M5S, Palermo, Nik il nero…anche quelli di Grillo truccano le carte

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Aprile 2017 - 09:35 OLTRE 6 MESI FA
M5S, Palermo, Nik il nero...anche quelli di Grillo truccano le carte

M5S, Palermo, Nik il nero…anche quelli di Grillo truccano le carte

ROMA – M5S, anche loro sono purtroppo normali, anche troppo. Non proprio tutti e sempre i “migliori” come amano definirsi e si offendono se non li si riconosce come tali a priori. E invece anche tra loro c’è chi trucca le carte e non dice la verità, non tutta la verità, non soltanto la verità.

A Palermo vanno a processo tre deputati, tre eletti del MoVimento, Riccardo Nuti, Giulia Di Vita, Claudia Mannino. Insieme ad altri undici attivisti, militanti e “quadri” di M5S siciliano. Vanno a processo per una cosa minima e insieme per una causa bella grossa. La cosa minima: un giorno si accorsero di aver raccolto le firme per la lista elettorale su un modulo sbagliato. Quindi decisero di metterci una toppa riscrivendo di mano loro le firme stesse e dichiarando ovviamente che erano state sottoscritte e vergate dai firmatari. Un falso ma, diciamolo francamente, un falso veniale. Non erano firme false, erano firme falsificate.

Ma il peggio, ben peggio, quelli di M5S a Palermo l’hanno fatto dopo: hanno negato, nascosto, si sono rifiutati di rispondere agli inquirenti, si sono rifiutati perfino di sottoporsi alla perizia calligrafica. Insomma hanno fatto esattamente quello che spesso hanno fatto quelli della “casta dei politici”. Pari pari. Hanno mentito, hanno imbrogliato non tanto le carte delle firme quanto quelle della fiducia e affidabilità. E come quelli della “casta” continuano a fare dichiarandosi niente meno che vittime di congiure per “toglierli di mezzo”. Congiura di chi, della Procura?

E imbroglia le carte a suo modo e con costanza e metodo Nik il nero, cioè Nicola Virzì. L’ultima performance, l’ultima missione per conto del MoVimento lo ha visto rinfacciare al direttore del Tg1 Mario Orfeo di fare interessi di parte politica essendo pagato con i soldi pubblici della Rai. Guarda un po’ proprio quello che fa ed è orgoglioso di fare lui stesso. Infatti Nicola Virzì, oggi nello staff di M5S al Senato, è assunto e pagato con i soldi pubblici del Senato. E che la sua attività sia istituzionale e non per così dire partigiana proprio non si può dire.

Ovviamente senza senso, oltre che tutta da dimostrare, è l’accusa al direttore del Tg1. Anzi, è un’accusa sostanzialmente indimostrabile e proprio da questo trae la sua forza di pura propaganda. Ciascuna parte, ciascun partito o movimento può decidere da solo che un giornalista pagato con i soldi pubblici non è obiettivo e tradisce il mandato del suo stipendio. Ciascuno stabilisce qual è, secondo lui, la misura giusta dei servizi e la gerarchia corretta delle notizie. Ognuno può dire, rinfacciare che il giornalista porta l’acqua al mulino altrui. In effetti lo fanno tutti i partiti politici. Purtroppo anche M5S, anche loro sono normali, anche troppo. La paradossale tesi secondo cui uno che prende uno stipendio pubblico debba lavorare come impone una sorta di tribunale del popolo è zucchero per il palato M5S. Ma se vale per Orfeo, paradosso per paradosso, perché non vale per lo stipendiato dal Senato Virzì?

Già perché Virzì non è che come è ovvio e naturale lavori solo nell’interesse del gruppo del Senato M5S. No, questo è ovvio, e appunto naturale. Lavoro nelle istituzioni regolarmente pagato dalle istituzioni. Virzì fa di più, molto di più. E di diverso. Si porta gran parte del lavoro…fuori ufficio. E che lavoro! Pedinare, intimidire i giornalisti che non gli piacciono. Allestire e mettere in atto una sorta di stalking via web e in piazza a mettere all’angolo e in soggezione chi da M5S è giudicato nocivo.

Virzì lo fa da anni, si può dire senza tema di errore che sia la sua più spiccata professionalità. E, cosa ancora peggiore, ritiene lui e ritengono in tanti che abbia diritto a farlo, che sia addirittura democrazia caldamente consigliare ai nocivi di tacere o cambiare musica che hanno in testa. Magari accompagnando il caldo consiglio con la sensazione fisica dell’accerchiamento, magari mollando qualche avvertimento. Magari sventolando la lista dei nocivi davanti alla furia appena rattenuta dei militanti e “cittadini” che esigono rimozione, punizione.

Anche loro, anche quelli di M5S, da quelli di Palermo ai Virzì, non dimenticando il lungo rosario di bugie acclarate della amministrazione Raggi a Roma, sono italiani che normalmente fuggono la responsabilità, arronzano, inguattano l’arronzo, si riparano dietro scuse e paraventi di “casta”, intimidiscono e minacciano se si sentono forti, lamentano e piagnucolano se qualcuno fa il forte con loro. Anche loro pensano e agiscono secondo l’antico parametro italico per cui le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici. Sono italiani, arci italiani. Per questo vincono, perché se no?