Minniti colpevole di serietà. Intollerabile nel paese del “ma che, sul serio?”

di Lucio Fero
Pubblicato il 8 Agosto 2017 - 10:52 OLTRE 6 MESI FA
Minniti colpevole di serietà. Intollerabile nel paese del "ma che, sul serio?"

Minniti colpevole di serietà. Intollerabile nel paese del “ma che, sul serio?”

ROMA – Minniti Marco ministro degli Interni è rimasto tale in un lunedì di inizio agosto perché, avesse non diciamo sbattuto la porta ma solo accostato l’uscio salutando la compagnia, sarebbe venuto giù il governo e quel che resta della legislatura. E anche quel che resta della credibilità residua dell’Italia intesa come Stato.

Marco Minniti ha quindi avuto la esplicita solidarietà del capo dello Stato Mattarella e a seguire quella del premier Gentiloni: nel linguaggio, nella forma e sostanza istituzionali significano questi messaggi inviti a Minniti a restare. E a proseguire quel che sta facendo. Mattarella e Gentiloni, si direbbe oggi con linguaggio pop, mettono la faccia su Minniti.

Crisi di governo che dire sfiorata è dire al tempo stesso troppo e poco: è quasi impossibile venga giù il governo ora ma se va giù il governo va giù tutto. E quindi Minniti vincitore, se così si può dire, dell’episodio. L’episodio era un bel pezzo di governo e maggioranza, in particolare Graziano Del Rio ma in generale tutta un’ala che si vuole cattolica, impegnati a limare, sopire, ammorbidire sul campo le regole date dal governo alle Ong e alle loro navi. L’episodio era una nave di Medici senza Frontiere (Ong che non ci sta alle regole e non ha firmato il Codice) che aveva raccolto migranti e li aveva come sempre, come prima, trasbordati su navi Guardia Costiera. Guardia Costiera che dipende da Del Rio ministro e non da Minniti ministro.

L’episodio era un disfare sul campo quel che era stato tessuto in teoria. Sull’episodio Minniti ha avuto soddisfazione. Ma non si illuda. Già la mattina dopo la soddisfazione ripartiva il lavoro di cui Penelope era maestra: l’aggancio e il tiraggio di un filo per ricominciare da capo. Del Rio intervistato da Repubblica: “Non sono contro il Codice in mare ma per salvare vite serve la nave più vicina”.

E tra i due comportamenti, secondo i canoni della politica e della società, secondo le abitudini consolidate e accettate dalle istituzioni e dalla gente, secondo uso e costume della nostra comunità più o meno tutta, il più accreditato di vittoria finale è il “comportamento Del Rio”. Quello del sì, ma…

Minniti che ha (avrebbe) dalla sua il dimezzamento del numeri di migranti sbarcati a luglio e anche ad inizio agosto, sulla questione migranti (e prima, anche se tutti o quasi se lo dimenticano sulla questione della legalità minima nei centri urbani) si è reso colpevole di uno dei peggiori peccati che raramente si registrano nella vita pubblica italiana: la serietà.

Minniti ha detto al Parlamento che l’accoglienza di migranti trova il suo limite e confine nella integrazione. Senza integrazione non può esservi accoglienza. E quindi i migranti non vanno aboliti e cancellati ma governati. E fino a che sono parole molti non capiscono e tanti fanno finta di non sentire. Poi però Minniti ha provato a governare davvero per quel che si può la migrazione in Italia. E anche fuori d’Italia. Quindi tentativi di accordi e qualche accordo con chi sta in Libia. Quindi regole per chi va a raccogliere migranti in mare e li sbarca in Italia. Quindi richiesta e ottenimento dalla Ue di soldi per i rimpatri…

Quindi cose concrete, magari piccole, magari no. E pensate senza pensare all’effetto che fa sui giornali o in tv. Pensate per vedere l’effetto che fa a farle sul serio. E’ questo il grande peccato che la grande comunità italiana non può perdonare a Minniti: fare sul serio cose serie.

Se qui qualcuno si mette a fare cose serie crea per riflesso un sacco di disoccupati e disadattati. Se sui migranti si fa un po’ sul serio, se si lascia attecchire questo scandalo del fare cose concrete, che ne sarà della quotidiana tragicommedia dei pupi, dei pupazzi, delle grottesche maschere che oggi occupano tutta la scena, il palcoscenico e pure la platea?

Che ne sarebbe se si facesse sul serio dei pupi che sceneggiano affondamenti in mare e pogrom in terra e raccontano che loro sì sanno come spezzare le reni alle migrazioni? Che ne sarebbe di Salvini e Meloni e dei centomila, milioni di Salvini e Meloni se dovessero essere costretti, costipati entro i confini delle cose serie?

E che ne sarebbe degli “umanitari” senza se e senza ma, dei Bersani, dei Fratoianni, di tanta sinistra che pur di smontare quel che resta di Renzi varerebbe una sua flotta per imbarcare migranti se dovessero essere ristretti ai ceppi della serietà.

E soprattutto che ne sarebbe della tradizione, del valore a cui teniamo e a cui non rinunciamo secondo cui da noi una legge, una regola, un codice non sono mai definitivi, assoluti, davvero vigenti? Da noi, e ci teniamo sia così, ogni voce e atto dello Stato, qualora qualcuno volesse ascoltarla e dargli applicazione, sotto sta e rende omaggio e paga pegno all’universale “ma che, sul serio?”. Lo chiamiamo perfino democrazia questo “ma che, sul serio, ma che, davvero?”. E lo applichiamo con universalità quasi sacrale sui luoghi di lavoro, nello sport, nelle relazioni sociali, quando guidiamo un auto, una città o una nazione fa lo stesso.

Perciò non si illuda Minniti, se continua cocciutamente a fare seriamente sul serio prima o poi verrà espulso dal corteo. A noi piacciano in fondo i pupi e pupazzi perché allo Stato cui si può sempre rispondere “ma che, sul serio?” ci teniamo come si tiene ad una carta costituzionale.