Moretti compagno-manager: “Per meno di 850.000 non lavoro”. Imbarazzo di Renzi

di Lucio Fero
Pubblicato il 21 Marzo 2014 - 16:27 OLTRE 6 MESI FA
Mauro Moretti

Mauro Moretti

ROMA – Da lassù, da Bruxelles dove era a colloquio e a confronto con la stampa, Matteo Renzi ha risposto con un imbarazzato “Quando vedrà capirà”. Ma in realtà Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, sì insomma il numero uno, il capo dei treni di Stato italiani, ha già visto e pure capito. Ha visto che il governo di Renzi intende davvero limitare i compensi dei manager pubblici tra 250 e 300 mila euro annui lordi. Ha visto Moretti e ha capito che era il caso e il momento di scalciare, di mollare al governo il calcio dell’asino.

Eccolo Moretti: “Il governo, lo Stato può fare quello che vuole ma deve mettere nel conto che buona parte dei manager andrà via. Io guadagno 850 mila euro l’anno, se me li tagliano vado via? Non c’è dubbio”. Chiaro, secco: Moretti per meno di 850.000 euro lordi annui netti non lavora, lo Stato se ne trovi un altro per dirigere le Ferrovie.

E’ il mercato bellezza che fa la retribuzione dei manager, ricorda ad alta voce Moretti a tutti i Renzi del caso. Se lo Stato vuole i manager li deve pagare a cifre di mercato. Non fa una piega, o meglio è tutto un susseguirsi di pieghe e piaghe. Già, i compensi li fa il mercato anche nelle aziende di Stato. Peccato che il mercato faccia in quelle aziende solo gli stipendi. E non la produttività, l’efficienza, la mobilità dei manager. Peccato che i manager pubblici italiani amino da impazzire il mercato quando fa gli stipendi e trovino orribile il mercato quando fa la concorrenza e la valutazione dei prodotti e servizi.

Come che sia, a Mauro Moretti 300 mila l’anno o giù di lì appaiono una miseria, quasi un’offesa e gli 850 mila con cui oggi viene pagato gli sembrano una sorta di minimo sindacale per big-manager. Potenza dell’abitudine, in questo caso a guadagnare. Non la faremo moralistica ricordando che Moretti, non molto tempo fa il compagno Moretti viene dal mondo politico e sindacale di sinistra, arriva al vertice delle Ferrovie dopo un lungo percorso dentro il partito che è oggi, cambiato il nome, quello di Matteo Renzi. Non la faremo moralistica ricordando che è anche per cursus honorum politico e non manageriale che Moretti diventa quello che è. Non la facciamo moralistica perché Moretti da manager Ferrovie ha realizzato almeno un indubbio successo, anzi due: ha preso un’azienda al collasso finanziario e l’ha riportata in vita e ha dato corpo all’Alta Velocità.

Non facciamola moralistica ma facciamola pratica: uno, addirittura un compagno manager che giudica irrinunciabili i suoi 850 mila euro l’anno e lo fa sapere al mondo e intima di fatto al governo di non toccare gli stipendi dei manager pubblici, di non sognarsi nemmeno di ridurli a 300 mila l’anno, uno trovato nelle fila del partito, uno che è diventato così è meglio perderlo che trovarlo. Saranno 550 mila euro risparmiati, bene e bravamente risparmiati. Perché Moretti, il bravo manager, si è fatto boiardo, boiardo di Stato, e ci ha pure tenuto a farlo sapere con orgoglio in giro.