30 e qualcosa per cento. Di maggioranza relativa, legittimamente meritevole di avere l’incarico di formare il governo con un suo uomo/donna, ma bisognoso per fare un governo in Parlamento di alleati perché da solo non ha i numeri per ottenere la fiducia delle Camere.

Ma M5S, si sa, non si allea. Dovesse allearsi con qualcuno perderebbe purezza, identità, consenso. Non può allearsi, tanto meno per fare un governo. Sarebbe la sua rovina presso la sua stessa opinione votante. Allora? Allora M5S partito di maggioranza relativa un governo lo fa solo se trova un “appoggio esterno”. I più giovani non sanno ma l’appoggio esterno, cioè votare la fiducia al governo ma stando fuori dal governo è cosa nota e antica nella politica italiana. E chi può dare “appoggio esterno” a un governo M5S? Forse Sinistra Italiana ma saranno pochi e non basteranno a fare maggioranza. L’unico che può e forse lo farà è Salvini con la sua Lega.

Quindi la carta dal mazzo è M5S partito di maggioranza relativa che non ce la fa a fare un governo o che lo fa con l’appoggio esterno della Lega.

Ma se la Lega non sostiene governo M5S? Allora la carta è quella del partito secondo arrivato, il Pd. Il Pd di chi, di Renzi, di Renzi in condominio forzato con Bersani e D’Alema, di Renzi a catena e a cuccia nel Pd? Il Pd che è andato alle elezioni sulla base di un programma riformista in una ipotesi e proposta di governo di centro sinistra o il Pd che è andato alle elezioni in alleanza con Sinistra Italiana e in nome del nessun nemico a sinistra? Quale sarà questa carta non è oggi dato sapere, è carta coperta.

Comunque Pd secondo partito più votato nelle elezioni di inverno. E M5S il partito più votato che da solo non ha la maggioranza per fare un governo. Quindi governo di tutti o quasi anti M5S, governo Pd-Forza Italia (o come si chiamerà)-Ncd. Con Salvini che resta fuori. Un governo che sarà subito battezzato “governo inciucio”.

Dunque la carta è…un governo M5S appoggiato dall’esterno dalla Lega o un governo “inciucio” Pd-Forza Italia-Ncd anti M5S. Difficile dire quale delle due carte sarebbe più “scartina” tra le due. In entrambi i casi governi deboli, instabili, circondati da diffidenza se non ostilità.

Queste le carte che escono dal mazzo se l’elettorato italiano resta coerente con se stesso e con la sua potente voce del 4 dicembre. Se poi invece cambia idea, ci ripensa…allora se l’elettore cambia mazzo sono altre le carte che escono. Avrà, verrà voglia all’elettore di cambiare il mazzo in cento giorni?